Unioni gay, se Renzi torna a sinistra

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Unioni gay, se Renzi torna a sinistra

15 Luglio 2015

Il ddl Cirinnà ha finora veleggiato controvoglia nelle commissioni parlamentari, e fino ad oggi appariva improbabile, se non impossibile, che entrasse in porto diventando legge entro il 9 agosto, come aveva chiesto la relatrice del Pd lanciando l’ennesimo appello. Se si seguisse il normale iter parlamentare, servirebbe tempo perlomeno per avere la relazione tecnica dei ministeri di Giustizia ed Economia su alcuni aspetti controversi del ddl, come la reversibilità delle pensioni e gli oneri per il datore di lavoro.

 

Intanto emergono nuovi paradossi, dovuti all’impianto stesso della legge che si sta dimostrando assai contradditorio. Ieri in commissione Affari Costituzionali sono finiti nel mirino 20 emendamenti presentati al ddl dal Nuovo Centrodestra, giudicati incostituzionali. Ma «il parere espresso dalla Commissione sulla costituzionalità degli emendamenti è obbligatorio per tutte le questioni che hanno un rilievo costituzionale,» spiega all’Occidentale il senatore Andrea Augello.

 

Detto ciò, ecco le contraddizioni. La legge Cirinnà è fatta di due capitoli: il primo che regola le unioni civili, riservate in esclusiva agli omosessuali. Il secondo disciplina le convivenze, ed è destinato a chi non intende sposarsi. Secondo la logica adottata ieri nella prima commissione, gli emendamenti di Ncd sarebbero incostituzionali perché, rovesciando gli intenti della Cirinnà, prevedevano che le unioni civili fossero soltanto per gli eterosessuali. Ci sono gli estremi per una discriminazione degli omosessuali, si è detto in commissione, facendo riferimento ai pareri espressi dalla corte costituzionale.

 

Ma è nella stessa legge Cirinnà che è stata prevista l’esclusione degli eterosessuali dalle coppie che scelgono le unioni civili. Su questo la commissione, quando, qualche tempo fa, ha votato le pregiudiziali di costituzionalità, non ha avuto nulla da ridire. E allora, se sono incostituzionali gli emendamenti  di Ncd, lo è anche tutta la parte della legge sulle unioni civili, riservata in modo esplicito alle coppie dello stesso sesso. Se c’è discriminazione in questo caso allora in realtà è discriminatoria l’intera legge. «Siamo davanti alla negazione del principio aristotelico di non contraddizione», sintetizza Auhgello, e ad essere meno eleganti verrebbe da dire: hanno provato a rigirare la frittata.

 

«E’ un problema serio, una gaffe enorme dal punto di vista costituzionale,» prosegue il senatore. «Quanto è accaduto ieri, da un punto di vista tecnico-costituzionale rappresenta la “pistola fumante”. E’ evidente che non si può dichiarare costituzionale una legge che discrimina gli eterosessuali e incostituzionale un emendamento che discrimina gli omosessuali ». Fra tutti questi paradossi e rigidità, il lavoro delle diplomazie in cerca di un compromesso rischia si farsi complicato.

 

Per Ncd restano alzati una serie di paletti: «Diciamo sì alle unioni civili intese come un modo di gestione dei diritti individuali delle persone, ma diciamo no a tutto ciò che può essere un’equiparazione allo stato di famiglia, soprattutto per quello che riguarda la genitorialità», ha dichiarato il ministro della salute Beatrice Lorenzin.

 

Ieri i parlamentari di Area popolare Giovanardi, Roccella, Sacconi, Binetti, hanno messo in guardia contro eventuali accelerazioni imposte da un Pd che, pur di recuperare a sinistra, potrebbe tentare un blitz scavalcando il dibattito in commissione e portando direttamente la proposta di legge in aula. Oggi i timori sembrano realizzarsi: il Pd annuncia che il suo capogruppo, Zanda, chiederà la calendarizzazione del ddl Cirinnà, senza neanche tentare di mascherare con un minimo di pudore la violenza che si farebbe al parlamento. Evidentemente per Renzi è meglio uno sgarbo rivolto agli alleati piuttosto che alla propria sinistra, che va recuperata ad ogni costo.

 

La piazza del 20 giugno non solo non ha mutato il parere del presidente del consiglio, ma, come è accaduto in Francia con Hollande, rischia perfino di fargli velocizzare il percorso di approvazione. E’ la fine del progetto renziano di allargarsi al centro: il premier è evidentemente intenzionato a ricollocarsi nel vecchio e rassicurante alveo del Pd, rinunciando ai voti moderati. La partita però resta aperta, e vedremo quali saranno le prossime mosse di chi il matrimonio gay, pur sotto il nome di "unione civile", non lo vuole.