Vendola l’equilibrista: “con gli studenti ribelli ma contro la violenza”
17 Dicembre 2010
L’intervista rilasciata ieri dal Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al quotidiano Repubblica sui fatti di Roma di martedì scorso merita di essere contestata dalla prima all’ultima parola. E’ un condensato del lessico vendoliano, con il suo cerchiobottismo, il luogocomunismo, il giovanilismo, la sottovalutazione dei problemi reali e delle strategie messe in atto dal governo per risolverli, le strizzatine d’occhio all’antipolitica, la rimozione delle colpe della sinistra e il solito antiberlusconismo. Crediamo, forse ingenuamente, che Vendola possa essere una risorsa per la sinistra italiana, ma di questo passo non andrà lontano. Riportiamo in corsivo alcuni estratti dell’intervista e in tondo il nostro commento.
Vedo i miei cinque nipoti, i tanti ragazzi, la domanda sparpagliata, carsica, di dignità della vita e di cambiamento. Il vocabolario vendoliano è ricco, familiare, evocativo come al solito, ma non riusciamo a capire cosa ci sia di degno nello spaccare e bruciare tutto, quale “cambiamento” potrebbe venire da quelli che il filosofo Hans Magnus Enzensberger ha definito “perdenti radicali”.
Saviano propone un dialogo con un movimento nascente e adolescenziale che è una immensa speranza in un Paese in cui gli adulti hanno adulterato anche la speranza. Vendola sa che i giovani sono il pezzo di elettorato dove può trovare più facilmente consenso, ma il ricorso al giovanilismo, alla polarità fra bravi ragazzi e adulti corrotti è una semplificazione romantica: gioventù fa rima con rivoluzione, peccato che quando, diventati grandi, si va al potere, si resta anche attaccati alla poltrona (il Sessantotto docet). D’altra parte, come ha scritto Giovanni Sartori sul Corriere della Sera, “Sì, i giovani di oggi avranno vita dura. Ma fu dura anche la vita dei giovani che si trovarono, dopo la fine dell’ultima guerra, con un Paese distrutto e un avvenire che sembrava senza avvenire. Noi, i giovani di allora, ce la siamo cavata. Ma i giovani di oggi che si battono contro la riforma universitaria della Gelmini si battono a proprio danno e per il proprio male”.
Vendola dice di voler lasciar perdere i servizi segreti, i poliziotti e gli infiltrati black bloc, ma nella lettera di Saviano tutto questo ambaradan viene ingigantito evocando addirittura una nuova strategia della tensione. Ha commentato Stefano Cappellini in un bell’editoriale apparso sul Riformista di oggi: “Un professionista della parola come Saviano dovrebbe stare più attento a ciò che dice e scrive. In Italia la ‘strategia della tensione’ c’è stata. Ha significato bombe, stragi, depistaggi, collusioni fra pezzi di stato e criminalità organizzata. E’ stata una tragedia nazionale. Evocarla a proposito dei fatti del 14 dicembre è ridicolo e serve solo ad alimentare una distorta visione dietrologica offrendola in pasto a un pezzo di opinione pubblica – i ragazzi delusi, non a torto, dalla politica e dalla sinistra ‘ufficiale’ – in cui già da anni spacciatori a tempo pieno di Complotti e Inciuci producono danni pesanti”.
Evocare lo spettro degli infiltrati, come ha fatto il capogruppo al Senato del Pd, Angela Finocchiaro, quando poi si scopre che “l’infiltrato” per antonomasia era un ragazzino di un liceo bene della Capitale, figlio di un brigatista rosso, vuol dire cedere alla retorica del complotto ed abdicare totalmente, da sinistra, a quella idea di ‘cambiare’ le forze dell’ordine che fu un vecchio obiettivo del più serio PCI.
C’è un dato inedito nella condizione giovanile ed è la spoliazione del futuro. In Italia i giovani sono la generazione del “lavoro mai”, come per i condannati all’ergastolo, per sempre precari. La “precarietà”, che in realtà vuol dire flessibilità, mobilità, opportunità, per chi non si accontenta, per chi ha voglia di muoversi e rischiare, per Vendola continua ad essere una parolaccia. Ma dovrebbe chiedersi a quale futuro aspirano tutti quei giovani che, nella sua Puglia, hanno come più alta ambizione quella di un concorso pubblico che li metta al riparo dalle intemperie del mercato (e che quando vedono il loro sogno messo in pericolo, com’è accaduto di recente, reagiscono contestando anche il loro mite benefattore). Il mondo del lavoro è cambiato, e fino a quando la sinistra non se ne renderà pienamente conto, il “lavoro mai” continuerà ad essere tale.
Ragazzi che vivono in scuole e università dequalificate; assuefatti a immagini di morte, dalla macchia di petrolio nel Golfo del Messico al plastico del Garage di Avetrana in uno studio tv. Il luogocomunismo, il passare di palo in frasca gettando nella sua oratoria British Petroleum e Sarah Scazzi, e perché no, gli studenti in rivolta, è un altro dei fastidiosi atteggiamenti di Nichi: non è chiaro che legame possa esserci fra quelle immagini mortuarie e il movimento anti-Gelmini, eppure Vendola non aggiunge altro per spiegarcelo.
Sto con questa generazione. Sempre contro la violenza, sempre con i giovani che si ribellano. Un colpo al cerchio, uno alla botte. Da questo punto di vista Vendola è un maestro assoluto dei rovesciamenti: i giovani fanno bene a ribellarsi, ma la guerriglia è un vicolo cieco.
La politica deve dare risposte a questo passaggio d’epoca, riconnettere la domanda di vita e di libertà. Ancora quel lessico tanto pieno e roboante da apparire poetico, se non fosse che tra le belle parole e la realtà c’è una evidente disconnessione pratica.
Un lavoratore deve arrampicarsi sulla gru per far vedere la sua disperazione e le sue ragioni. C’è una società alla deriva, il nuovo nome della questione sociale è molto antico ed è povertà. Qui Vendola sottovaluta coscientemente ciò che il governo italiano ha fatto negli ultimi tempi per tenere a bada la crisi e il conflitto sociale, mentre in altri Paesi, dalla Grecia all’Irlanda, ai lavoratori non viene offerta altra soluzione che non sia il licenziamento. In Italia abbiamo cercato di tutelare il mondo del lavoro, anche a discapito o contenendo la crescita industriale ed economica. L’uso della cassa integrazione è uno di quegli interventi utili a contenere il disagio sociale, nonostante i cassaintegrati, i “garantiti” (usiamo le virgolette perché sappiamo che non è una condizione augurabile), siano sempre i soliti noti, mentre la galassia dei nuovi lavori, tanto cara al governatore pugliese, di ammortizzatori sociali non ne vedono neanche l’ombra.
La fanghiglia e il teppismo che abbiamo visto nelle aule parlamentari durante il voto sulla fiducia a Berlusconi impediscono alla politica di fare prediche. Una reazione antipolitica ad un parlamento sfiduciato nelle sue prerogative da un presidente della Camera che ha scatenato per mesi una guerriglia personale contro il premier… Ma si sa che a sinistra Fini non si tocca.
Anche lo stadio è un surrogato di ciò che è venuto meno: la scuola, la famiglia, la politica, i partiti, tutto è venuto meno. Restano la tv e lo stadio. Vendola dovrebbe fare più autocritica su chi effettivamente ha contribuito, dalla fine degli anni sessanta ad oggi, a svuotare di senso e indebolire istituti come la scuola o la famiglia…
La stragrande maggioranza dei giovani che protestano sono più studiosi di come è stata la Gelmini e sono pacifici. Potrebbe anche darsi che sono studiosi. Ma se vi risentite la (brutta) puntata di Anno Zero di ieri sera, fra i giovani "gruppettari" ospiti di Michele Santoro non ce n’è stato uno, ma neppure uno, che ha denunciato senza peli sulla lingua la violenza dei loro coetanei. E qualcosa, caro Vendola, vorrà pur dire.