Uno spettro si aggira per la Grecia, quello di Karl Marx

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Uno spettro si aggira per la Grecia, quello di Karl Marx

06 Maggio 2010

I greci scendono in piazza per protestare contro il piano di austerità che il governo si appresta a varare per salvare l’economia dal collasso, e la manifestazione degenera in una guerriglia urbana che fa tre morti. L’esecutivo socialista propone una cura da cavallo al Paese, con pesanti tagli alla spesa pubblica e un incremento del prelievo fiscale, anche se non è chiaro se il provvedimento basterà a far rientrare la crisi. I Paesi europei e Bruxelles, fra mille dubbi, staccano il mega-assegno che dovrebbe dare un po’ di respiro ai conti pubblici di Atene. I grandi speculatori internazionali fiutano l’affare e scommettono sul collasso della Grecia. Le Borse tremano (ad Atene – 3,9 per cento, a Madrid – un altro dei sorvegliati speciali – si va sotto del 2,3 per cento) e l’euro, per la prima volta da 14 mesi a questa parte, cede il passo al dollaro. Un quadro fosco che in Grecia, dove la nostalgia per il comunismo non è mai finita, evoca lo spettro di Marx.

E’ vero che, negli ultimi due anni, il capitalismo è incorso in una di quelle sue crisi sistemiche che – tra lacrime e sangue – sono periodicamente necessarie per ‘depurare’ questo modello dai suoi errori ed eccessi, ripartendo con lo sviluppo subito dopo aver bruciato grandi ricchezze. Così è stato e così sarà sempre. E’ vero anche che qualche ragione di protestare i greci – lavoratori, pensionati, insegnanti, precari – ce l’hanno, perché i governi socialisti degli ultimi trent’anni hanno prodotto un sistema in cui i giovani ambiscono unicamente al posto fisso, l’economia si è gonfiata a sbafo dei finanziamenti europei (compresa quella occulta che dà da mangiare agli eredi dei Colonnelli) e con la complicità pelosa del gigante Goldman Sachs. Un socialismo che ha falsato i conti, insomma, e solo in extremis sembra pronto a prendere provvedimenti.

Ma la crisi sembra andare ben oltre, visto che le manifestazioni di piazza ad Atene e la ‘resistenza’ all’FMI e agli organismi europei ha ringalluzzito quelli che il capitalismo vogliono distruggerlo. Per rifondare il Comunismo. Tutta una nutrita pattuglia di intellettuali orfani di Marx, come il geografo e teorico del postmodernismo David Harvey, hanno preso ispirazione dalla crisi greca (e non solo) per dire che l’essenza del capitale è amorale e fuorilegge, e che ogni tentativo socialdemocratico o socialista di mitigare o regolare questo ‘mostro’ è destinato al fallimento. “La battaglia per sopravvivere in un mondo più giusto (quello comunista, ndr) non solo continua; è iniziata di nuovo”, scrive ancora Harvey guardando ai manifestanti greci che giorni fa hanno occupato l’Acropoli, invitando i popoli europei a “sollevarsi”.

Uno spettro, dunque, si aggira per la Grecia, uno dei Paesi che hanno conservato uno dei più forti partiti comunisti dell’Europa post-comunista. Il fantasma di Marx. Sarebbe davvero paradossale se, a più di vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, il Comunismo non solo tornasse di moda ma si riprendesse anche il potere. Non crediamo che questo possa avvenire, nonostante il battage pubblicitario di Harvey e delle altre teste d’uovo che ancora sperano di capovolgere il corso della Storia. Ma una cosa possiamo dirla: quello greco non è il neocomunismo “gentile” del Presidente Vendola o dei partiti e partitini più o meno disposti ad accettare un compromesso con le atre forze pur di non sparire del tutto dallo spettro politico. No, in Grecia i comunisti sognano proprio il Comunismo ancestrale, quello delle origini, del rovesciamento violento e leninista del potere. Quello che assedia le banche e strozza i “borghesi” con il gas. Insomma, alla fine ci sono tanti nostalgici del Comunismo che sognano il “contagio” greco.