Verrà mai una fase liberale nell’azione di governo di Tremonti?
21 Ottobre 2009
di Milton
Qualcuno batta un colpo e ci dica: ma la politica economica del Ministro Tremonti è quella del Governo oppure il Ministro dell’Economia sta semplicemente giocando la sua partita personale di raccolta di consensi by-partisan nell’opinione pubblica, nell’ambito di una strategia di smarcamento dal Presidente Berlusconi, per prepararsi alla successione; un po’ come fa il Presedente Fini con i temi dell’immigrazione e delle riforme istituzionali. E se vale la seconda ipotesi, quando, di grazia, questo Governo vorrà fare qualcosa di seriamente liberale, soprattutto in campo economico e quando i presunti successori del Cavaliere capiranno che per fare il leader di una coalizione, ci vogliono i voti degli elettori e non le simpatie degli avversari?
Qualunque sia la risposta, sta di fatto che il sogno di avere una rivoluzione liberale anche nel nostro Paese, il sogno originario, quasi pre-partitico di Forza Italia, sta miseramente sfumando. Il Ministro Tremonti ha retto, con pieni poteri, forse troppi, le sorti del dicastero dell’Economia in tutti i Governi Berlusconi dal 1994 ad oggi (con la sola parentesi di un anno passando la mano a Siniscalco). Ebbene di vere, profonde riforme economiche liberali, non solo non c’è traccia, ma stiamo ormai da troppo tempo pericolosamente regredendo verso una legittimizzazione, da destra, di quelle sciagurate ricette economiche consociative che ci hanno regalato, negli anni, il terzo debito pubblico al mondo e una capacità di crescita economica tra le più basse tra i paesi a maggior industrializzazione.
Senza andare troppo indietro, passiamo in rassegna questo primo anno di legislatura dalle parti di via XX Settembre. Si parte con l’accusa al mercatismo, una specie di degenerazione del potere incontrastato del mercato, un liberismo selvaggio e marcio, all’origine di tutti i mali attuali dell’umanità. Un liberismo così marcio che ha tolto dalla povertà, negli ultimi vent’anni, circa un quinto della popolazione mondiale e ha permesso a chi aveva un sogno e un garage (e un buon ventur capitalist) di fare la vera e unica rivoluzione non violenta del 900, quella informatica e della rete.
Ma cosa oppone il Ministro Tremonti al mercatismo? Una sorta di giano bifronte non meglio identificato dallo slogan “Market if possible, government if necessary”, la garanzia cioè di subordinare l’apertura dei mercati alla volontà di potenza degli stati (in inglese si direbbe … global legal standards), una specie di comunitarismo conservatore, un po’ corporativista e un po’ colbertista , in definitiva una socialdemocrazia sotto mentite spoglie, che per non passare da trogloditi, oggi chiamano, economia sociale di mercato. E’ questa la piattaforma programmatica di quel partito liberale di massa che Berlusconi vaticinava già nel 1994 e che ha richiamato anche al primo congresso del PdL?
Ma questa potrebbe essere teoria, vediamo i fatti. Non ce ne sono purtroppo! Con la scusa della crisi, il Ministro Tremonti ha fatto una finanziaria triennale alla Prodi (ma senza l’aumento delle tasse), tutta intenta al controllo del deficit, senza una straccio di riforma liberale. E non mi si venga a parlare del federalismo fiscale, i cui decreti attuativi sono in alto mare e di cui nessuno conosce i contorni. Ma è mai possibile che, in questo Paese, il solo simbolico accenno legislativo a liberalizzazioni l’abbia fatto un ex-comunista, ed è mai possibile che sia tabù metter mano alle pensioni, abolire le province, fare un serio programma di riduzione della spesa pubblica, per poi concretizzare la vera, sola, unica ed indispensabile riforma liberale di cui l’Italia ha bisogno: una riduzione massiccia delle tasse sulle imprese e sulle persone.
Come farà l’Italia ad aggrapparsi alla ripresa economica senza riforme strutturali? Con la crisi il nostro PIL è tornato ai livelli del 2002, se nulla sarà fatto, come temo accadrà, ritorneremo ad un livello pre-crisi, solo nel 2015. E’ questo che si vuole?
C’è poi la Banca del Sud. Non riuscendo a convincere le banche a fare le banche, il Ministro ha pensato bene di farne una apposita per il Sud, ed ammesso che funzioni, non servirà forse a rafforzare quel meccanismo clientelare di intermediazione della politica che sta all’origine di molti mali del Sud? Non bastava creare una no tax area e lasciare le buone idee svilupparsi?
E’ di questi giorni infine l’apologia del Ministro Tremonti sul posto fisso. Ebbene il Ministro dell’Economia del sedicente governo liberale, afferma che chi oggi ha un posto di lavoro, debba mantenerlo indipendentemente dal fatto che quel posto produca un bene o un servizio, perché solo così è possibile fare un progetto di vita. L’elogio del parassitismo e del clientelismo, il ritorno del principio di precauzione, un mondo senza rischi (e senza opportunità), insomma viva l’immobilità e addio all’ascensore sociale.
Chissà se discutevano di questo nel salotto dell’Aspen, qualche giorno fa, quando in un clima carbonaro, si sono riuniti coloro che dovrebbero ipotizzare il dopo- Berlusconi: mega boiardi di Stato, i soliti banchieri, quache ex-primo ministro. Se questi sono il “dopo”, che il “dopo” sia più dopo possibile. Ed è lecito chiedersi, abbiamo ancora una speranza di morire liberali? E l’on.Tremonti, è il Ministro giusto per un governo liberale?