Utili in crescita e nuove joint venture: niente crisi per Finmeccanica

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Utili in crescita e nuove joint venture: niente crisi per Finmeccanica

Utili in crescita e nuove joint venture: niente crisi per Finmeccanica

16 Luglio 2008

Dopo la scoppiettante edizione di due anni fa, il salone aerospaziale di Farnborough – insieme al parigino Le Bourget il più importante appuntamento mondiale del settore – ha segnato un po’ il passo. Crisi e caro carburante mordono e i riflessi sull’esposizione e sulle novità presentate sono inevitabili. Fa eccezione Finmeccanica, presentatasi alla mostra londinese con le migliori intenzioni e sull’onda dell’entusiasmo scatenato dall’affare DRS. 

Del resto Finmeccanica sull’Isola gioca in casa. Secondo fornitore del Ministero della Difesa britannico, primo investitore straniero nel settore e, sempre nel campo della difesa, secondo datore di lavoro con 10.000 addetti e terzo esportatore dal Regno Unito. Numeri di tutto rispetto che fanno il paio con quelli sciorinati dai vertici aziendali convenuti a Londra – dal presidente e ad Pierfrancesco Guarguaglini al direttore generale Giorgio Zappa – e che tratteggiano un’ascesa ormai irresistibile. Dal 2002 a oggi il valore dell’EBIT è più che raddoppiato e il margine sui ricavi è passato dal 5,7% all’8,1%, mentre per il 2010 l’obiettivo è un EBIT al 10%.  Quanto ai futuri traguardi del gruppo, Guarguaglini ha sottolineato che “dopo gli importanti risultati raggiunti nel 2007, nel 2010 contiamo di arrivare ad una quota di mercato dell’8% nei pilastri strategici dell’elicotteristica, aeronautica ed elettronica per la difesa, e al 10% includendo la neo acquisita DRS. Puntiamo poi all’11% per lo spazio e i sistemi di difesa e al 2,5% nell’energia e nei trasporti”. Nel 2007 le quote erano rispettivamente del 7% (8,5% se nel conto mettiamo anche DRS), il 10,5% e il 2%”. A partire dal 2003 i dividendi sono cresciuti del 20% annuo ed il valore delle azioni è cresciuto del 60%, anche se gli ultimi due mesi si è registrata una flessione dovuta alla prudenza della Borsa circa l’operazione DRS –  operazione giudicata troppo rischiosa e cara considerati gli 81 dollari pagati ad azione.

Ciononostante ciò Guarguaglini non solo ha difeso a spada tratta l’operazione, ma ha rilanciato affermando che con l’acquisizione di DRS per Finmeccanica si apre una nuova fase, quella della definitiva maturazione. L’operazione non è ancora conclusa, visto che mancano ancora una serie di autorizzazioni – soprattutto sul fronte delle garanzie che l’azienda italiana dovrà dare al Pentagono per il mantenimento delle informazioni classificate negli Stati Uniti – ma i vertici societari ragionano già in questa prospettiva, che in termini pratici significherà la trasformazione del mercato americano in terzo mercato domestico. L’ennesimo balzo in avanti per un’azienda che, già oggi, riceve il 58% degli ordini al di fuori dell’Italia e ha 150 sede estere, di cui oltre un terzo siti produttivi.

Il carattere ormai pienamente multinazionale di Finmeccanica è confermato anche dagli altri dossier sul tavolo. C’è, innanzitutto, da chiudere entro l’anno la joint venture nel campo dei siluri e dei sistemi subacquei con le aziende francesi DCNS e Thales – operazione annunciata nel vertice italo-francese di Nizza del novembre 2007. Ma a Farnborough si è parlato anche di un’alleanza strategica con un’azienda indiana. Il direttore generale Giorgio Zappa non ha voluto aggiungere nulla di più, ma non sarebbe una sorpresa se l’oggetto del mistero fosse proprio BHEL, con la quale esiste già una partnership nei radar con la controllata SELEX Sistemi Integrati. Altre prospettive potrebbero aprirsi inoltre nell’area del Golfo, dove le aziende del gruppo sono presenti in forze come fornitori. 

La cosa sicura è che a Farborough – dopo mesi di smentite – è arrivata la firma sulla joint venture tra la controllata AgustaWestland e l’azienda russa Oboronprom. L’intesa prevede la costituzione di una joint paritetica, nella quale le due società investiranno 20 milioni a testa, per l’apertura di una seconda linea di assemblaggio fuori dall’Italia a Panki, presso Mosca, dell’elicottero AW139. Le macchine saranno destinate in primo luogo al mercato civile russo e dei paesi della CSI. Secondo l’ad di AgustaWestland Giuseppe Orsi: "La realizzazione di una linea di assemblaggio per l’AW 139 in Russia ci permetterà da un lato di soddisfare ancor più la crescente domanda sul mercato commerciale per l’AW 139, l’elicottero più venduto nella sua categoria e dall’altro di espandere ulteriormente la nostra presenza nel mercato russo degli elicotteri civili e in quello dei paesi della CSI". 

L’accordo con Oboronprom è solo un tassello della strategia globale di crescita annunciata da Orsi a Farnborough. Una strategia che punta al raddoppio della produzione, con la costruzione di 260 elicotteri nel 2010, rispetto ai 128 del 2005, ed a una crescita del fatturato da 2,98 miliardi del 2007 a 3,7 miliardi, oltre a una crescita consistente dell’Ebit. Obiettivi ambiziosi per raggiungere i quali l’azienda punta ad espandere la propria presenza in tutti i mercati chiave, non solo quello russo, ma anche quello statunitense e quello orientale, attraverso partnership internazionali, e nuovi investimenti nella ricerca e sviluppo. Proprio l’Oriente, soprattutto la Cina, rappresenta una grande opportunità per Agusta. Ci sono le Olimpiadi tra meno di un mese e questo potrebbe dare un impulso definitivo all’espansione del mercato cinese. E quanto sia importante l’appuntamento di Pechino per Agusta, lo ha ricordato lo stesso Orsi annunciando che l’elicottero AW109 sarà l’unico modello ad essere presente alle Olimpiadi. 

Naturalmente dal salone non potevano mancare importanti nuove da parte di altre due aziende aeronautiche di Finmeccanica, Alenia Aeronautica ed ATR (quest’ultima controllata alla pari con EADS). Alenia ha chiuso un accordo da 900 milioni di dollari con la britannica Rolls Royce per la per la fornitura esclusiva dei sistemi di propulsione dell’aereo da trasporto C-27J Spartan. L’intesa ha una durata di nove anni e garantirà un volume di produzione adeguato alla continuità del programma C-27J, soprattutto alla luce della selezione dell’aereo da parte delle Forze Armate americane e degli ulteriori ordini che potrebbero arrivare da oltre Atlantico. 

Restando sempre in tema di C-27J, continuano le scaramucce con Boeing. L’azienda americana, che solo poco più di un mese fa aveva annunciato la rinuncia alla realizzazione di una linea di assemblaggio del velivolo in Florida sotto la propria responsabilità – causa il mancato raggiungimento di un accordo finanziario con Alenia – sembra aver fatto marcia indietro. Probabilmente la filtrata disponibilità di Alenia ad andare da sola mettendo su la linea in proprio, o cercando un nuovo partner locale, non è passata inosservata e dal salone è filtrata un’indiscrezione secondo la quale il colosso americano avrebbe presentato una nuova proposta. Indiscrezione rafforzata dal direttore generale di Finmeccanica Zappa dichiaratosi ottimista circa “la possibilità di trovare un accordo con Boeing”. 

Sul fronte ATR, le buone nove vengono dai numeri annunciati dall’ad dell’azienda Stephane Mayer: la consegna di 60 aerei per il 2008 – di cui 31 già consegnati nel primo semestre per un totale di 1.000 aerei dalla nascita della compagnia – 1,3 miliardi di dollari di fatturato e il primo esemplare della nuova versione “600” che entrerà in servizio nel 2010. Ed ancora: una produzione cresciuta del 500% negli ultimi cinque e del 63% negli ultimi 12 mesi, da 19 a 31 macchine, un portafoglio ordini triplicato negli ultimi tre anni, che conta ora 181 aerei, con altri otto ordini fermi annunciati nel primo semestre dell’anno. Ed anche per il futuro il cielo si annuncia sereno. Secondo Mayer, infatti, la crisi petrolifera non dovrebbe impedire al mercato dei regional turboelica di crescere. Le stime parlano di 2.900 esemplari in 20 anni, con una crescita dell’8% annuo. Niente male per quella che fino a pochi anni fa era considerata una semplice cenerentola.