USA: mentre al Congresso sfilano i big del web, Trump prepara un social tutto suo

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USA: mentre al Congresso sfilano i big del web, Trump prepara un social tutto suo

USA: mentre al Congresso sfilano i big del web, Trump prepara un social tutto suo

26 Marzo 2021

Prima dell’estate prossima, l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, potrebbe ritornare sui social network. Non su Twitter, dove la messa al bando decretata da Jack Dorsey sembra permanente – dopo i fatti del 6 gennaio, in cui i sostenitori di The Donald invasero il Campidoglio – ma su una piattaforma tutta sua. Non è escluso, poi, che possa tornare anche su Facebook, dove l’esilio non è perenne, tanto che a breve a Menlo Park prenderanno una decisione in merito.

Accantonata l’ipotesi Parler, la piattaforma conservatrice dove i seguaci di Trump si erano dirottati dopo l’espulsione da Fb e Twitter del Capo, l’annuncio del ritorno di Trump, sul web, lo ha dato nei giorni scorsi il suo consigliere senior, Jason Miller, il quale per il momento ha escluso un’ipotesi circolata nelle settimane scorse, in cui si parlava di una tv via cavo del magnate, tanto da fare concorrenza anche alla Fox, ora in calo di ascolti, come pure le emittenti avversarie, come la Cnn, per l’assenza sulla scena pubblica del tycoon. Il quale, tuttavia, dopo l’insediamento di Biden, è intervenuto personalmente al Cpac, il Conservative Political Action Conference, in febbraio, e poi anche attraverso un collegamento telefonico con Maria Bardiromo, anchorwoman della Fox, oltre a delle e-mail divulgate dal suo entourage. Due appuntamenti in cui, se da un lato ha escluso la creazione di un partito personale, dall’altro è intervenuto parlando del piano vaccinale in corso e di immigrazione, non escludendo una nuova corsa alla Casa Bianca, per il 2024. E ora, fra due o tre mesi, di nuovo in rete per dialogare direttamente con i suoi fan.

Una novità che potrebbe rivoluzionare il mercato dei social, con Trump che potrebbe incalzare quotidianamente l’attuale Amministrazione Biden, anche in vista di una sua futura candidatura. Non solo. Per Trump, uomo d’affari e di spettacolo, nonché abile comunicatore, potrà essere un modo per generare introiti e finanziare future campagne elettorali. Miller, presente nello staff trumpiano della campagna elettorale scorsa, ha già parlato di un giro di «milioni di dollari».

Un discorso ancora più generale sui social e sull’informazione in Rete è quello che coinvolge poi gli amministratori delegati di Facebook, Twitter, Alphabet e Google, che sono apparsi alla Camera dei Rappresentanti per la prima volta dai fatti del Campidoglio del 6 gennaio, affrontando domande sul ruolo dei social media nel fomentare la rivolte, i quali dovranno rispondere anche sulla decisione di sospendere o bandire proprio l’ex presidente Trump (escluso anche da Instagram e YouTube, seppur non definitivamente).

Questa sarà la quarta apparizione dell’amministratore delegato di Facebook Mark Zuckerberg davanti al Congresso dallo scorso luglio, e la terza sia per il ceo di Twitter Jack Dorsey, sia per Sundar Pichai di Google. In ballo c’è la discussione sulla sezione 230, ovvero una disposizione del Communications Decency Act del 1996 che specifica chi è legalmente responsabile dei contenuti su Internet. Questa stabilisce che le aziende non sono responsabili per i contenuti dannosi che un utente pubblica sui loro siti: una sorta di scudo, che significa che se si vuole citare qualcuno in giudizio per un tweet, in tribunale dovrà andarci la persona che lo ha pubblicato, non Twitter. Anche perché sull’argomento repubblicani e democratici sono divisi. Molti repubblicani pensano che le piattaforme di social media stiano rimuovendo troppi contenuti ai sensi della Sezione 230, mentre i democratici rimarcano che non si rimuovono abbastanza e che consentono la diffusione di contenuti erronei.

Ad oggi, queste divisioni hanno ostacolato qualsiasi consenso su come modificare la Sezione 230, e nessun disegno di legge in tal senso ha fatto fare un passo in avanti a Capitol Hill. Facebook sostiene pubblicamente le normative di Internet da mesi, poiché deve affrontare il controllo su presunte violazioni dell’antitrust e le sue pratiche di moderazione dei contenuti, mentre Twitter e Google hanno indicato di essere disponibili a discutere di modifiche legali con il Congresso, ma sono stati meno specifici di Facebook su quali modifiche della Sezione 230 avrebbero sostenuto. «La regolamentazione ha un ruolo importante da svolgere nel garantire che proteggiamo ciò che è eccezionale nel web aperto», ha affermato Pichai in una copia anticipata della sua testimonianza scritta. «Tuttavia, siamo preoccupati che molte recenti proposte per modificare la Sezione 230, comprese le richieste di abrogarla del tutto, non servirebbero bene a tale obiettivo». Argomenti che interesseranno anche Trump, a breve.