Usa vs Cina, incognita Trump nel Mar Cinese Meridionale

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Usa vs Cina, incognita Trump nel Mar Cinese Meridionale

26 Novembre 2016

C’è apprensione per le relazioni tra Washington e Pechino nell’area calda del Mar Cinese Meridionale, anche se, dicono gli esperti, i comunisti cinesi avevano sperato in una vittoria di Trump, considerato un presidente meno ‘falco’ della Clinton in politica estera. Secondo fonti cinesi, la vittoria di Trump non dovrebbe compromettere la situazione nel Mar Cinese Meridionale, al centro della strategia di controllo nell’area portata avanti dagli USA nel Sud-Est asiatico. Insomma, la presidenza Trump viene vista come un fattore di continuità nel quadro geopolitico e militare asiatico e del Pacifico.

Gli Usa sono presenti nel Mare Cinese Meridionale con navi, aerei militari, droni per la sorveglianza, sottomarini nucleari e monitorano cosa accade grazie all’uso dei satelliti. Nel corso della recente campagna elettorale americana, durante un attacco hacker, è stata presa di mira la portaerei americana Reagan che navigava proprio verso quelle acque. Trump, che ha annunciato di voler rivedere i trattati commerciali e la posizione degli Usa nei confronti della Cina da un punto di vista economico, non ha fatto riferimenti precisi al Mar Cinese Meridionale. Secondo gli esperti cinesi, gli Usa potrebbero cercare di rafforzare la loro presenza, anche militare, nell’area, innescando quindi una escalation con Pechino. 

Il sequestro di un carico di veicoli partito da Taiwan, nel frattempo, catapulta Hong Kong nel mezzo delle dispute marittime nel Mar Cinese meridionale. Le autorità portuali dell’ex colonia britannica hanno bloccato alcuni veicoli corazzati della difesa di Singapore. Sui rapporti tra la Cina e l’hub finanziario del sudest asiatico pesa il sostegno della città-Stato alle rivendicazioni filippine contro i cinesi. Taipei nega che i mezzi siano stati prodotti sull’isola. I veicoli sarebbero comunque destinati a esercitazioni.

“Ecco cosa accade quando a un popolo viene data la democrazia”, ha scritto l’agenzia di stampa filogovernativa cinese Xinhua dopo la vittoria di Trump, aggiungendo “la democrazia conduce gli stati nel caos”, mentre i regimi autoritari come quello di Pechino sarebbero una  “garanzia di stabilita’”. Il contenzioso sul Mar cinese meridionale resta quindi una partita aperta tra Usa e Cina. “Da un punto di vista generale, è molto più semplice per la Cina affrontare la vittoria di Trump. Questo perché la linea promessa da Obama e Clinton fa presagire frizioni anche militari molto più frequenti”, così aveva scritto nei giorni scorsi il giornale cinese Global Times.

Lo tsunami Donald Trump si è comunque abbattuto su tutta l’Asia, dall’Estremo Oriente al Sudest, tra prudenza e dubbi sulle future direzioni che la politica estera, la difesa e il commercio statunitensi potranno prendere con il nuovo inquilino della Casa Bianca. La Cina è nel mirino di Trump con l’accusa di aver “rubato” milioni di posti di lavoro agli Usa e la promessa di “rafforzare le difese commerciali”. Il presidente cinse Xi Jinping ha inviato a Trump un messaggio di congratulazioni con l’auspicio di sviluppo dei rapporti “salutari, di lungo termine e stabili” per benefici che possano estendersi al mondo intero.