Veltroni e la stampa estera: tutto quello che gli italiani non possono sapere
07 Novembre 2007
Ciò che risulta più difficile capire, non è tanto come la stampa estera parli di fenomeni e avvenimenti del nostro Paese, quanto l’eco che ne scaturisce sui giornali italiani. Un giornalista della Frankfurter Allgemeine Zeitung mi disse una volta che la quasi totalità dei corrispondenti delle testate straniere, soprattutto quelli che vivono da poco in Italia, per farsi un’idea sulla nostra caotica realtà usano molto la lettura di un giornale: Repubblica. Mi confessò che lui stesso all’inizio usava questo sistema. Con il tempo si rese conto che forse le cose, i fatti, era meglio giudicarli facendo il proprio mestiere, non dipendendo insomma del precotto tabloid. La cosa però non mi stupì più di tanto, dato che il fatto stesso di abitare un po’ tutti nel centro storico, di frequentare con un certo compiacimento i salotti più “evoluti” della Capitale, sarebbe sufficiente già a orientare il loro punto di vista verso una visione molto simile a quella che esce dalle pagine del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Ma al di là di questo riflesso generale, il rapporto con la stampa estera è certamente un pallino della comunicazione veltroniana. Non è un caso che, all’atto di presentarsi nella prima campagna elettorale nel 2001, Veltroni abbia voluto presentare il suo programma proprio nella sede della stampa estera per trasmettere un messaggio urbi et orbi. In quell’occasione disse che i lavori per la metro C sarebbero finiti nel giro di massimo cinque, sei anni. Insomma avremmo già dovuto avere la tanto agognata metropolitana e invece, tre mesi fa si è aperto il primo cantiere…Eppure in quell’occasione, forse ammaestrati dal predecessore Rutelli che sulla metro C ne aveva sparate parecchie, i cronisti stranieri rimasero piuttosto freddi. La grande attività comunicativa di Walter per sensibilizzare la stampa internazionale non era ancora ricambiata come lui avrebbe voluto.
Il 2005 però ha segnato un cambiamento importante. I funerali di Giovanni Paolo II, gestiti con un eccezionale concorso di forze della Protezione Civile e del Ministero dell’Interno hanno segnato una svolta. Allora nella mente del Sindaco maturò la consapevolezza che quell’occasione non si poteva mancare. Si deve dar atto al Comune di Roma che in quel caso ha risposto adeguatamente. Con un aiuto non da poco di uomini, mezzi e logistica da parte di importanti apparati dello Stato. Certo, gestire una massa di pellegrini composti e contriti dalla scomparsa dell’amato Pontefice forse è più facile che mantenere ordinata una metropoli tutto l’anno, però si sa gli eventi straordinari sono veramente il piatto forte del menu del Sindaco. E così da lì in poi i riflettori della stampa internazionale si sono accesi. Anche se come vedremo, purtroppo per il Sindaco-Segretario, non sempre per raccontare le meraviglie del “Modello Roma”.
Era il 9 aprile 2005 quando con voce ferma e sicura, lo sguardo grave e severo, nella sede della Stampa estera, Veltroni dichiarava: “Quella di oggi è una circostanza inedita, straordinaria, della quale siamo tutti orgogliosi. Ma i romani e la città mostrano una grande capacità di tenuta ogni giorno: e vorrei che il Paese fosse tutto intero orgoglioso di ciò. Essere anti-romani equivale a essere anti-italiani, lo era prima dell’evento che abbiamo fronteggiato e superato con successo, lo è a maggior ragione dopo questa settimana. Da oggi in poi non tollereremo da parte di nessuno offese alla città”. In altre parole: siccome oggi abbiamo fatto bene il nostro lavoro per i funerali del Papa, mettetevi in testa che lo facciamo sempre e chi osasse criticarci d’ora in poi è avvertito. Insomma chi ce l’ha con lui, ce l’ha con l’Italia. Questo piglio deve aver impressionato il corrispondente del Time che appena un mese dopo includeva Veltroni in una copertina dedicata a cinque sindaci: Ken Livingston, sindaco di Londra, Klaus Wowereit, sindaco di Berlino, Bertrand Delanoe, sindaco di Parigi, Annika Billstroem, sindaco di Stoccolma e Veltroni, appunto. “Sindaci di grandi città, che fanno la differenza”, recitava il titolo. Al Sindaco di Roma veniva dedicato un ritratto che lo definiva Action man. Un epiteto che forse oggi in pochi a Roma condividerebbero, neanche i più benevolenti. Subito partiva l’eco della gran cassa mediatica italiota.
Molti giornali italiani riportavano la notizia con una certa enfasi, a volte non spiegando che si trattava di una copertina condivisa con altri e che Walter era buon ultimo a sinistra, sul lato. Addirittura l’Ansa, nonostante precisasse la presenza in “coabitazione” sulla copertina, ragguagliava sul contenuto dell’articolo con toni degni della Stefani nei confronti di Mussolini: “Un sindaco ubiquo (sic! ndr) che in una normale giornata di lavoro riesce a visitare un ospedale pediatrico, un centro di accoglienza per senzatetto e una clinica di riabilitazione. Un sindaco popolare e conosciuto tanto da essere ritratto in un cameo da Ian McEwan nel suo ultimo libro come un uomo tranquillo e civile con una passione per il jazz’. Insomma un Sindaco solidale che a Time dichiara: ‘vogliamo dimostrare che anche una metropoli può essere una comunità’. Roma – scrive Time – può contare sui ‘Pony Express della solidarietà’ e su 3000 pensionati che controllano parchi e scuole. Grazie a Veltroni – sottolinea Time – ‘a Roma i servizi pubblici sono migliorati e la vita culturale è rifiorita”. Tutto ciò forse è successo su Second Life più che nelle strade di Roma, eppure i giornali italiani hanno fatto da megafono. Non una parola sul fatto che l’assistenza agli anziani e le cooperative di solidarietà esistevano già da venticinque anni. Indubbiamente è più suggestivo dire “Pony Express della solidarietà” che “assistenti sociali”, però le funzioni sono le stesse da più di due decenni. E come se non bastasse l’Ansa finiva ricordando gli altri italiani finiti sulla copertina di Time: Gianni Agnelli, Luciano Pavarotti, Giorgio Armani, Gianni Versace, Carlo De Benedetti, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi, omettendo che in quei casi la copertina era dedicata solo a loro.
Passa un anno e il Sindaco sempre lì, nella sede della Stampa estera in Via dell’Umiltà a pochi metri dalla sede di Forza Italia, presenta il suo gioiello: il nuovo Piano regolatore. Ecco l’esordio: “Il Prg è il frutto di un meraviglioso lavoro di partecipazione democratica i cui frutti saranno visibili già tra 18 mesi, quando sarà operativo.”. A coadiuvarlo il fido Roberto Morassut, assessore all’Urbanistica: “Le infrastrutture per la cura del ferro aumenteranno del 400% per numero di chilometri, passando da 36 a 129, mentre le stazioni metropolitane e ferroviarie passeranno dalle attuali 49 a 167”. L’uso del futuro era d’obbligo e senza scadenze: aumenteranno, passeranno, vedremo. Dunque, ricapitoliamo, “gli effetti saranno visibili tra 18 mesi”. Era l’aprile 2006…ma guarda un po’ che coincidenza, il tempo scade proprio in questi giorni, eppure dei salvifici effetti del nuovo Prg non abbiamo avvertito l’impatto. Delle critiche forti e argomentate di tutte le associazioni ambientaliste, anche di quelle più amiche, Legambiente e WWF su tutte, ci ricordiamo bene. E anche delle manifestazioni di parecchi comitati di quartiere, che continuano ancora oggi sulla piazza del Campidoglio, abbiamo memoria.
Nella stessa occasione Veltroni non si faceva sfuggire l’opportunità di tirare fuori l’argomento che più lo appaga: la Festa del Cinema. Sei mesi prima della prima edizione dichiarava: “Tutti i giornali del mondo hanno scritto paginate intere sulla Festa. Guardate gli articoli scritti dai maggiori giornali stranieri da El Mundo al El Pais fino al Times che ha dedicato a Roma e alla sua festa del Cinema, un ampio servizio. Abbiamo fatto non solo un investimento sulla qualità della vita culturale della città, ma anche sulla sua ricchezza, sul lavoro, sull’occupazione. La festa è cominciata bene”. Insomma mancavano sei mesi, ma il fatto che la stampa straniera ne parlasse trasformava l’evento in qualcosa di già esistente, la festa insomma era già cominciata e il Sindaco faceva le prove generali delle dichiarazioni per l’evento prossimo venturo.
Qualche settimana più tardi in un articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung il vero obiettivo di Veltroni veniva svelato. Alla vigilia della sonante riconferma ai danni di un frastornato Alemanno, il giornale tedesco scriveva: “Il democratico di sinistra moderato Walter Veltroni si presenta, dopo cinque anni di permanenza nel suo incarico, non soltanto per la rielezione a sindaco, ma anche come possibile successore per la direzione della sinistra italiana. Veltroni ha negato in un colloquio con questo giornale di avere ambizioni personali e ribadito l’intenzione di dedicarsi ad altro. Non è però un segreto che, seguendo l’esempio dei Democratici negli Stati Uniti, egli vorrebbe riunire alcuni partiti della sinistra moderata in Italia, per creare un partito simile ed esserne il capo. A Veltroni non viene rimproverato di essere stato un ‘comunista duro’, come membro del vecchio Pci, come invece il presidente della Repubblica Napolitano e il ministro degli Esteri D’Alema, i quali si devono invece difendere da molte polemiche”. Insomma il FAZ aveva capito tutto, anche se non ci voleva molto, ma i giornali italiani tenevano tutto sotto silenzio, anzi rilanciavano le dichiarazioni di Veltroni sulla sua intenzione di andare in Africa alla fine del suo secondo mandato.
Passa un altro anno e si arriva al giugno di quest’anno, quando sta per esserci l’avvento della “Nuova stagione”. L’annuncio della candidatura a segretario del Partito democratico veniva commentata da molti giornali stranieri. “Il sindaco di Roma è l’ultima spiaggia della sinistra italiana” era il titolo del quotidiano francese Liberation che, in un pezzo del corrispondente Eric Jozsef, sottolineava come Veltroni avesse abbandonato i suoi propositi di ritiro in Africa “per gettarsi nella giungla della politica italiana. Identificato come il salvatore di una sinistra in decadimento. Veltroni ieri sera si è dichiarato a Torino disponibile a candidarsi alla direzione del Partito Democratico”. Libé concludeva dicendo che Veltroni ha “il talento di anestetizzare i suoi avversari (…) al punto che il termine buonista gli si è incollato addosso. I suoi critici gli rimproverano in particolare di non sporcarsi le mani nella politica”. El Pais, in linea con il suo cugino italiano Repubblica (l’editoriale L’Espresso-La Repubblica è proprietaria di una parte del pacchetto azionario del giornale spagnolo) titolava invece “Il sindaco di Roma si candida a rinnovare la sinistra italiana”. Non mancava però qualche frecciatina a commento del suo discorso d’investitura al Lingotto: “il sindaco di Roma ha annunciato ieri la sua candidatura alla direzione di un partito che non esiste. Veltroni ha pronunciato un discorso frutto di una combinazione della retorica vaga tipica dei politici e di un rigido disegno programmatico”. Ma la vera sferzata all’immagine linda e pinta del Sindaco-Segretario arrivava dal quotidiano inglese The Independent in un articolo di Eric Popham dal titolo “La dolce vita rivisitata: il nuovo imperatore di Roma” (già pubblicato da L’Occidentale) si ricapitolavano le critiche raccolte da Veltroni nell’esercizio del suo incarico di sindaco. Si domandava il quotidiano inglese “se l’epopea di Walter Vetroni a Roma consiste nel più radicato e drammatico degrado urbano, su quali basi è stato salutato ieri a Torino e dai media italiani di ogni parte politica durante tutta questa settimana, come il possibile redentore della nazione?” Ecco la risposta che si dava Popham: “Walter Veltroni è il simpaticone italiano, è stato carino con tutti e ora sta raccogliendo i frutti di questo suo atteggiamento. É stato educato e accomodante anche nei confronti della destra. Le conquiste di Veltroni, per farla breve, si possono elencare in quella specialità tutta italiana conosciuta come il “fare bella figura”. Ha fatto in modo che Roma sembrasse bellissima in televisione. Ma non fate domande imbarazzanti riguardo alla sostanza. E state attenti alle buche”. Sull’articolo dell’Indipendent neanche a dirlo la grande stampa ha taciuto, relegandolo al massimo nelle brevi. Ma se si fosse parlato di Berlusconi sarebbe stato lo stesso? Chissà?
Per arrivare a tempi più recenti nelle ultime settimane sono usciti ben tre articoli non molto lusinghieri per il Sindaco-Segretario-Scrittore. In tutti e tre i casi il silenzio dei media, tranne Il Giornale e Liberomercato senza troppo clamore, è stato imbarazzante, soprattutto per chi li dirige. Il 9 ottobre scorso The Guardian dedicava una pagina a uno scandalo denunciato dalla società di trasporti inglese Terravision, nota a chi si serve dei voli low cost di Ryanair. Titolo: Una società inglese presenta denuncia contro un cartello italiano. I fatti: il 9 Novembre 2005 l’AGCM, (Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato – il cosiddetto Antitrust), apre un’inchiesta per violazione del Trattato CE sulla concorrenza. L’inchiesta riguarda la gara d’appalto indetta dal Comune di Roma per il trasporto locale ed extraurbano di cui non si occupa l’ATAC. Un bando di gara molto particolare: non si era ammessi se non in possesso di due autorimesse di almeno 15.000 mq l’una, che potessero ciascuna contenere almeno 100 autobus contemporaneamente. Era impossibile per chiunque partecipare, tranne per chi doveva vincere e ha vinto: la SITA. L’inchiesta pare abbia scoperchiato un cartello molto più vasto, che va ben al di là di questa gara e coinvolgerebbe municipalizzate di 18 diverse amministrazioni locali.
L’indagine, ha raccontato il Guardian, è nata da un ricorso della Terravision. Il fondatore di Terravision, Fabio Petroni, nel 2002 fu licenziato in tronco da Veltroni dalla carica di presidente di Trambus con un’accusa infamante: aver rubato 45.000 euro. Il procedimento giudiziario, non ancora concluso, pare abbia ricostruito come quei soldi siano stati spesi regolarmente per attività aziendali, avanzerebbero solo 148euro. Insomma Petroni si sarebbe perso una fattura! Chiunque capirebbe che l’accusa era del tutto strumentale.
Una settimana dopo a commento dell’avvenuta elezione a segretario del Partito democratico arriva un’altra bordata, stavolta dall’Economist. “Il candidato del compromesso”, questo il titolo scelto per l’articolo. Il settimanale inglese, già distintosi per gli sferzanti giudizi su Berlusconi unfit a governare l’Italia, non è tenero con il Sindaco-Segretario: “Il cinquantaduenne sindaco di Roma ha molte qualità ma le tenaci convinzioni non sono tra queste. Un volto giovane in un paese di leader anziani… tuttavia è stato al centro della macchina politica italiana per più di 30 anni. Veltroni ha una sensibilità verso i media superiore agli altri politici italiani ma, proprio per questo, sacrifica i contenuti all’immagine. Pochi possono discutere il fatto che la leadership di Veltroni sia da sempre stata caratterizzata dalla conciliazione, dal compromesso e dalla vecchia abitudine italiana di non scontentare nessuno”. Insomma il nuovo corso decisionista nella perfida Albione non se lo sono bevuto. Anche in questo caso niente titoloni a nove colonne ai quali eravamo abituati durante l’era del Berlusca, ma nenache un taglio basso in cronaca.
E infine l’ultimo articolo, Roma: Le meraviglie e le minacce, uscito sulla prestigiosa New York Review of books a firma di Ingrid D. Rowland. In modo asciutto e semplice la Rowland ha così demolito il “Modello Roma”:
“E’ triste constatare che la Roma del 2007 è un posto meno sicuro e meno piacevole da vivere e visitare di quanto lo fosse cinque o sei anni fa. Gli edifici ripuliti per il Giubileo del 2000 stanno di nuovo ingrigendosi per l’aria inquinata della città, sporcata da nuove legioni di SUV e dai bus turistici giganteschi che il Sindaco precedente, Francesco Rutelli, aveva confinato alla periferia della città. Roma è ora nelle mani di un Sindaco la cui vocazione è altrove. Volenteroso e pronto a dare spettacolo, Walter Veltroni crea Festival del Cinema e le Notti Bianche, accompagna studenti in Ruanda, Malawi e ad Auschwitz, si fa vedere con Bob Geldof, Leonardo Di Caprio, Rigoberta Menchu etc. al Campidoglio. Come sempre più i romani si rendono conto, il Terzo Mondo può essere trovato sotto i piedi del Sindaco, nelle sporche strade di Roma piene di buche, fra i giovani senegalesi che vendono borse firmate e false, fra i cuochi egiziani la cui abilità con la pasta e la pizza tiene in piedi un numero sempre maggiore di ristoranti romani.
La maggior parte degli stranieri sono stati assorbiti abbastanza rapidamente a Roma, ma un numero sempre crescente sta faticando a integrarsi. Per aiutarli servirebbe un Sindaco con la vocazione e l’umiltà di fare quanto non fa notizia ma è comunque essenziale: pavimentazione, sorveglianza, pulizie, riparazioni”. Non aggiungiamo altro. Come sa chi segue la nostra inchiesta, queste parole avremmo potuto scriverle noi. Purtroppo anche in questo caso gli italiani non devono sapere…