Una sentenza le ha tolto la vita, ora una legge può “salvarla”

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Una sentenza le ha tolto la vita, ora una legge può “salvarla”

09 Febbraio 2012

Il nove febbraio di tre anni fa è morta Eluana Englaro, disidratata, dopo un’agonia di quattro giorni e al termine di una delle più drammatiche e laceranti battaglie politiche, giudiziarie e culturali della storia del nostro Paese. Sono passati tre anni e di quei fatti tragici possiamo già cogliere le prime conseguenze tangibili: esiti positivi che potrebbero apparire inaspettati, vista l’asprezza dello scontro nell’opinione pubblica, ma soprattutto politico e istituzionale fra chi chiedeva che Eluana potesse continuare a vivere, e per questo si è speso fino alla fine, e chi invece quella vita l’ha spenta, servendosi di una sentenza che rimarrà per sempre una macchia indelebile per la magistratura italiana tutta, e rifiutandosi fino alla fine di intervenire per salvare una vita, quando ancora era possibile farlo.

La vicenda di Eluana – su cui ci sarebbe molto ancora da raccontare e commentare, per comprenderla in tutti i suoi aspetti – non si è certo conclusa con il suo funerale, neppure per chi a quella morte si è opposto fino alla fine: quella di Eluana è una storia che continua.

Il primo frutto è proprio quello di oggi: la Giornata nazionale degli stati vegetativi, ogni anno il 9 febbraio, stabilita dal governo Berlusconi su richiesta delle Associazioni dei familiari di persone che si trovano in questa condizione. Una giornata per ricordare a tutti i cittadini che accanto a noi, nelle nostre città, vivono persone che si svegliano dal coma per rimanere, appunto, in stato vegetativo: una forma di disabilità estrema di cui si conosce ancora troppo poco, se non che è impossibile sapere se, quando e come se ne verrà fuori. Persone vive, comunque, per le quali non servono innanzitutto cure sofisticate, ma determinazione e tenacia nel prendersene cura. E, in particolare, per chi sta loro accanto, è fondamentale non rimanere soli per non essere sopraffatti dal dolore e dalla fatica. La giornata di oggi serve a puntare i riflettori su tutto questo. Celebrata in un giorno che tre anni fa ha diviso tanto, e che invece proprio ricordando Eluana deve unire sguardi e cuore verso chi vive come viveva lei.

Il secondo frutto è datato 5 maggio 2011. È il giorno in cui lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali hanno condiviso e sottoscritto il documento “Linee di indirizzo per l’assistenza alle persone in Stato vegetativo e Stato di minima coscienza”: un passo fondamentale per garantire a tutti coloro che si trovano in questa difficilissima condizione un percorso adeguato di assistenza e riabilitazione, per consentirne dimissioni “protette” dai reparti di rianimazione verso ambienti più adatti al loro recupero. La formulazione di queste linee di indirizzo è il risultato di mesi di lavoro di due tavoli ministeriali, uno di esperti e l’altro di componenti delle associazioni di familiari di persone in stato vegetativo.

 

Le associazioni, in particolare, organizzate in un seminario permanente al Ministero della Salute, avevano già prodotto un “Libro Bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza”, sulle buone pratiche e le problematiche relative ai percorsi di cura e ai centri di riabilitazione. Un testo tutt’altro che tecnico – ne raccomandiamo a tutti la lettura -, un racconto accurato ed efficace dell’esperienza quotidiana di persone, famiglie e intere comunità, segnate dall’avere un proprio caro in questa condizione.

Ed è stato in questo specifico accordo Stato-Regioni, che per la prima volta – almeno in ambito sanitario – le associazioni dei familiari sono finalmente considerate interlocutori delle istituzioni nazionali e regionali: un traguardo importantissimo, una sussidiarietà vera e concreta, alla quale bisogna adesso dare attenzione e attuazione. La cosiddetta “grande stampa” ha preferito ignorare – con pochissime eccezioni – tutto questo: sarebbe troppo imbarazzante ammettere che chi si è battuto perché Eluana vivesse ha continuato a farlo perché tutte le persone come lei vivessero e fossero assistite e seguite nel loro percorso di recupero nel modo migliore possibile. Non si trattava di ideologia, insomma, almeno per alcuni, ma di rispetto e passione per la vita e la dignità umana.

Per il resto, la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento è ferma al Senato, soprattutto a causa del cambio di governo. Una legge perché non ci siano altre Eluana da piangere è sicuramente necessaria, lo abbiamo ribadito più volte anche da queste pagine, e speriamo che questa Giornata nazionale degli stati vegetativi serva anche a farne ripartire il percorso, per portarlo a termine nel più breve tempo possibile.

(tratto da ilsussidiario.net)