Verdini dà la linea ai centristi
20 Ottobre 2015
Ncd è in subbuglio. Le dimissioni di Quagliariello da coordinatore sono state il detonatore che ha acceso la miccia, nonostante Alfano abbia tentato di liquidarle con un semplice “Non trattengo nessuno”. Ma senza uno sforzo per trattenere su una linea chiara i suoi, l’esito è un magma bollente in cui ognuno propone una diversa soluzione, e il risultato è il tiro alla fune a cui assistiamo in questi giorni: chi tira a destra e chi a sinistra. Sì, perché il centro, con l’attuale riforma elettorale, non c’è, o perlomeno è uno spazio virtuale in cui non “c’entra” nessuno, e si rischia di rimanere sotto la soglia.
La riforma, almeno finché il premio rimane alla lista e non alla coalizione, è fatta per concentrare i voti sui grandi partiti e ridurre a voto inutile quello ai più piccoli, resi superflui e incollati al ruolo di cespugli. Eppure ancora si cerca di evitare una discussione che coinvolga non soltanto i parlamentari ma tutto l’Ncd. La stampa riporta dichiarazioni e svela retroscena più o meno credibili, ma nessuno sembra intenzionato a convocare un congresso, o perlomeno una direzione.
E allora bisogna basarsi sui retroscena. Che, con un po’ di malizia, spiegano come, visto che il partito scoppia e gli abbandoni sono imminenti, per mascherare il fallimento si cerchi febbrilmente di costruire un’altra aggregazione di centro, riunendo i frammenti sparsi e proponendo in modo chiaro l’alleanza a sinistra. E’ la linea Verdini: è stato lui il primo a lanciare l’idea di una lista “moderati per Renzi”, tagliando di netto il cordone ideale con la destra. L’intervista di Cicchitto all’Huffington Post fornisce a questo percorso motivazioni politiche e culturali serie: una per tutte, che Renzi avrebbe “ucciso i comunisti”.
Ma i problemi sono due: il primo, che i “comunisti” saranno stati forse “uccisi”, ma il Pd è vivo e vegeto, e mira, come abbiamo già scritto sull’Occidentale, a diventare un classico partito pigliatutto e a occupare ogni spazio di potere, trasformando l’Italia in una grande regione rossa di cui è impossibile cambiare il governo. Un partito pigliatutto, in un sistema bipolare in cui uno dei due poli praticamente non c’è più, è un rischio vero: se saremo schiacciati sulla scelta Grillo-Renzi, o anche Renzi-Salvini, per il nostro presidente del consiglio sarà una vera pacchia (del genere “ti piace vincere facile, eh?”), e torneremo a un sistema ingessato in cui il voto conservatore sarà confinato nel recinto della protesta, marginalizzando, o costringendo all’astensione, milioni di elettori.
Il secondo problema è che si fanno i conti senza l’oste: e l’oste è il consenso dei cittadini. Le aggregazioni di centro costruite nel palazzo, come operazioni di vertice, o, ad essere buoni, come operazioni a tavolino, non hanno mai avuto successo, né in Italia né all’estero. Sono state tentate mille volte, e mille volte hanno fallito. Perché votare una lista di moderati per Renzi? Se uno dei motivi della lista è che Renzi stesso è un moderato, anzi, è riuscito dove i moderati hanno fallito, e cioè ha ucciso i comunisti, perché non votare direttamente per il campione?
Verdini e Cicchitto hanno più appeal del presidente del consiglio, nei confronti dell’area moderata –ma schierata a sinistra- di questo paese? No: l’unico ruolo possibile e utile, per un piccolo partito che ancora si chiama Nuovo centrodestra, è agire come minoranza creativa per ricostruire il centrodestra, appunto: si tratta di fare da contrappeso a Salvini, di aggregare non i parlamentari di centro ma le forze sparse che nel paese esistono e non vogliono schiacciarsi a sinistra. Non si può consegnare a Renzi, chiavi in mano, la rappresentanza dell’area popolare, degli elettori liberali, cattolici, moderati. Qualcuno, almeno, non lo farà.