“Uomini e Donne”: la sincerità che disegna il nulla
04 Gennaio 2011
Imparare a leggere la televisione, prima che a guardarla: questo è lo scopo della presente raccolta di commenti a spettacoli televisivi degli ultimissimi mesi.
Imparare a guardare la televisione significa guardarla meno e guardarla scegliendo. Non è roba da poco, perché la TV ha una capacità ipnotica non indifferente: hai voglia a dire “tanto ho il telecomando!”: dei professionisti studiano come farvelo usare secondo il loro intento, a partire dai pagatissimi pubblicitari che fanno réclames spesso più attraenti dei programmi stessi.
Guardare meno TV e guardarla scegliendo significa accenderla non per colmare una noia esistenziale, alla quale sarebbe meglio preferire due chiacchiere con la moglie o risentire la lezione ad un figlio; ma per vedere quello che davvero vogliamo. Non è facile, ma si può fare.
Ma “leggere” la televisione vuol dire guardarla con un criterio, sapere entrare nei meccanismi neanche troppo complessi che determinano certe scelte e domandarsi: “E’ davvero questo ciò che volevo?”. Quando i palinsesti sono sbilanciati a favore dello sport e a sfavore dell’informazione sulle categorie svantaggiate; quando i TG parlano solo di disastri; quando c’è più spazio per l’oroscopo e alle previsioni del tempo che per film di reale valore allora questa domanda diventa pressante.
D’altronde rischiamo di non notare la bellezza in certi programmi erroneamente passati in seconda serata o bollati come “disimpegno”, mentre danno messaggi forti, belli e di alto valore filosofico, e sanno anche divertire. ”Leggere” la TV significa riconoscerli a prima vista, sentire una consonanza, e magari fidarsi di qualcuno che ci invita a non farceli scappare.
Abbiamo raccolto questi commenti, o “inviti alla lettura” dei singoli programmi, che sono stati scritti proprio con questo metodo: far vedere cosa c’è al fondo, mostrare il vuoto dove c’è il vuoto e la sostanza dove c’è la sostanza. Far vedere come si può far buona TV e come invece si potrebbe migliorare. E’ un’analisi di programmi dedicati in gran parte ai giovani, che i ragazzi fruiscono e che “bevono” di solito con poca cura, anche perché lo spunto per la scelta dei programmi e film considerati nel libro è stato averli visti insieme ai miei figli. I nostri figli sono esposti alla tv nel bene e nel male. Vorremmo che la loro capacità critica aumentasse, che diventassero veri critici televisivi, non per scrivere di TV, ma per sfruttarla al meglio.
Si tratta di programmi ancora in onda, che sono visibili in questi mesi, tra cui alcuni film ancora nelle sale o disponibili a noleggio, e che in questi giorni escono nella programmazione TV. Per questo crediamo che questo sia uno strumento utile e attuale. E anche divertente. Anche perché fa scoprire cose che potrebbero passare inosservate, dà notizie insolite e fa interrogare, pensare e – non ultimo – divertire.
Per rendere più facile la navigazione, abbiamo dato un voto ad ogni programma, a seconda di quanto riescono a colpire la fantasia senza dire banalità e di quanto danno messaggi seri e belli senza… far addormentare. Il punteggio va da 0 a 10 e non è un giudizio tecnico o morale, ma i quanto i programmi riescano a far respirare un’aria salubre; magari quelli che ricevono un punteggio basso sono programmi ben fatti e con pregi vari, ma a noi interessa sapere quanto servono a farci diventare un po’ migliori e a farci stare meglio. Per questo li abbiamo chiamati “punti salute”: soggettivi a chi scrive, ma ponderati con attenzione.
La TV è un buono strumento se usato bene e se sappiamo produrre anticorpi contro i virus che ogni tanto la popolano. Queste pagine serviranno a crearli insieme.
“Per la maggior parte dei bambini delle ultime generazioni” scrive Olivero Ferraris (TV per un figlio, Laterza) “guardare la televisione rappresenta una delle normali e ovvie attività quotidiane, come il mangiare, il dormire, il giocare, l’andare a scuola. Per alcuni di loro, i cosidetti teledipendenti, le ore trascorse nell’arco della settimana di fronte alla tv sono più numerose di quelle trascorse sui banchi di scuola”. Queste righe ci fanno riflettere sull’importanza della Tv per la nostra generazione di quaranta-cinquantenni, e per quella dei nostri figli. Un recente documento dell’American Accademy of Pediatrics (pubblicato su Pediatrics nel settembre 2010) mostra tutti i rischi per i minori che vengono dall’abuso di TV. Il documento raccomanda, tra l’altro, di far sparire i massmedia elettronici (TV e PC) dalle camerette dei bimbi e di non oltrepassare le 2 ore davanti a PC e TV.
Guardiamoci in casa e domandiamoci: siamo dentro o fuori questi minimi consigli? Ma sono i bambini gli unici ad essere a rischio per il bombardamento mediatico? Pensiamo noi adulti di essere al sicuro? Non ci rendiamo conto che avendo messo al centro della stanza più importante della casa il televisore come un moderno simulacro, intoccabile e obbligatorio, abbiamo realizzato la profezia di Orwell, che prevedeva un controllo capillare casa per casa da parte del Big Brother? Una ricerca inglese del 2005, riporta Sue Palmer in “Toxic Childhood” ha mostrato che due terzi dei bambini tra due e dodici anni guardano TV senza supervisione. D’altronde, aggiunge, la tv può aiutare i bambini a conoscere altre culture e modi di pensare. Insomma, c’e di che star attenti, ma anche di che trarre buona farina.
La televisione dunque è uno strumento buono se si sa usare correttamente. Se ne possono trarre delle perle, anche dalla visione di televisioni minori o di programmi in orari impensati. Si tratta, dicevamo, di saper leggere.
Uomini e Donne, Canale 5 Voto: 4
Tra corteggiatrici e tronisti, “Uomini e Donne” è un programma pomeridiano seguitissimo, che ha sicuramente un suo perché: la rivalutazione del corteggiamento. Ogni stagione vengono nominati i “tronisti”, ovvero coloro i quali sono alla ricerca di una compagna (e viceversa). Siedono su di un trono e vengono presentati loro alcune ragazze. Dovranno conoscerle attraverso le “esterne”, ovvero incontri al di fuori degli studi televisivi della durata di circa 20-30 minuti, destinati ad approfondire la conoscenza reciproca.
Dopo 4 mesi il/la tronista dovrà fare la sua “scelta”, individuando una tra le corteggiatrici. A conferma del successo della trasmissione, per un certo periodo all’interno della trasmissione comica Zelig, venne inscenata una parodia del programma, nella quale le comiche Katia & Valeria, nei panni di due “corteggiatrici” (Katiana e Valeriana), corteggiano il “tronista” Claudiano, interpretato da Claudio Bisio. Nel corso della gag viene lanciato il tormentone “Brava, brava, brava!”, con cui Katiana sottolinea sarcasticamente gli interventi di Valeriana.
La trasmissione va molto, anche per la bravura della De Filippi; e chi l’avrebbe pensato che si sarebbe parlato di appuntamenti, baci e gelosia, nell’epoca del sesso usa-e-getta? Certo, però, con un limite: si parla del nulla. E il giudizio su cui il tronista sceglie la ragazza è esclusivamente uno: se questa è sincera. Ma sincera su che? Non certo sulle sue idee politiche o religiose, di cui non si accenna assolutamente. E non si parla di giudizi morali, del tipo se uno viene reputato buono o cattivo, vendicativo o brutale. Ma interessa solo l’aggettivo “sincero”. O meglio, tutto è giocato nel binomio “Sei falso” e “No, sono vero”. Ed è un quadro realista della tensione etica odierna: infatti per l’etica postmoderna, non esiste più il buono o il cattivo, appunto, ma l’unico tribunale per decidere dell’eticità di un comportamento è se è coerente con quello che ha proclamato, cioè se è autonomo, cioè autodeterminato.
L’autodeterminazione è la nuova religione moderna, che in realtà va troppo a braccetto, invece, con la solitudine: quando mai una decisione è libera se si prende senza risponderne a qualcuno o senza amici? E’ un progresso, questa visione contemporanea così ben descritta nel programma? Ognuno può rispondere. Quello che conta qui è che temo che i nostri giovani troppo spesso si avvicinino a questo modello che ben li ritrae: parlano di moda e auto, ma non di amministrazione di una città o di rivoluzione; per loro la salute si identifica con la palestra e non con un diritto di tutti e in particolare dei più deboli.
E non conta la bontà, l’altruismo e la dedizione, ma il maquillage e il sentimentalismo. Brava allora la De Filippi a tracciare un affresco della gioventù post-moderna, ma quanta tristezza. Certo, donne e uomini della trasmissione sono davvero belle donne e begli uomini… ma basta? Ora è stata inserita anche la versione “terza età”, in cui i concorrenti sono “over-60”, e almeno qui ci saremmo aspettati un approfondimento di gusti culturali o sociali; invece poco o nulla di nuovo. Insomma, ecco cosa ne portiamo a casa: la sincerità e non la bontà come ultimo tribunale, e discorsi che non esprimono una ricerca profonda di bellezza, giustizia, infinito, che ci aspetteremmo in un sessantenne come rimpianto e in un adolescente come tensione costruttiva. Un ritratto della società? Forse e amaramente sì.