Usa 2016, se la Convention repubblicana sfiducia Trump

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Usa 2016, se la Convention repubblicana sfiducia Trump

07 Marzo 2016

I successi di Donald Trump nelle primarie finora svolte all’interno del GOP hanno aperto alla concreta possibilità che l’eccentrico miliardario candidato alla Casa Bianca possa conquistare la nomination del partito Repubblicano e sfidare probabilmente Hillary Clinton nel voto di Novembre. In realtà, le cose, viste in maniera più attenta, dicono un’altra cosa, ovvero che probabilmente si arriverà ad una convention Repubblicana dove nessuno dei candidati avrà ottenuto la maggioranza dei delegati e nella quale, di conseguenza, ben difficilmente il tycoon newyorkese riuscirà a ricevere l’investitura.

 

Stando ai risultati ufficiali, Trump ha finora conquistato 329  delegati contro  i 231 di Cruz, i 110 di Rubio, i 25 di Kasich ed i 15 ottenuti dai candidati Repubblicani via via ritiratisi dalla competizione. Come si vede quindi, Trump non dispone della maggioranza dei delegati, nonostante si sia imposto nella maggioranza degli Stati dove si sono svolte le consultazioni. Sono essenzialmente due fattori che contribuiscono a rendere difficile per Trump la conquista della nomination. Il primo è che la maggioranza degli Stati chiamati ad esprimersi da qui a Giugno attribuiscono i delegati in maniera proporzionale e solo quattordici con il sistema del “Winner Take All”, ovvero assegnando la totalità al vincitore, tra i quali figurano Illinois, Florida, Ohio, Pennsylvania, Indiana, Missouri e soprattutto California. Ed è proprio qui che il discorso di Trump si complica.

 

Stando alle ultime rilevazioni, appare difatti quantomai difficile che riuscirà ad imporsi nella maggioranza di essi, anche perché è probabile che gli elettori ostili a Trump, i quali costituiscono la maggioranza dell’elettorato Repubblicano, attueranno un voto “tattico”  grazie al quale le preferenza confluiranno sul  candidato ritenuto essere il più competitivo per sconfiggerlo in ognuno dei diversi Stati interessati. Il 15 Marzo andranno al voto Illinois, Ohio e Florida e se Kasich e Rubio dovessero rispettivamente imporsi negli ultimi due lo scenario dell’intera campagna elettorale cambierebbe radicalmente. Non solo a quel punto infatti la possibilità di una “brokered convention” diverrebbe certa, ma le restanti consultazioni si svolgerebbero in un contesto completamente diverso, con Trump che inizierebbe ad essere considerato come “debole”  dagli elettori, i quali probabilmente inizieranno a far confluire i loro voti sul candidato più spendibile per le elezioni di Novembre.

 

Ma anche se Trump riuscisse a restare il “frontrunner” negli Stati dove si vota con il sistema proporzionale, vi è un secondo elemento che indebolisce le sue prospettive, ovvero la percentuale di voti con cui andrebbe ad imporsi. Se si fa una media, emerge come Trump abbia ottenuto appena il 35-36% dei consensi, una percentuale in grado di assicurargli poco più di un terzo dei delegati in palio nelle diverse consultazioni e quindi ben lontano dal garantirgli la maggioranza necessaria per ricevere l’investitura. Ma come verrebbe attribuita a quel punto la nomination nel caso nessun candidato riuscisse a conquistare i 1.237 delegati necessari per l’investitura? 

 

Per prima cosa va sottolineato come ci si troverebbe di fronte ad uno scenario inedito, visto che è dal 1976, quando Ford si presentò senza la maggioranza dei delegati riuscendo comunque a conquistare di stretta misura la nomination nei confronti di Reagan nel corso del primo scrutinio, che questo non si verifica tra i Repubblicani. Di conseguenza, una “brokered convention” aprirebbe la strada ad aspri negoziati nei quali i vertici Repubblicani sarebbero chiamati a decidere su quale candidato far convergere i voti per sbarrare la nomination a Trump, con il rischio però di trovarsi di fronte ad uno scenario caotico.

 

Stando al regolamento stilato dal partito, possono infatti partecipare al ballottaggio per la nomination solo i candidati che hanno conquistato almeno otto Stati nel corso delle primarie, una soglia che però, come già ammesso dai diversi esponenti Repubblicani, potrebbe venire abbassata per consentire la partecipazione di  un maggior numero di candidati, una misura questa che, a detta di diversi commentatori, andrebbe a favorire i due candidati moderati Rubio e Kasich, sui quali i vertici del GOP molto probabilmente punterebbero nel caso lo scenario qui descritto si andasse a concretizzare. La procedura poi prevede che se nelle prime due votazioni i delegati siano vincolati ad esprimersi per il candidato che rappresentano, dalla terza non esista invece più alcun vincolo, una prospettiva questa che inquieta non poco i vertici Repubblicani, i quali potrebbero trovarsi a gestire una situazione ingovernabile con un partito diviso e fatturato a pochi mesi dalle elezioni.

 

Se da un lato quindi una “brokered convention”  potrebbe rappresentare il solo strumento valido per impedire a Trump di raggiungere la nomination, dall’altro vi è  il rischio che questa presenti i Repubblicani come un partito ingovernabile e radicalizzato e, di conseguenza, inadatto ad assumere la guida del Paese. Si deve infine sottolineare un’ultima cosa. Tutte le volte che un partito è arrivato ad una “brokered convention” è stato successivamente sconfitto alle elezioni a Novembre. Accadde nel 1952 con i Democratici, quando Adlai Stevenson non conquistò la maggioranza dei delegati venendo nettamente battuto da Eisenhower, e dopo nel 1976 con i Repubblicani, quando il Presidente Ford si presentò alla convention di Kansas City privo del numero necessario di delegati ed uscì poi sconfitto di misura da Carter.

 

In entrambi i casi però sia i Democratici nel 1948 che i Repubblicani nel 1976 controllavano la Casa Bianca. Nell’unica volta che invece accadde per un partito all’opposizione, questo poi conquistò la presidenza. Successe nel 1932, quando Franlkyn D. Roosevelt, non avendo conquistato la maggioranza dei delegati nel corso delle primarie, ottenne la nomination solo al quarto scrutinio, ma riuscì a sconfiggere nettamente Herbert Hoover nel voto di Novembre. Una circostanza che i Repubblicani sperano possa ripetersi nel 2016.