Usa: un mese al voto, Obama in vantaggio, McCain non molla
05 Ottobre 2008
di redazione
Tra un mese il volto della politica americana cambierà per sempre. Il 4 novembre, gli americani sceglieranno il successore di George W. Bush e, comunque vada, sarà scritta una pagina di storia: se vincerà la squadra democratica, gli Stati Uniti avranno il primo presidente afroamericano, Barack Obama, e se avranno la meglio i repubblicani, la Casa Bianca avrà il primo vicepresidente donna, Sarah Palin, nonché il presidente al primo mandato più anziano di sempre, John McCain.
Se a questo si aggiunge che il contesto economico è il più problematico e difficile dalla Grande Depressione, non mancano di sicuro i motivi per seguire con attenzione il rush finale di questa corsa che si preannuncia combattutissima. Al momento proprio la difficile situazione finanziaria degli Stati Uniti e la crisi economica in cui il paese si trova stanno facendo volare il senatore dell’Illinois nei sondaggi, che danno Obama in vantaggio di quasi sei punti nella media nazionale e in accelerazione negli stati cruciali. Inoltre, per Gallup, il sentore dell’Illinois è avanti di 8 punti, con il 50% delle preferenze contro il 42% del rivale dell’Arizona, mentre per Rasmussen il margine è di 6 punti, con Obama al 51% e McCain al 45 per cento.
Nonostante questo, Obama commetterebbe un errore enorme nel considerare la partita chiusa e sentirsi la vittoria in tasca, anche se i sondaggi lo danno a un passo dal conquistare il numero di grandi elettori necessario per vincere la Casa Bianca. In ciascuno dei 50 Stati dell’Unione è in palio un certo numero di Grandi Elettori (formalmente, l’elezione è indiretta e sono questi grandi elettori a scegliere il presidente) e chi vince il voto popolare in ogni Stato conquista tutti i Grandi Elettori in palio. In totale sono 538, ne servono 270 per vincere, Obama ne avrebbe 264.
Questo, ovviamente, sulla carta, perché il verdetto arriverà solo il 4 novembre, a urne chiuse. McCain appare ben lungi dal darsi per battuto e promette una nuova tornata di spot elettorali infuocati, che prima delle convention nazionali (a fine agosto quella democratica, a inizio settembre quella repubblicana) si sono rivelati un’arma micidiale per raccogliere consenso e ridurre sensibilmente il distacco da Obama. Il senatore dell’Arizona ha anticipato che descriverà "chi è Obama", mettendone in discussione il carattere, le "posizioni liberali" e le strategie "troppo rischiose per il Paese". Potrà farlo anche grazie alla raccolta fondi del partito repubblicano che, in settembre, ha visto entrare nelle proprie casse la cifra record di 66 milioni di dollari, un aiuto consistente visto che McCain, avendo accettato finanziamenti pubblici per 84 milioni di dollari, non può raccogliere fondi per conto proprio.
In questo ultimo mese, la strategia delle due campagne elettorali dovrà essere calibrata al millimetro, chirurgicamente precisa e mirata. McCain non può permettersi di perdere negli Stati in cui Bush vinse quattro anni fa e dovrà fare i conti con il fatto che, in almeno dieci di questi (Colorado, Florida, Indiana, Iowa, Missouri, New Mexico, Nevada, Carolina del Nord, Ohio e Virginia), i due sfidanti appaiono sostanzialmente alla pari, quando Obama non è addirittura in vantaggio. Il senatore dell’Arizona appare inoltre in svantaggio in cinque degli stati in cui il democratico John Kerry vinse nel 2004 (Pennsylvania, Wisconsin, Minnesota, New Hampshire e Maine) e ha addirittura dato per perso il Michigan, dove Obama ha un vantaggio superiore al 10 per cento.
fonte: APCOM