Ungheria decide sui migranti, occhio all’effetto Brexit
02 Ottobre 2016
“Volete voi che l’Unione Europea possa prescrivere l’insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi anche senza il consenso del nostro Parlamento?”, è il quesito del referendum su cui oggi, dalle sei del mattino, sono chiamati a esprimersi i cittadini della Ungheria, per dire sì o no al sistema delle quote migranti previsto dalla Commissione Europea.
Per i sondaggisti, il referendum sugli immigrati voluto dal leader nazional-patriottico Viktor Orban non raggiungerà il quorum del 50 per cento necessario alla convalida del quesito (l’istituto ungherese Median prevede il 42% della affluenza), su cui sono stati chiamati a esprimersi più di 8 milioni di persone. Ma siccome Orban ha dimostrato di non essere un politico sprovveduto, e vista la sorpresa di Brexit, a Bruxelles si sta col fiato sospeso in attesa dei primi risultati in Ungheria. Parliamo di un Paese il cui Governo ha deciso di srotolare il filo spinato alle sue frontiere meridionali per bloccare l’immigrazione illegale.
Ieri, la vicina Bulgaria ha vietato il burqa nei luoghi pubblici. Slovacchia e Ungheria hanno già fatto ricorso alla Corte di giustizia europea contro i ricollocamenti dei migranti. In Ungheria la campagna elettorale per il Sì al referendum ha puntato sul rischio della islamizzazione dell’Europa, chiedendo di salvaguardare l’identità cristiana del continente ed evocando il rischio del terrorismo.
Alla vigilia del referendum ungherese, la tensione è palpabile. Il commissario Ue alla Migrazione, Dimitris Avramopoulos, per ora non rilascia dichiarazioni. Le forze di maggioranza nell’Europarlamento hanno preso posizione contro il referendum. Il socialista Pittella ha invitato a “boicottare la farsa” di Orban, mentre per il capogruppo del PPE Weber il problema è discutere seriamente della “solidarietà flessibile”. Il concetto di “solidarietà flessibile” sta a cuore al gruppo di Visegrad, di cui fa parte anche la Ungheria.
In una Europa sempre più divisa, obiettivo del “V4” è riportare sovranità ai governi europei ridimensionando il ruolo della commissione Ue, tendenza che il NO di Budapest potrebbe accelerare, mettendo una pietra sopra la politica delle ‘quote’ e la eventuale riforma del regolamento di Dublino proposta dalla Commissione.
Orban ha dato un “valore epocale” al voto di oggi, non solo per il suo paese ma per la Ue. Ha parlato di una “reale migrazione di popoli” verso l’Europa, con milioni di persone che cercano di raggiungere il Vecchio Continente. L’Europa, secondo Orban, “ha invitato masse di persone sfortunate” senza sapere bene come gestirle, una politica che secondo il leader ungherese va fermata. Il fronte degli euroscettici, Marine Le Pen e Geert Wilders in testa, è pronto a festeggiare nel caso di una nuova “picconata” ai mantra della Unione sulla immigrazione.
Per gli oppositori di Orban, la campagna del Sì in Ungheria ha invece i tratti aggressivi del populismo a sfondo xenofobo. Ieri in piazza c’erano i militanti della estrema destra ungherese di Jobbik. Le urne a Budapest e nelle altre città ungheresi chiudono alle 19 e risultati semi-definitivi sono attesi per le 22-23. I primi dati sull’affluenza alle urne dovrebbero arrivare alle 12 e alle 15.
Secondo una indagine condotta dall’americano Pew Research Center, gli ungheresi concordano con i cittadini degli altri Paesi europei sull’importanza dei valori democratici, ma l’82% crede che l’immigrazione indiscriminata sottragga posti di lavoro e influenzi il welfare (lo crede il 50% della media europea); il 76% pensa inoltre che la presenza di rifugiati aumenterà il rischio di attacchi terroristici nel Paese (il 59% della media europea), mentre il 69% considera gli arrivi da Siria e Iraq la minaccia più grande (il 49% della media europea).