Unioni civili: perché Renzi ignora i suoi alleati
30 Dicembre 2015
Il ddl Cirinnà arriverà in aula alla fine di gennaio, stepchild adoption compresa. In teoria, le maggioranze che sostengono i governi dovrebbero “dialogare” al loro interno, tanto più quando si tratta di temi divisivi come questo. In pratica, sulle unioni civili il dialogo tra Partito Democratico e Area Popolare-Nuovo Centrodestra è il grande assente, con Renzi che tira dritto, facendo di questo tema e dello ius soli un affare di governo.
Ieri abbiamo letto un’eloquente intervista rilasciata alla Nazione dalla vicepresidente del Pd, Debora Serracchiani, che senza tentennamenti spiega: “le grandi riforme vanno fatte con la più ampia condivisione possibile”. Condivisione con il Movimento 5 Stelle, ovviamente, non con gli alleati al Governo. Una maggioranza trasversale, quella con i grillini, che Serracchiani giudica “normale” proprio perché si tratta di "grandi riforme".
Sulle pagine dello stesso quotidiano, sempre ieri è apparsa un’intervista al senatore Maurizio Sacconi (Ap), che dopo aver giudicato quel trasversalismo “un fatto gravissimo”, annunciando un referendum abrogativo se la legge venisse approvata, ha aggiunto che ne va della tenuta del Governo. Secondo Sacconi, l’approvazione della Cirinnà così com’è si rivelerebbe “la classica palla di neve che si fa valanga travolgendo tutto”. Il senatore si è quindi appellato a Renzi, invitandolo a ragionare su quelle scelte politiche “perdenti” che promettono di equiparare il matrimonio tradizionale, tra uomo e donna, alle unioni gay, riconoscendo al tempo stesso la genitorialità omosessuale.
Sulla stessa lunghezza d’onda i capigruppo di Ap alla Camera e in Senato, Maurizio Lupi e Renato Schifani. “Unioni civili non è sinonimo di Cirinnà,” ha detto Lupi, giudicando quello che sta per arrivare in aula “un testo che va profondamente rivisto”. “Nella distinzione tra famiglia e unioni omosessuali” che non vanno equiparate e “nella concessione della stepchild adoption”. Spiega Schifani: “per quanto ci riguarda riteniamo lo stralcio della stepchild adoption un passaggio importante e necessario ai fini del varo di una normativa condivisa dall’attuale maggioranza che sostiene il governo”. Solo così, secondo Schifani, si difenderebbe “il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre” come recita la Costituzione.
Peccato che Renzi vada esattamente nella direzione opposta. Durante la conferenza stampa di fine anno, infatti, il presidente del consiglio ha detto chiaro e tondo che il dialogo tanto evocato nella maggioranza “non riguarda lo stralcio della stepchild”, che al contrario Matteo rivendica come “una proposta che nasce dalla Leopolda”. “La stepchild l’abbiamo appoggiata sin da allora” (era il 2012). In pratica, la Leopolda eletta a comune sentire degli italiani, anche degli alleati che non vi partecipano.
Qualcosa non torna. Che quello sul ddl Cirinnà fosse uno strano tipo di confronto lo si era già compreso prima della pausa natalizia dei lavori parlamentari, quando al momento di fissare la data sulla sbarco della legge nelle aule parlamentari, i senatori di Ap non avevano sostenuto la proposta fatta da Carlo Giovanardi di stralciare il ddl sulle unioni civili dal calendario, riportandolo in commissione Giustizia per gli approfondimenti di merito.
Già allora si era palesata la maggioranza trasversale che piace alla Serracchiani: M5S aveva votato contro la proposta Giovanardi, mentre a favore dello stralcio si erano espresse Lega e Forza Italia. Insomma, se Area Popolare vuole davvero salire sulle barricate, come scrivono i giornali, facendo una battaglia politica intorno a temi che definiscono nel profondo le identità e le appartenenze politiche, perché si è lasciato correre sullo stralcio chiesto da Giovanardi?
Ieri il capogruppo Pd in commissione Giustizia, Walter Verini ha detto che sarebbe “certamente utile rispondere ai dubbi di chi paventa che questa norma (la stepchild, ndr) possa essere anticamera di chissà quali pratiche di maternità surrogata e mercificazione di uteri in affitto”. Dubbi che, sempre in teoria, avrebbero dovuto risolversi in commissione. Dubbi non proprio balzani visto che contro l’utero in affitto è arrivato il no del Parlamento europeo. Anche per Verini sulla stepchild “ci si può lavorare, per esempio definendo con precisione modalità e possibilità di questo strumento”, ma precisamente dove e quando se tra qualche settimana inizierà la discussione in aula della Cirinnà, che prelude al voto dei mesi successivi, presumibilmente a febbraio?
Altri segnali avrebbero dovuto far riflettere le forze moderate che siedono nella maggioranza. L’altolà delle femministe di “Se non ora quando” alla pratica dell’utero in affitto, la tanto elogiata legge del parlamento greco che però tiene fuori le adozioni gay, il secondo referendum sloveno che ha bloccato ancora una volta sia le nozze che le adozioni omosessuali. Ma la verità è che Renzi sul ddl Cirinnà e non solo sul Cirinnà ignora puntualmente i suoi alleati nella maggioranza.
"La conferenza stampa di Renzi, nella duplice veste di presidente del Consiglio e segretario del Pd, certifica inequivocabilmente l’impossibilità di concepire un’alleanza con lui, per il semplice fatto che alleanze e alleati non appartengono al suo orizzonte mentale", ha detto ieri il senatore Gaetano Quagliariello, fondatore del movimento ‘Idea’. “Su unioni civili e stepchild adoption, sottolinea Quagliariello, “le proposte sono quelle della Leopolda, il dibattito è quello interno al Pd, l’esito sarà l’approvazione parlamentare a voto segreto. È fin troppo facile prevedere che finirà come con la legge elettorale”, finita “tra forzature e promesse non mantenute”, come quella “privatamente rivolta agli alleati di reintrodurre il voto di coalizione”.
Per Quagliariello è “incomprensibile” il motivo per cui “gli alleati di governo, invece di minacciare referendum ‘a babbo morto’ sul ddl Cirinnà, non mettano sul piatto i loro numeri determinanti al Senato”. Ovvero, “la disponibilità a mettere in discussione la permanenza al governo. Ed è proprio su questo,” ha ricordato Quagliariello, “che si sono divise le nostre strade”.
Più o meno un mese fa, infatti, un gruppo di parlamentari e consiglieri regionali convinti che possa esserci un centrodestra alternativo a Renzi, capace di raccordarsi con i movimenti civici che stanno sorgendo sui territori, dava vita a “Idea”, identità e azione. Un gruppo uscito da Ncd proprio a causa di questioni dirimenti, battaglie identitarie come quelle di cui abbiamo parlato, sulle quali si dice di voler discutere ma poi parla solo Renzi. Aprendo quando capita a M5S e marginalizzando gli alleati.
Davanti a un quadro del genere, la scelta fatta da chi ha lasciato il Nuovo Centrodestra non è stata solo lineare con la propria “idea” di Italia, alternativa a quella renziana, ma si sta rivelando provvida e avveduta. Ormai non bisogna essere dei geni così smaliziati per capire il gioco del presidente del consiglio, né dove vuole andare a parare il segretario del Pd con ius soli e unioni civili. Il 2016 dei "diritti" sarà un vorticoso giro di valzer tra maggioranze variabili. I moderati della maggioranza si faranno pestare i piedi, hanno intenzione di reagire e come?