Unipol, la Forleo insiste:  non tifosi ma complici

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Unipol, la Forleo insiste: non tifosi ma complici

20 Luglio 2007

Da tifosi della scalata Unipol, come hanno tentato di accreditarsi gli interessati, a “complici” dell’agiotaggio ai danni dei risparmiatori, come invece li dipinge la Gip Clementina Forleo. I dirigenti dei Ds ora si trovano sull’orlo dell’ennesimo incubo giudiziario: la Forleo  ha spedito al Parlamento il primo dei due documenti di cui si chiede di utilizzare le intercettazioni a fini di procedura penale.

Per Massimo D’Alema, Piero Fassino, Nicola Latorre e tutti gli altri nomi contenuti nelle 73 telefonate intercettate di cui adesso si chiede l’utilizzabilità processuale, il caso Unipol–Antonveneta è da considerarsi tutt’altro che chiuso. E la cosa non potrà non avere ulteriori ripercussioni sulla già fragilissima stabilità dell’Esecutivo di Romano Prodi.

Alla giunta per le autorizzazioni venerdì pomeriggio negavano di avere già percepito l’incartamento che però sicuramente è partito in giornata da Milano.

Quello che si stava realizzando con la mancata scalata alla Bnl era, secondo l’analisi del Gip Clementina Forleo,  un “disegno criminoso di ampia  portata”, ossia un piano che “si stava consumando proprio ai danni  dei piccoli e medi risparmiatori in una logica di manipolazione e  lottizzazione del sistema bancario e finanziario nazionale”.

Per la gip che turba i sonni dei Ds, “sarà proprio il placet del Parlamento a rendere possibile la procedibilità penale nei confronti di suoi membri – inquietanti interlocutori di numerose di dette conversazioni soprattutto intervenute sull’utenza in uso al Consorte – i quali all’evidenza appaiono non passivi ricettori di informazioni pur penalmente rilevanti né personaggi animati da sana tifoseria per opposte forze in campo, ma consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata”.

Questo significa semplicemente che in caso di decisione positiva sulla “utilizzabilità” di queste telefonate, D’Alema, Fassino, Latorre e tutti gli altri parlamentari che compaiono nelle chiamate in questione, rischieranno di venire incriminati come complici di Sacchetti e Consorte.

Altri due passi dell’ordinanza della Gip ieri hanno mandato in tilt i centralini della politica. A cominciare da quello sulla scalata al “Corriere” in cui si afferma che “appare evidente come l’operazione in questione abbia avuto i suoi supporters in personaggi politici evidentemente interessati alla buona riuscita della stessa per finalità altrettanto evidentemente comprensibili in quanto legate alla tipologia del gruppo oggetto della scalata in questione”.

L’altro passo riguarda i danni ai risparmiatori da parte dei politici che si dilettavano con l’insider trading: “Nelle vicende di cui si tratta – pur a un certo punto bloccate attraverso l’intervento della Consob e della magistratura – non può non sottacersi la grave ricaduta delle condotte incriminate non solo sull’immagine del Paese, messo a nudo nella sua realtà istituzionale anche nei confronti della comunità internazionale, ma anche sul singolo risparmiatore-investitore, debole e ultimo anello della catena su cui riversare le conseguenze di tali condotte”.

Riferendosi poi ai parlamentari coinvolti nelle  intercettazioni disposte nel corso delle indagini, il giudice per le indagini preliminari sottolinea che “è evidente infatti come, risultando a carico di tali soggetti solo le granitiche risultanze di cui al tenore delle conversazioni in questione, non si sarebbe  comunque potuto procedere alla relativa iscrizione degli stessi nel  registro degli indagati, data appunto l’attuale inutilizzabilità di  tali elementi”.

Ora però il Parlamento, incalzato dall’opinione pubblica dopo le polemiche sulla “casta” dei politici, potrebbe decretare l’utilizzabilità di questi indizi e il loro conseguente utilizzo per incriminare chi si è sempre autodefinito “tifoso”, benché oggi venga accusato di essere sceso in campo indossando anche la divisa dell’arbitro.