USA 2016: il Michigan, i sondaggi e il popolo della Rete

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USA 2016: il Michigan, i sondaggi e il popolo della Rete

06 Novembre 2016

A quarantotto ore dal voto, si possono fare almeno due o tre cose per capire meglio la sfida tra Hillary Clinton e Donald Trump, la signora con la tosse e il re del mattone.

SONDAGGI. La prima è compulsare sondaggi. Quelli dei giornaloni dicono che Hillary ha riconquistato terreno, fra tre e cinque punti di vantaggio. Real Clear Politics, che fa una media dei sondaggi in circolazione, dice invece che il vantaggio di Lady Clinton si è ristretto: un punto e mezzo. Benché siano trend consolidati, pesa l’eredità di Brexit, cioè la scarsa affidabilità dei sondaggisti.

CAMPAGNA ELETTORALE. La seconda cosa da fare è seguire i due candidati, vedere in quali Stati hanno deciso di sparare le ultime cartucce elettorali. La Florida, senz’altro, sono anni che la calda penisola americana ci fa soffrire, ma non solo. L’ormai screditato Podesta, il numero uno della campagna clintoniana fatto a pezzi da Wikileaks, oggi ha voluto rassicurare i colleghi: il Michigan, nel Midwest, uno storico “stato blu”, resta democratico.

In realtà, in quello che dovrebbe essere uno dei bastioni clintoniani, che ha votato e rivotato Obama, il vantaggio della Clinton su Trump si è frantumato. Quattro punti di vantaggio, al momento. I “wolverines”, il nomignolo degli abitanti del Michigan, l’elettorato bianco che ha perso il lavoro, travolto dalla crisi, potrebbero fare la differenza. Un colpo di testa come quando votarono per Reagan.

I Democratici invece, in Stati tradizionalmente conservatori come il Texas, sognano un “surge”, come lo ha definito il Washington Post, un mobilitazione dell’elettorato “latino” e messicano più alta di quella registrata fino adesso tra gli afroamericani, soprattutto giovani.

LA RETE. Terza e ultima cosa da fare è ascoltare la Rete, senza farsi sopraffare. Internet è stato uno dei protagonisti indiscussi di questa campagna presidenziale, ognuno di noi può mobilitarsi e partecipare al voto Usa grazie al web. Quelle americane sono sempre di più ‘elezioni globali’.

Ogni ora che passa, dalle “isole nella rete”, per usare il titolo di un romanzo di Bruce Sterling, arrivano nuove notizie e segnalazioni su imbrogli, inguacchi, stramberie del circolo Clinton. I grandi media cercano di arginare la marea di retroscena, dopo essersi nutriti per primi degli scandaletti trumpiani. CNN, addirittura, ricorda agli spettatori che leggere Wikileaks è reato…

Ma il web ribolle, insieme alle rivelazioni di Assange. Fbi e intelligence seguono a ruota, e tutto questo appare molto complicato ed insidioso, ma anche straordinariamente nuovo, in una politica ingessata dietro i comunicati stampa e qualche intervistina concordata. Dentro le “isole nella rete” monta un sentimento che ha qualcosa di liberatorio, anche se Assange ci ha avvertito: Trump non lo faranno vincere.

E’ il desiderio di disfarsi di una elite politica (i Clinton) che appare corrotta, collusa con “matrix”, le grandi corporation, i grandi media, i grandi regimi illiberali (vedi sauditi). Il potere, insomma. Trump puoi anche odiarlo, ma è difficile sottrarsi a questa tentazione, di vederlo vincitore, mentre spazza via le ultime macerie del sistema clintonian-obamiano, come ha fatto con i residuati del suo partito.