‘Venticinque per venticinque’: un’agenda per la crescita

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‘Venticinque per venticinque’: un’agenda per la crescita

18 Ottobre 2012

Molte sono le proposte per un nuovo governo. In tanti hanno messo assieme un’agenda di quello che un nuovo governo (di qualsiasi provenienza politica) dovrebbe fare per fare uscire l’Italia dalla crisi. La maggior parte di tali agende hanno chiaramente la corrente crisi in mente e si prefiggono in primo luogo di risolvere i problemi odierni; solo dopo ci si potrà dedicare ad una serie di politiche di crescita per il lungo termine. Nel firmamento delle proposte ed agende serie per la crescita includiamo quelle di Alesina e Giavazzi (http://www.corriere.it/editoriali/11_ottobre_24/giavazzi-alesina-dieci-proposte-per-una-scossa-italia_4ad8df9e-fe0a-11e0-bb8b-fd7e32debc75.shtml), e quelle del movimento Fermare il Declino (http://www.fermareildeclino.it/10proposte). Proposte valide, molte delle quali sottoscriveremmo senza troppi problemi.

Il problema di dette agende è duplice: primo è difficile capire in pieno quale sia l’obiettivo di fondo (oltre il superamento della crisi di questo inizio decennio); in secondo luogo, come si misura il successo? Come si fa a capire se siamo sulla traiettoria giusta per raggiungere tale obiettivo di lungo termine?

Per questo proponiamo una nuova agenda e un nuovo modo di misurare il successo, che chiamiamo ‘venticinque per venticinque’.

L’Italia, al momento, languisce nei bassifondi della maggior parte degli indici internazionali di competitività, libertà economica e prosperità: Index of Economic Freedom – Indice della Libertà Economica (http://www.heritage.org/index/default); Prosperity Index – Indice di Prosperità (http://www.prosperity.com); Competitiveness Index – Indice di Competitività (http://www.weforum.org/issues/global-competitiveness). Nell’Indice della Libertà Economica creato dalla Heritage Foundation e il Wall Street Journal, l’Italia è addirittura scesa al 92esimo posto – alla pari con Honduras e Gambia! Per un paese sviluppato e membro del G7 tale posizione è inaccettabile.

E’ vero che tali indici non rispecchiano tutte le qualità o i fattori che fanno l’Italia uno dei paesi più sviluppati e con un tenore di vita più alto rispetto alla maggioranza dei paesi mondiali. Ma danno un’indicazione chiara del ‘malessere’ del nostro paese. 

L’Italia si merita di più. Deve fare meglio e riallinearsi con gli altri paesi del G7. C’è inoltre sufficiente evidenza che paesi dove esiste maggiore libertà economica hanno un livello di ricchezza e prosperità maggiore.

La nostra agenda quindi si propone un obiettivo che dovrà guidare le politiche economiche del nostro paese e una misura per controllare il successo di tali politiche: l’Italia deve rientrare nei primi venticinque paesi dell’indice di libertà economica entro il 2025. Obiettivo ambizioso, ma abbiamo 13 anni per raggiungerlo. Ogni anno si può monitorare il progresso; il successo delle politiche governative si può dunque chiaramente vedere attraverso la nostra posizione nell’indice. Assumendo che si adotti il piano nel 2013, in dodici anni si deve migliorare di 67 posizioni, circa 5 o 6 all’anno.

Non c’è pericolo di ‘truffare’ visto che l’indice e’ fuori dal controllo di qualunque istituzione in Italia e viene prodotto da un ente terzo indipendente. L’indice è costruito sulla basi di taluni fattori:

Business Freedom – Libertà di commercio (abilità di aprire, operare e chiudere un’impresa)

Trade Freedom – Libero commercio

Monetary Freedom – Libertà monetaria

Government size – Spesa governativa

Fiscal freedom – Libertà fiscale

Property Rights – Protezione della proprietà private

Investment Freedom – Libertà di investimento

Financial Freedom – Libertà finanziaria

Freedom from Corruption – Libertà dalla corruzione :

Labor Freedom – Libertà del lavoro

E’ chiaro pertanto che per migliorare l’indice un governo dovrebbe lavorare su certe politiche. L’agenda di governo dovrebbe seguire politiche di base che si rifanno alle aree dell’indice. Per esempio, per l’area  libertà fiscale la politica potrebbe essere riduzione delle tasse ed il successo misurato in termine di progresso dopo 4 o 5 anni. Obiettivo finale: i ‘top’ 25.

Se qualcuno obietta l’uso dell’Indice di Libertà Economica ben vengano altre idee. L’indice di competitività o l’indice di prosperità sono altre opzioni. Il principio sarebbe lo stesso: definire una misura indipendente, un obiettivo, un periodo, ed una serie di aree di lavoro. Noi abbiamo scelto l’Indice di Libertà Economica come esempio e come guida. Si apra il dibattito su quale sia il migliore metro di giudizio.

L’idea è quella di rilanciare l’Italia in maniera seria con una programma di lungo termine : essere nei primi venticinque per il duemilaventicinque.