Veltroni fa i funerali all’Unione e il Cav. ritrova i suoi alleati
07 Febbraio 2008
Il Partito Democratico andrà da solo. Parola di Romano Prodi. A sinistra sembra ormai prendere sempre più forma lo schema politico con cui il centrosinistra dovrebbe andare alle urne. Da un lato la Sinistra e l’Arcobaleno, dall’altro il Pd. Distinti. E così dopo aver seppellito politicamente il professore, Walter Veltroni si appresta adesso a celebrare il funerale anche all’Unione. Ed il caso ha voluto che proprio l’ex premier abbia dato l’annuncio che “il nodo delle alleanze è stato sciolto. Il Pd andrà da solo”. Nessun accordo elettorale con la sinistra radicale. Una scelta che per Fioroni è “una carta vincente”, e per Follini “una regola che non dovrebbe prevedere eccezioni”.
La decisione è giunta alla fine di un lungo vertice di oltre tre ore dove i dirigenti democratici si sono confrontati sul da farsi. Sul tavolo i disperati appelli all’unità della sinistra radicale ed alla ricerca di un accordo almeno tecnico per andare alle elezioni. Questa speranza era balenata proprio in mattinata quando dai microfoni di Radio24 Anna Finocchiaro aveva parlato di “desistenze unilaterali della sinistra” al Senato come di “ipotesi percorribile”. Ma la speranza è durata l’arco di mezza giornata. A sera la scelta del Pd: lista da soli con il nome di Veltroni nel simbolo. Ma per il sindaco di Roma non è stata una passeggiata anzi. Se il suo vice, Dario Franceschini, racconta di “una bella discussione, con la condivisione totale e unanime”, la realtà dipinge invece un quadro meno idilliaco.
A storcere il naso di fronte alla politica “isolazionista” di Veltroni sono stati in particolare i “popolari” poco convinti di andare da soli. La conferma è venuta proprio da Franco Marini che uscendo dal vertice, prima degli altri, ha lasciato ai giornalisti un commento alquanto sibillino: “Sono spaesato. Dopo tanto tempo torno ad una riunione di partito… faccio fatica a comprendere”. Appunto fatica a comprendere. Un messaggio non troppo velato ed indirizzato ai vertici riuniti. Così l’incontro di domani tra Sinistra Arcobaleno e Pd perde consistenza limitando ad un semplice saluto tra vecchi amici. Un duro colpo per la sinistra radicale e soprattutto per chi come Pdci, Verdi e Sd cercavano di ostacolare l’ipotesi di una candidatura a premier di Bertinotti. Infatti da giorni è in atto una sottile guerra per impedire che l’ex presidente della Camera si intesti la paternità del progetto. Battaglia che ora, dopo lo sfilamento del Pd, diventerà più dura da portare avanti. Conferme di questa agitazione anche oggi con l’uscita di Fabio Mussi che ha ammonito i compagni di partito sul fatto che l’inserimento del nome di Bertinotti nel simbolo della “Cosa rossa” sarebbe “una deriva presidenzialista”. Attacco che Bertinotti stesso ha parato dichiarandosi “d’accordo con Mussi”. Fibrillazioni che però confermano l’esistenza di uno stato di tensione nello schieramento.
Spostandosi verso il centro Baccini e Tabacci stanno iniziando a serrare i ranghi della loro formazione politica. La “Rosa Bianca”, ribadisce l’ex ministro berlusconiano, “correrà da sola per scardinare un bipolarismo muscolare che tanto male ha fatto al nostro Paese”. In effetti da quelle parti un certo strabismo sta iniziando a farsi largo e tende verso il Pd. Un sintomo legato al timore di non raggiungere la quota del 4 per cento che fuori dalle coalizioni impedisce qualsiasi avventura solitaria. In queste ore, infatti, Pezzotta, Baccini e Tabacci stanno valutando con sondaggi alla mano il peso della loro formazione. E dai primi riscontri i risultati non sarebbero molto esaltanti, per questo si starebbe sondando il terreno per un accordo con il Pd. Accordo che probabilmente dovrebbe debuttare a Roma, dove Francesco Rutelli ha rotto gli indugi decidendo di candidarsi come successore di Veltroni.
Nel centrodestra, invece, in queste ore si è alle prese con la composizione delle forze della nuova CdL. Messa da parte la tentazione di andare da soli, che forse per la verità non era mai stata coltivata, Forza Italia sta cercando di ricomporre il delicato puzzle del centrodestra. A creare le maggiori difficoltà è l’innesto dell’Udeur. Ne hanno parlato questa mattina Silvio Berlusconi e Clemente Mastella in una riunione a Palazzo Grazioli anche se nessuna decisione definitiva è stata presa. Le ipotesi in campo sono diverse. Una di queste porterebbe ad ospitare nelle liste azzurre alcuni esponenti uderrini, in tutto dieci, oltre alla presentazione di una lista autonoma del Campanile che affiancherebbe quelle storiche della CdL. Ma questa è solo una delle ipotesi sul campo l’altra porta direttamente a via dei Due Macelli. Con Casini il leader di Ceppaloni ha avuto ieri un incontro alla Camera e si è sentito anche in giornata. L’idea su cui si sta lavorando è quella di presentare una lista comune. Un’ipotesi molto caldeggiata dalle parti dell’Udc che in questo momento è in grossa crisi di consensi oltre che di esponenti. Dopo Giovanardi e la coppia Tabacci e Baccini i boatos parlano di ulteriori possibili abbandoni come di Cuffaro e di Bonsignore attratti dai lidi forzisti. Perdite che porterebbero il partito in rosso di consensi. Per questo l’abbraccio con Mastella rappresenterebbe più di una salvezza per Casini.
Per gli altri centristi di Rotondi invece le porte di Fi sono già aperte. Ma i movimenti si registrano anche sul fronte An. Gianfranco Fini lancia per le elezioni l’idea di una “coalizione il più semplice possibile” convinto che “una coalizione larga non corrisponde più alla necessità strategica della società italiana”. E proprio ad una semplificazione starebbero lavorando sherpa di An e di Forza Italia. Sul tappeto ci sarebbe la possibilità di realizzare una lista unitaria tra i due partiti. Un listone in cui potrebbero confluire sia gli esponenti azzurri che quelli aennini. In effetti l’idea c’è ma più complesso è valutarne la fattibilità. Il timore è soprattutto in An dove si teme che una tale operazione possa spostare consensi verso Storace. In ballo, dicono a via della Scrofa, c’è l’identità ed i valori del partito. Per questo se si dovrà fare una tale operazione bisognerà farla con molta cautela. Ma ipotesi di unione o meno quello che è certo è che il centrodestra alle elezioni non si presenterà con più di cinque partiti. E se le fusioni andassero a buon fine le formazioni politiche potrebbero essere solo tre: Lega, Fi-An e Udc-Udeur. Una bella sfida per Veltroni ed il suo Pd.