Verità per Regeni, quel mondo accademico che sa ma non parla

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Verità per Regeni, quel mondo accademico che sa ma non parla

04 Novembre 2017

Lo abbiamo scritto molto tempo fa che qualcosa non torna nel caso Regeni e che i governi italiani che hanno affrontato il caso lo hanno fatto commettendo degli errori grossolani. Qualcosa non torna non in Egitto, dove il ricercatore italiano venne ritrovato, cadavere, per strada, con addosso i segni delle torture. Insomma non nel Paese uscito a pezzi dalle obamiane “primavere arabe”, fallite prima che ci pensassero i militari a riportare l’ordine a modo loro, con il pugno di ferro, facendo da scudo alla marea islamista; bensì a Cambridge, nella democratica Gran Bretagna, dove il ricercatore di Fiumicello studiava e dove adesso la sua tutor di allora, una docente della università inglese, si trincera dietro i no comment inseguita com’è dalle richieste della giustizia italiana ed europea che vogliono vederci chiaro sul ruolo di questi professori e si preparano ad ascoltarne la testimonianza.

Per cui è davvero curioso sentire i pezzi da novanta della sinistra italiana, dall’onnipresente ma non più onnipotente Renzi fino a personalità politiche da sempre attente alle relazioni internazionali come Piero Fassino, o la sinistra-sinistra di Nicola Frantoianni, dire tutti quanti che i professori di Cambridge devono fare chiarezza, come twitta Matteo. Ma dov’era questa classe dirigente, impegnata a mettere il cappello sul caso Regeni, ricordiamo tutti le manifestazioni, la doverosa, e sottolineiamo doverosa, mobilitazione popolare per chiedere giustizia e sostenere la famiglia di Giulio nella sua ricerca della verità, dov’erano questi politici che cavalcavano l’indignazione collettiva quando scrivevamo che un pezzo della comunità accademica, da Londra al Cairo passando per Roma, tendenzialmente sinistrorsa, aveva preso lucciole per lanterne? 

Scambiando i Fratelli Musulmani e le primavere arabe e le illusioni naif degli obamiani per un anelito di libertà. Quando poi si è capito (per chi faceva finta di non capire) cos’è la Fratellanza in Egitto, chi la spinse al potere e che cosa ha comportato la parentesi islamista negli attuali assetti di potere e istituzionali egiziani, prima e dopo la fine del regime di Mubarak, allora la “Verità” sul caso Regeni ha cominciato a vacillare. Ora emerge chiaramente quello che una delle penne più affilate del nostro giornale, la professoressa Daniela Coli, aveva scritto quando era vietato mettere in discussione il pensiero unico: non guardate solo all’Egitto. 

Si scopre che la professoressa Maha Abdel Rahman, docente di Cambridge e tutor del 28enne ricercatore di origine friulana, avrebbe parlato per email con il ragazzo prima della sua scomparsa, prendendo in consegna, secondo i nostri investigatori, una serie di report scritti da Regeni frutto della sua attività di ricerca sul sindacato autonomo cairota degli ambulanti. Quei sindacalisti che, come svelato da uno scoop giornalistico di qualche tempo fa, potrebbero aver ‘venduto’ Regeni a chi l’ha ammazzato. I pm italiani chiedono di acquisire i tabulati telefonici della docente inglese, vogliono capire che giro c’era intorno a queste ricerche d’Egitto, quali relazioni intrattenesse la professoressa con i suoi ricercatori e con le fonti a questi collegate. La magistratura italiana chiede agli inglesi di identificare (e quindi audire) tutti gli studenti che Cambridge ha inviato in Egitto dal 2012 al 2015. Regeni non era l’unico ad essere stato indirizzato dalla professoressa Rahman verso quelle ricerche? E’ vero, come sostiene chi indaga, che Regeni fu costretto ad accettare la ricerca sui sindacati dai suoi tutor? 

Che rete c’era allora, e c’è ancora?, dietro questi docenti amanti delle primavere arabe, che gioco hanno giocato, e perché questo pezzo di mondo accademico si trincera ancora dietro il silenzio? Anche noi, all’epoca, abbiamo ricevuto delle proteste per quello che scrivevamo sugli “intellos” delle arab spring, proteste arrivate proprio da chi di quel mondo faceva parte, e che invece di cercare di capire cosa stava succedendo ci scriveva timoroso di essere definito una attivista politico. Adesso si scopre che la prof inglese era molto attivista e poco scientifica. 

Ma tornando alla politica, attenzione alle prossime mosse. Perché già una volta chi ci governa ha sbagliato, ritirando precipitosamente il nostro ambasciatore dal Cairo, salvo poi rimandarlo in Egitto, ormai troppo tardi, quando le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si erano rovinate. Insomma al Renzi che tuona da Twitter verrebbe da dire, Matteo, ora non rifare gli stessi errori anche con Londra. Siamo già rimasti fin troppo isolati a livello internazionale, inseguendo retoricamente la parola verità quando forse c’è chi, a Cambridge, un pezzo di quella verità la conosce ma tace ostinatamente. 

“La dottoressa Maha Abdelrahman,” la tutor di Regeni, “ha ripetutamente espresso la sua volontà di cooperare appieno con i magistrati italiani”, fanno sapere dall’ateneo inglese. “Non hanno ancora ricevuto alcuna richiesta formale per una sua testimonianza, ma ci aspettiamo di riceverne una a breve, che noi stessi abbiamo ripetutamente sollecitato”. “Sarebbe assolutamente inappropriato, e in violazione della regolare procedura, se la dottoressa Abdelrahman parlasse ai media prima di testimoniare davanti alle autorità italiane”, aggiungono sempre da Cambridge.  A nostro parere, invece, questa classe docente super impegnata – i globe trotter della sinistra internazionalista che mandavano allo sbaraglio i loro ricercatori in un Paese in preda al caos (obamiano), non si capisce se inseguendo qualche disegno personale, o se loro stessi parte inconsapevole di un gioco più grande – sarebbe bene che si decidessero a parlare. Noi lo chiediamo da più di un anno.