Vendola scippa a Bersani l’anti-Moratti e nel Pd si riapre la resa dei conti

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Vendola scippa a Bersani l’anti-Moratti e nel Pd si riapre la resa dei conti

16 Novembre 2010

Se il futuro della politica italiana resta appeso alle fibrillazioni dei palazzi romani, Milano procede spedita verso le elezioni amministrative. Domenica si sono chiariti molti dubbi: il principale sfidante di Letizia Moratti – riconfermata da Silvio Berlusconi come candidata del Popolo della Libertà – sarà l’avvocato Giuliano Pisapia, che correrà per la poltrona di sindaco a nome di tutta la sinistra. A incoronarlo sono state le primarie, a cui hanno partecipato 67.500 milanesi (affluenza al di sotto delle aspettative): Pisapia esce vincitore con il 45.36% delle preferenze, contro il 40.16% del candidato ufficiale del Partito Democratico, l’architetto Stefano Boeri. Più staccati gli altri due contendenti: il presidente emerito della Consulta Valerio Onida (13.41%) e Michele Sacerdoti (1.7%).

“Quella di oggi è la vittoria della politica sull’antipolitica, del dialogo contro la divisione, della responsabilità partecipativa contro il disimpegno cinico ed egoistico”, ha dichiarato a caldo Pisapia, ma ora “è importante non disperdere queste energie e questa ricchezza costruendo tutti insieme un grande coalizione capace di parlare a tutti i cittadini, ai loro bisogni e alle loro straordinarie risorse civili”. Gli sconfitti si sono congratulati con l’avvocato, e hanno annunciano la propria disponibilità a collaborare: Boeri, in particolare, scrive sul suo sito web che “non appena ho appreso dell’esito delle primarie, ho telefonato a Giuliano Pisapia per fargli i complimenti e per mettermi a sua disposizione con entusiasmo per il prosieguo della campagna elettorale a Milano”.

Sarà dunque un giurista di fama, e non un architetto, a contendere alla Moratti la poltrona più importante di Palazzo Marino. Giuliano Pisapia, 61 anni, è uomo di grande esperienza: studente di giurisprudenza e scienze politiche, l’avvocato ha lavorato come educatore presso il carcere minorile Beccaria, è stato impiegato di banca e operaio presso un’industria chimica. A trent’anni inizia a esercitare come penalista: da Carlo Giuliani a leader del Pkk Ocalan, passando per il partigiano Germano Nicolini, non si contano i grandi processi (anche mediatici) in cui l’aspirante sindaco ha giocato un ruolo da protagonista. E con la visibilità arriva anche la politica: da segnalare l’esperienza da deputato indipendente di Rifondazione Comunista, a partire dal 1996.

Oggi, la sfida milanese. Come Pisapia sia finito a guidare il centrosinistra nella corsa a Palazzo Marino è una storia molto divertente, che l’avvocato racconta a Sandro Fusina del “Foglio”: “Qualcuno gli ha fatto uno scherzo. A sua insaputa lo ha proposto come sindaco di Milano su Facebook o un’altra diavoleria del genere. Qualcun altro, conoscendo la sua estraneità al mezzo, si è sentito in dovere di avvisarlo non solo di quella stramba iniziativa di uno sconosciuto, ma anche del fatto che molti altri sconosciuti e qualche conoscente stavano rispondendo con entusiasmo all’iniziativa”. Il passaparola, si sa, può essere inarrestabile, ed ecco che Pisapia cede al richiamo del popolo e si candida: per il centrosinistra, ovviamente, e contro il candidato ufficiale del Partito Democratico.

Il resto della storia, culminata con la vittoria di domenica, è fatto di un progetto per Milano più ampio e convincente di quelli dei suoi sfidanti. Ma se è vero che i programmi contano fino a un certo punto, le ragioni del successo vanno cercate anche altrove: prima di tutto nella macchina elettorale che è riuscito a mettere in piedi, forte di molti volontari che hanno lavorato senza sosta in tutta la città; in secondo luogo nel sostegno di Nichi Vendola, giunto a Milano per sostenere Pisapia davanti alla platea (stracolma) del teatro Dal Verme; e infine, ovviamente, nel prestigio del suo curriculum, che lo ha reso – anche per giornali vicini al Pd come “Il Riformista” – un candidato più forte di quanto non fosse l’architetto Stefano Boeri.

L’affermazione dell’avvocato, insomma, fa il paio con la sconfitta del Pd. Se Roberto Formigoni la mette sul ridere e spiega che “le primarie sono il metodo per individuare il candidato destinato alla sconfitta”, Gaetano Quagliariello (vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato) ne fa una questione di coerenza: “La vittoria di Pisapia a Milano non stupisce e, per chi ne è lealmente e sinceramente avversario, è anche una buona notizia”. Perché, continua Quagliariello, “di fronte all’opportunismo esasperato del Pd che pensa di potersi alleare con chiunque a prescindere da propensioni ideali e linee politiche”, trovare “dall’altra parte degli avversari che non fanno del calcolo e della convenienza l’unico metro di giudizio rappresenta comunque una sana novità”.

Che le primarie siano state un brutto colpo per il Pd emerge chiaramente nelle parole del segretario provinciale Roberto Cordelli: “Ci assumiamo la responsabilità politica – ha spiegato nel corso di una conferenza stampa – Ci siamo scontrati con alcuni pregiudizi e stravolgimenti del senso delle primarie, che ad un certo punto sono diventate un test pro o contro il Pd”. E il problema è proprio che gli elettori hanno parlato chiaro, scegliendo il candidato “contro” il Pd: “Io rimetto il mandato nelle mani dell’assemblea – ha continuato Cordelli – per una discussione aperta che consenta il rilancio del centrosinistra e la vittoria di Pisapia contro la Moratti”. Anche Pierfrancesco Majorino, capogruppo del Pd al consiglio comunale, ha rimesso il suo mandato.

Al di là delle beghe di partito, la vittoria di Pisapia apre uno spazio inedito al centro dello scacchiere. Il punto è che, rispetto a Boeri, l’avvocato rischia di essere percepito come un candidato poco moderato: è per questo che un eventuale candidato centrista, magari in rappresentanza di Udc e Futuro e Libertà, potrebbe dare del filo da torcere a Pdl e Pd. Sia chiaro: a meno di sorprese clamorose, al primo turno Letizia Moratti otterrebbe la maggioranza relativa dei voti. La musica, però, potrebbe cambiare al ballottaggio: se il serbatoio di voti di Pisapia convergesse sul candidato centrista, la rielezione della candidata del Pdl non sarebbe più così scontata. A determinare un simile scenario sarebbero due fattori: gli eventi politici nazionali e la personalità del “terzo incomodo”.

Se la prossima primavera la frattura tra Pdl e Futuro e Libertà risultasse insanabile, ecco che Milano diverrebbe un campo di prova per nuovi assetti politici. Difficile trovare un candidato che a nome di Fini e Casini attragga a sé gli scontenti dei due poli. Difficile ma non impossibile se è vero che da mesi, a Milano, non si parla che della possibile discesa in campo dell’ex-sindaco Gabriele Albertini. Lui non smentisce, anzi: alimenta le attese, in attesa di pronunciarsi definitivamente prima della fine dell’anno. Ad oggi, Albertini è l’unica personalità che potrebbe davvero rompere gli schemi della politica meneghina: sempre che i sostenitori di Pisapia dirottino i propri voti sull’ex-forzista. E sempre che la Moratti non riunisca in extremis le diverse anime moderate, nel nome della Città.