Vedi Napoli e poi muori: il centrodestra alla prova delle regionali

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Vedi Napoli e poi muori: il centrodestra alla prova delle regionali

10 Giugno 2020

Mentre invoca le elezioni politiche anticipate (che in pendenza di un referendum confermativo sul taglio dei parlamentari difficilmente potrà ottenere, ed è un eufemismo) il centrodestra è alle prese con una partita più prosaica ma non meno importante. Un vero e proprio pasticcio, figlio di un accordo frettoloso, di equilibri nel frattempo cambiati, di rivendicazioni incrociate dove nulla è come sembra.

Parliamo delle consultazioni regionali, che a settembre vedranno al voto, insieme a molti Comuni anche di primo piano, il Veneto, la Liguria, la Toscana, le Marche, la Puglia e la Campania. Gli accordi la coalizione li aveva presi per tempo: quando il Capitano all’apice dei suoi consensi e sicuro di espugnare la regione rossa per antonomasia aveva avocato a sé l’Emilia Romagna e appaltato ai forzisti la Calabria, era stato deciso che al netto degli uscenti Zaia e Toti in Veneto e Liguria, Fratelli d’Italia avrebbe indicato il candidato presidente nelle Marche e in Puglia (dove è in campo l’ex governatore Raffaele Fitto), gli azzurri nella terra del Vesuvio e il Carroccio nell’altra regione rossa, la Toscana, dove Salvini avrebbe potuto incrociare direttamente le spade con l’altro Matteo.

Ma il tempo passa, le situazioni cambiamo… In Emilia Romagna, com’è noto, le cose non sono andate bene, la Lega inizia a soffrire sensibilmente la crescita di FdI ai suoi danni, e la prospettiva di una sconfitta rovinosa in Toscana rende lo scenario difficilmente digeribile per lo stato maggiore di via Bellerio. Si aggiunga la profonda spaccatura che in Campania fin dall’inizio solca gli azzurri, con il partito ufficiale schierato sul già presidente Stefano Caldoro e le truppe di Mara Carfagna fieramente ostili, e il quadro è (quasi) completo.

Da tempo il Carroccio fa le bizze. Fallito il tentativo di blindare con la presa di Bologna il quadrilatero settentrionale, Salvini ha messo nel mirino i due ex – Fitto e Caldoro – con l’intento di evitare che il primo partito della coalizione sia tagliato fuori dal centro-sud. Ma difficilmente Giorgia, forte dei sondaggi che la danno con il vento in poppa, mollerà la presa sulle due caselle conquistate. Più facile che venga rimessa in discussione la Campania, un po’ per la sovra-rappresentazione regionale di Forza Italia che nonostante la sua debolezza politica governa già la Calabria, la Basilicata e il Molise, un po’ per il mancato accordo all’interno dello stesso partito del Cav sul nome del candidato presidente.

Il Capitano d’altri tempi avrebbe probabilmente potuto rivendicare per sé la casella eccedente. Più difficile che gli riesca ora che i sondaggi, pur confermando la Lega come primo partito del centrodestra, lo danno in calo di dieci punti e più. Dalla girandola di vertici e lo scambio di diplomazie appare comunque chiaro che il terreno di mediazione sarà proprio la Campania. La soluzione, affinché nessuno esca vincitore e nessuno troppo sconfitto, potrebbe essere “sterilizzare” la regione del Vesuvio tirando fuori dal cilindro un fantasista esterno al recinto dei partiti, figura che peraltro ben si presterebbe nella corsa contro un personaggio mai irreggimentato come Vincenzo De Luca (in attesa dell’incognita De Magistris).

La parola decisiva deve ancora essere pronunciata, ma già girano diversi identikit. Fra questi uno porta il nome di Alessandro Sansoni, giornalista ma non solo: uno dei pochi campani con proiezione nazionale che ad oggi il centrodestra possa contare, con all’attivo battaglie di un certo rilievo come quella recentissima per l’istituzione della macro-regione meridionale in risposta al referendum lombardo-veneto sull’autonomia. Vedremo come andrà a finire. Che a profili come questo si stia pensando, tuttavia, autorizza a sperare che il centrodestra, seppur malconcio, non abbia dismesso del tutto la voglia di crescere e di guardare al futuro.