Veltroni sfida il Pd e apre al dialogo col Cavaliere

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Veltroni sfida il Pd e apre al dialogo col Cavaliere

Veltroni sfida il Pd e apre al dialogo col Cavaliere

14 Maggio 2008

Walter
Veltroni tiene il punto. E di fronte all’ “apertura delle aperture”, ovvero al
tentativo di Silvio Berlusconi di parlare non più solo alla propria maggioranza
ma all’intero Parlamento, accetta di andare a vedere le carte del presidente
del Consiglio. Un rischio politico forte, vista l’aria che tira dentro il suo
Partito Democratico dove il sospetto, l’apprensione e la diffidenza vengono
declinati ufficialmente e ufficiosamente in ogni occasione utile. Ma l’ex
sindaco di Roma sceglie la via più difficile ed evita di rifugiarsi nel comodo
pertugio di un antiberlusconismo fine a se stesso, quello sì capace di regalare
certezze e  facili applausi ma anche
di assicurare ingovernabilità e successive batoste elettorali.

L’atteggiamento
del leader del Pd è naturalmente cauto e infarcito di promesse e di accenni
minacciosi. Veltroni rivendica innanzitutto il ruolo del suo partito nella «non
demonizzazione dell’avversario» e nel superamento della frammentazione
politica. Non manca di rivolgere la sua critica al Cavaliere, che ha «una parte
importante rispetto a ciò che è avvenuto o non è avvenuto in questo Paese»
negli ultimi quindici anni. Veltroni, poi, mette in guardia la maggioranza:
«Più che i numeri, conta il disegno politico». E nel discorso del presidente del Consiglio,
«manca un disegno alto e forte per il cambiamento del Paese. Non pensiate di
avere il Paese in mano». Poi, però, scatta l’apertura: «L’Italia deve cambiare
pagina e ciascuno deve dare il suo contributo: raccolgo il suo invito e vorrei che
si partisse subito con le misure per rendere più efficiente la macchina dello
Stato, la riduzione del numero dei parlamentari, la riduzione dei costi della
politica, l’autonomia e la libertà di informazione, a partire dall’indipendenza
della Rai. Qui vedremo subito se il dialogo è vero» «Conoscerà – assicura
Veltroni – l’opposizione di una forza democratica alternativa, seria e
responsabile, che avrà nel governo ombra l’opposizione democratica di un Paese
unito, come invita a fare il presidente Napolitano. Voteremo contro il suo
governo, ma convergeremo per gli interessi del Paese e per questo voteremo sui
provvedimenti giusti che faranno il bene dell’Italia. Non mostreremo i muscoli,
ma l’intelligenza e il senso di responsabilità di una forza alternativa e di
apertura».

Il segnale di un cambio di marcia dentro l’aula di Montecitorio – che sia
duraturo o momentaneo si vedrà – lo dimostra un’immagine plastica. Appena
prende la parola Veltroni, Silvio Berlusconi si gira dalla sua parte, si
posiziona in una scomoda seduta di traverso rispetto a quella della poltroncina
e guarda fisso in direzione del leader del Pd, per tutta la durata del suo
intervento. Gesto non solo di buona educazione, ma di attenzione politica
e anche personale alle parole dell’opposizione, oltreché governo ombra, secondo
lo stile anglosassone.

Naturalmente
in questo quadro c’è una nota dissonante: quella intonata da Antonio Di Pietro
che identifica il Cavaliere come una sorta di inaffidabile pifferaio magico. «C’era
anche il Pd in aula? Non me ne sono accorto. Ho dovuto girarmi più volte per
capire chi era Cicchitto e chi Veltroni». A proposito dell’opposizione
annunciata da Veltroni, Di Pietro spiega: «Ormai c’è una sola opposizione,
perché anche l’Udc ha detto che voterà i provvedimenti del governo. Per noi il
Parlamento sarà il luogo in cui far rispettare la verità dei fatti. Berlusconi
rivolge la sua captatio benevolentiae a 360 gradi, e può farlo grazie ai media
grazie ai quali vuole instaurare una dittatura dolce». Ma non c’è il rischio
che l’Italia dei Valori diventi la nuova Cosa rossa del Parlamento? «Per niente
– risponde Di Pietro – perché noi non siamo il partito del no. Siamo il partito
del fare, un partito post-ideologico che voterà i provvedimenti che ritiene giusti
per il paese».

Il tentativo di intestarsi il ruolo dell’opposizione old style
è scoperto e manifesto. Un riflesso condizionato forse inevitabile che rischia
di produrre un effetto di logoramento sul tentativo di aprire una nuova
stagione e promuovere un’ “opposizione ragionevole”. Quel che è certo è che il
Pd, per non tagliare subito il filo del dialogo mette già sul piatto una
rivendicazione forte.  «Ha fatto bene
Veltroni, durante il suo intervento sul voto di fiducia al nuovo governo, a
ricordare che un dialogo con l’opposizione non può prescindere da un confronto
serrato anche sulle regole di nomina del Cda della Rai” dice Giovanna Melandri,
candidata alla presidenza della Vigilanza sul servizio pubblico
radiotelevisivo. “E’ questo il primo vero banco di prova di un’ autentica
volontà di apertura alle riforme condivise”.