UNESCO, passa la risoluzione antiebraica e anticristiana. Hamas: “Vittoria dei palestinesi”
18 Ottobre 2016
Il Consiglio esecutivo dell’UNESCO, organismo delle Nazioni Unite per Scienza, Educazione e Cultura, ha formalizzato l’adozione della controversa risoluzione su Gerusalemme e il Monte del Tempio tanto osteggiata da Israele. Nella risoluzione, vengono negate le radici ebraico-cristiane di Gerusalemme, e i luoghi sacri alle tre religioni nominati in lingua araba.
Contro la risoluzione si era espressa nei giorni scorsi la direttrice generale dell’Unesco, Irina Bokova, condannando le divisioni religiose e culturali all’interno dell’organismo delle Nazioni Unite. Secondo l’ambasciatore israeliano presso l’organismo, Carmel Shama Hacoen, la Bokova avrebbe ricevuto per quelle parole “minacce di morte e la sua protezione è in via di rafforzamento”.
Riuniti a Parigi, i 58 Paesi membri del Consiglio esecutivo hanno approvato formalmente la risoluzione su Gerusalemme, una posizione duramente criticata dal premier Benyamin Netanyahu, che nei giorni scorsi l’ha definita “assurda” e che equivale a dire che “la Cina non ha legami con la Grande Muraglia o l’Egitto con le Piramidi”.
Festeggiano i palestinesi, hanno votato per riscrivere la storia Paesi come Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan. L’Italia è tra i tanti Paesi che si sono astenuti.
“E’ gravissimo” che la risoluzione sia passata “senza l’opposizione dell‘Italia, la cui politica estera non può certo essere dettata dal caso, dalla superficialità, o peggio ancora, dall’opportunismo. Non ci meravigliamo allora se il domani porta con sé atti e fatti di odio e sangue”, ha detto la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, secondo la quale l’Unesco “si pone fuori dalla storia” cancellando “tremila anni di storia, ebraica ma anche cristiana con una decisione di chiaro stampo revisionistico e negazionistico”.
Nella risoluzione si utilizza la terminologia araba di “Moschea di Al-Aqsa” e di “Haram al-Sharif” ma non il termine ebraico (Har HaBayit) né quello inglese equivalente (Temple Mount). E nel testo ci si riferisce al Muro del Pianto usando la dizione araba di “Buraq Plaza” e quella di ‘Muro Occidentale’. Una formulazione che ha indignato tutto Israele: dalla maggioranza all’opposizione, come testimoniano l’intervento del premier Netanyahu (“Il teatro dell’assurdo dell’Unesco continua”) e quello del laburista Isaac Herzog (“Una risoluzione bizzarra”).
Bokova, nei giorni scorsi, ha detto che il patrimonio di Gerusalemme “è indivisibile e ognuna delle sue comunità ha diritto all’esplicito riconoscimento della sua storia e del suo legame con la città. Negare, nascondere o voler cancellare una o l’altra delle tradizioni ebraica, cristiana o musulmana significa mettere in pericolo l’integrità del sito, contro i motivi che giustificarono la sua iscrizione nella lista del patrimonio mondiale”.
Non è la prima risoluzione presa negli ultimi anni da UNESCO contro Israele, in un contesto in cui lo Stato ebraico e i suoi alleati alle Nazioni Unite sono in numero inferiore rispetto a palestinesi e alleati arabi e nel mondo islamico. L’Unesco nel 2011 ha fatto entrare i palestinesi nella organizzazione come uno stato membro. La risoluzione di ieri è intitolata “Palestina occupata”.
Israele ha sospeso la cooperazione con l’UNESCO e smesso di versare fondi alla organizzazione, seguito dagli Usa, che forniva più del 20 per cento dei fondi della organizzazione. A differenza di quanto avviene nel Palazzo di Vetro, nessuno degli stati membri della organizzazione ha potere di veto, né ha alcun potere la direttrice Bokova; questo favorisce il fronte arabo e islamico. Il gruppo islamico terrorista di Hamas ha salutato la decisione dell’UNESCO come “una vittoria dei palestinesi” e una “distruzione della narrazione israeliana su Al-Aqsa”.