Vendola, l’eterno incolpevole
23 Luglio 2012
Su Nichi Vendola, oggi potente governatore di Puglia, nessuno avrebbe scommesso un soldo. Le premesse esistenziali erano contro di lui. Da ragazzetto si sentiva gay ma i baldi contadinotti di Terlizzi ( Bari), in cui era nato e viveva, erano machisti al cubo e se lo avessero sospettato gli avrebbero rotto le ossa.Di qui,silenzi e timori. In famiglia, inoltre, fu allevato nel culto del comunismo, una cosa antimoderna che era d’ostacolo a chi voleva fare una bella carriera.
Il piccolo Nicola fu chiamato Niki in omaggio a Nikita Kruscev, ingentilito in Nichi per non farlo sentire fuori posto a scuola e all’oratorio. Sì, perché l’altra influenza fondamentale del vendolino fanciullo furono i preti. Possiamo dunque immaginare la sua vita: scuola, Casa del popolo, parrocchia e lunghe passeggiate solitarie rimuginando sulla sua inclinazione proibita. Insomma, un’adolescenza leopardiana che preannunciava un futuro da impiegatuccio.
Quale contrasto tra quell’ingannevole presagio e l’attuale gloria di Nichi! Governatore per la seconda volta, Vendola è il rais della Regione, a capo di un sistema di potere tra i più capillari. Ha inoltre una ribalta nazionale come presidente del partito fabbricato a sua immagine: il Sel, acronimo di Sinistra Ecologia Libertà. Infine, ma più indicativo di tutto, Vendola è al vertice di una struttura che ha come unico referente se stesso: «La Fabbrica di Nichi», una milizia personale costituita da migliaia di volontari.
È distribuita in 604 unità sparse per il mondo. Sono spazi fisici -locali,case, sale – e virtuali (siti internet) da cui i miliziani divulgano il verbo vendoliano – cioè il nulla – con passione e competenza. Basta consultare internet per vederne la dislocazione sull’orbe terracqueo, dall’Oceania alle Americhe. Poiché Nichi definisce La Fabbrica «cantiere per un’Italia migliore» potete farvi un’idea del suo narcisismo.
Prima delle vette attuali, Vendola era un peone di Montecitorio. Dopo una gioventù nel Pci, arrabbiato perché aveva cambiato nome e ripudiato falce e martello, entrò nella cerchia di Rifondazione di Fausto Bertinotti e, nel 1992, alla Camera. Dopo quattro legislature, era essenzialmente noto per portare un grazioso anellino all’orecchio, parlare come se avesse una zeppola tra i denti e improvvisare torrentizi discorsi sulle lotte contadine nel Tavoliere e sul rischio estinzione dei tucani.
È con la candidatura a governatore che Nichi ha dimostrato all’inclito e al volgo di godere di una popolarità personale che gli ha permesso di dettare lui le condizioni al Pd, di avere una barca di elettori, valere da solo quanto un partito e suscitare amori alla Berlusconi. «Tra me e i pugliesi -dice Nichi – c’è un rapporto prepolitico. Nonne e madri mi fermano. I bambini mi mandano lettere con consigli».
Al pollice porta una vera (troppo larga per l’anulare) regalo di un pescatore il giorno in cui fu eletto governatore. «Avevo giurato che se vincevi ti davo la cosa più cara: la fede di mia madre», gli disse il vecchio. «Simboleggia il mio matrimonio col popolo», dice Nichi estatico, senza minimamente percepire quanto grondi retorica peronista.
Dopo otto anni di governo, la macchia più nota del vendolismo in Puglia è lo scandalo ospedaliero. Le solite cose: mazzette, sprechi, raccomandazioni, escort. La magistratura incriminò prima l’assessore Pd alla Sanità, Nicola Tedesco, poi il vice di Nichi, il dalemiano, Sandro Frisullo. In un pugno di giorni fu la catastrofe. Tedesco disse che Vendola sapeva e aveva avallato.
Nichi, invece, voltò le spalle a tutti e disse di sé: «Io non sarò mai indagato perché mi conosco bene». Si percepisce, infatti, come l’incolpevole per antonomasia. Lui fa politica per spirito di servizio, in favore del popolo, in nome della legge, per il progresso del mondo e il trionfo dei buoni sentimenti. Non lo sfiora l’idea che, da capo della Giunta, la responsabilità politica sia sua.
È andata a finire che quest’anno a Nichi sono arrivati due avvisi di garanzia. Uno per peculato e falso a proposito di una transazione di 45 milioni. Un altro per abuso di ufficio: avrebbe favorito un medico amico in un concorso per primario ospedaliero. Il pm che indaga, Desirèe Degeronimo, che Nichi detesta, convocata in Senato per parlare della situazione pugliese, ha detto senza peli sulla lingua: «Con Vendola al potere, nella Regione non c’è più spazio per la legalità». Un epitaffio al vetriolo.
Tralascio i dobloni che finiscono nelle tasche della casta pugliese. Nichi porta a casa 14.595 euro, il doppio dei governatori dell’Emilia o Toscana. Incamera inoltre un assegno di 2.282 euro per «mantenere i rapporti con gli elettori». Idem, i 70 consiglieri regionali. Un altro capitolo sono i rifiuti. Nichi è un ecologista fanatico. Niente termovalorizzatori, nessuna nuova discarica, smaltimento «naturale».
Conclusione: la Puglia è una pattumiera a cielo aperto. Secondo Legambiente, il sessanta per cento delle cavità naturali (le celebri grotte pugliesi) è ricettacolo di rifiuti: auto, rottami, inquinanti. Quest’anno è però successo qualcosa che gli va riconosciuto. Accerchiato dai liquami, Nichi ha preso atto della realtà e dato il benestare per aprire un inceneritore a Conversano. E ora, l’ecologismo che ha sempre cavalcato, gli si è rivoltato contro. Un gesto illuminato il suo.
I Vendola non navigavano nell’oro. Il babbo era impiegato delle Poste, con moglie e quattro figli a carico. Già sappiamo che era comunista, ma ai tempi di Mussolini era stato fascista. La famiglia era anche praticante. La sera, quando il babbo andava a rimboccargli le coperte, chiedeva al figlio: «Hai detto le preghiere?». Il governatore ha tuttora la Bibbia sul comodino.
Nichi fece outing a vent’anni nel 1978.I primi cui confessò l’inclinazione, furono i genitori. Li annichilì. «Dichiararmi gay – ha raccontato- fu per me un massacro. All’epoca, molti pensavano che per i gay bisognasse chiamare il medico». Ma, ha aggiunto, intenerito di sé, «non so mentire. Avevo scoperto l’amore e viverlo come una colpa mi sembrava una bestemmia contro Dio».
Non è chiaro come la prese il padre. Nichi ha spesso sostenuto che capì e gli volle più bene di prima. Ma in un’intervista del 1986, la prima sul tema, fece ammissioni agghiaccianti. «Mio padre- rivelò – uomo magnifico, dolce, andava a fare spedizioni per picchiare i " froci". Una volta mi ha detto: se ti ammazzassi, noi tutti potremmo riacquistare una dignità. Per lui gli omosessuali erano solo turpi individui che adescavano i bambini nei giardinetti».
Da otto anni, Nichi, 54 anni, vive more uxorio con Eddy Testa, 34, italo-canadese. Ed, che lavora nella Fabbrica di Nichi, è definito un «creativo», cioè artista eclettico. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, il giovane regalò al compagno un orecchino di brillanti da alternare al solito cerchietto, portando una ventata di aria nuova nel look di Nichi, uomo di cui potremmo ancora parlare a lungo. Ma, per vostra fortuna, lo spazio è tiranno.
tratto da Il Giornale