
Uno scherzo, una sorpresa e un debutto

13 Marzo 2011
Eccoci a voi questa settimana, signore e signori, per presentarvi: A) Uno scherzo, B) Una sorpresa, C) Un debutto. Tutto si svolge in due serate memorabili, il 4 e il 5 marzo.
A) Lo scherzo. Serata di beneficienza a favore dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Lodevole iniziativa. L’appuntamento: sabato cinque marzo alle venti e trenta precise. Il luogo: la prestigiosa Sala Sinopoli del Parco della Musica di Roma. Il titolo dell’evento: “Carnevale nel Segno d’amore”. Gli ospiti: una moltitudine di famosi, amici e non.
Cronaca: entriamo puntuali in sala, ci sediamo, e guardiamo il pubblico che, evidentemente meglio informato di noi, si sparge nell’immensità della platea con molta flemma. Alle venti e cinquanta si materializza sul palco, sotto uno spot, un tizio a cui hanno messo in mano una chitarra ordinandogli di arpeggiare, cosa che lui fa per venti minuti tormentosi, anche se si ferma ogni tanto per accordare, a microfono aperto, fino alle ventuno e dieci. Poi si alza e se ne va, lasciando ai piedi del palco tre paggi in casacche medievali. Il tempo passa, e alle ventuno e venti, dal buio una voce annuncia al microfono che lo spettacolo è in ritardo per motivi logistici (testuali parole, chissà cosa vorrà dire, forse che la presentatrice non trovava parcheggio?) ma che comunque avrà inizio dieci minuti dopo l’orario previsto, che a noi sembrava fosse le venti e trenta; c’è scritto anche sul biglietto d’ingresso. Il tempo continua a scorrere implacabile. Alle ventuno e trenta precise, ci alziamo e ce ne andiamo. Un’ora, e non è successo niente.
Una giustificazione potremmo, a voler essere più velenosi del solito, trovarla nel titolo delle serata: “Carnevale nel segno, ecc.”. Come da proverbio, a carnevale ogni scherzo vale. Anzi, visto che l’ospedale in questione è del Vaticano, chiamiamolo pure uno scherzo da prete. Ci siamo cascati. Pazienza. La prossima volta staremo più attenti.
Passiamo a qualcosa di più serio. Il punto B) La sorpresa. Venerdì quattro marzo. Concerto di Nuova Consonanza. Accademia Filarmonica, Sala Casella. Quattro interessanti brani di donne compositrici (siamo vicini all’otto marzo), con altre donne sul palco a eseguirli. Finalmente in un concerto di classica, e, ancora più eccezionalmente, di contemporanea, (ecco la sorpresa) una soprano bellissima, magra, alta, con un portamento regale nel cantare e austero nel ringraziare, capace perfino di neutralizzare l’effetto mascherone in agguato in certe boccacce obbligatorie per produrre alcune note. Ha cambiato due vestiti di gran gusto, semplici e magnificamente indossati (niente colori caramella che, più sono grasse, più sembrano piacere alle sopranone tradizionali). Sonia Visentin. Brava? Ci è parso proprio di sì; anzi, l’abbiamo anche cercata in rete, e ci ha stupiti con un quasi miracoloso la bemolle sopracuto. Certo, è difficile giudicare nel repertorio contemporaneo, comunque il piacere (anche, ma non solo, per gli occhi) ci è stato garantito per tutto il concerto.
Torniamo al cinque marzo e spostiamoci dall’atmosfera pseudo alta della Sala Petrassi a un locale giovanilistico, il Contestaccio, uno dei perni della movida musicale romana, che neanche New Orleans, per presentare il punto C) Il debutto. L’occasione è il primo concerto di un gruppetto rock di sottoventenni che si chiama “Le ciambelle senza il buco”. Il nome è spiritoso, forse troppo, e se hanno successo bisognerà cambiarlo, anche perché, come lo traduci in inglese? Il suono è in certi momenti sghembo, ma in altri ben robusto, la voce solista femminile, a volte sommersa dagli strumenti, quando emerge è intonata e personale. Ma soprattutto, dopo la muffa e l’approssimazione dell’evento ufficiale di un’ora prima, qui abbiamo trovato una professionalità espressa nella successione dei brani con attacchi e finali precisi e senza pause inutili (perché provati e studiati), nella presentazione degli stessi con garbo e competenza, e nella puntualità, che a nostro parere è la prima e principale manifestazione di rispetto per il pubblico.
Un entusiasmo esagerato potrebbe a questo punto spingere qualcuno a esclamare. “Largo ai giovani!”
Noi non siamo d’accordo. Noi diremmo, senza punto esclamativo e virgolette: Largo ai professionisti, vecchi o giovani che siano, o anche debuttanti, perché il professionismo non è un valore aggiunto che si impara. E’ uno stato d’animo prezioso. E sembra che sia in via d’estinzione. Per questo va tutelato
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