Verso una nuova legge elettorale europea?
30 Aprile 2011
di Jacopo Leone
Il 19 aprile la Commissione affari costituzionali (Afco) del Parlamento europeo (Pe) ha approvato la proposta di riforma del sistema elettorale presentata dal liberale britannico Andrew Duff. L’obiettivo è di accrescere la rappresentatività del Parlamento europeo, cui il Trattato di Lisbona (entrato in vigore a dicembre 2009) conferisce nuovi e importanti poteri, e di introdurre la possibilità di dar vita a liste elettorali transnazionali, composte da candidati provenienti da tutti i paesi europei.
Traendo spunto dalle indicazioni contenute nel Trattato di Lisbona (art. 14), la “proposta Duff” propone infatti sia una redistribuzione dei seggi parlamentari su base nazionale, sia la creazione di una lista transnazionale europea. La proposta riformula inoltre il protocollo sulle immunità e i privilegi dei parlamentari europei, che verrebbero uniformati in tutti i paesi Ue. L’ultima riforma elettorale europea risale, del resto, al 1997.
L’approvazione della proposta di riforma a larga maggioranza da parte della Commissione Afco, solleva tuttavia diversi problemi, anche perché su vari punti del testo il consenso è ancora molto fragile. Anche per questo l’approvazione della proposta da parte dell’assemblea plenaria del Pe (il voto è previsto per la sessione di giugno), è tutt’altro che scontata.
Riforma necessaria
Secondo l’Art. 223 del Trattato sul Funzionamento dell’Ue, il Pe è tenuto a presentare una proposta per l’elezione a suffragio universale dei suoi membri , che deve poi essere approvata all’unanimità dal Consiglio europeo (art. 14) e quindi ratificata da tutti gli Stati membri. Portando a conclusione un processo iniziato nel 2007 con la stesura del rapporto Lamassoure-Severin, il Trattato di Lisbona fissa i criteri (art. 14) per la distribuzione dei seggi del Pe, cui ci si deve attenere anche dopo l’adesione di nuovi paesi (punto che suscita la preoccupazione di diversi stati membri): il numero totale di seggi non deve superare i 751; deve essere rispettata la soglia minima di sei seggi per Stato membro; a nessuno Stato membro possono essere attribuiti più di 96 seggi; il processo di redistribuzione deve rispettare il principio di ‘proporzionalità digressiva’, in base al quale agli stati più piccoli (meno popolosi) spetta un numero di rappresentanti proporzionalmente più alto di quello dei paesi più grandi.
Per raggiungere un accordo equilibrato e che consenta di rispettare i criteri del trattato anche in caso di nuove adesioni, Andrew Duff ha commissionato l’elaborazione di una formula matematica ad hoc. Un panel di matematici riunitosi a Cambridge nel gennaio 2011 ha messo a punto quello che è stato definito Cambridge Compromise, una formula di tipo lineare basata sui dati relativi alle varie popolazioni europee. In grado di adattarsi con relativa flessibilità sia a futuri cambiamenti demografici sia ad un eventuale ingresso nell’Ue di altri Stati membri (vedi Islanda, Croazia o Turchia), la formula è stata presentata ai membri dell’Afco a febbraio.
Ma poiché la formula proposta implica una diminuzione di seggi nel Pe per ben sedici stati membri, mentre ne beneficerebbero Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna, molti Stati di media grandezza (in particolare Austria, Portogallo, Repubblica Ceca, Ungheria) vi si oppongono strenuamente. La decisione di non includere nel testo finale della ‘proposta Duff’ approvato in Afco ogni riferimento a una precisa formula matematica, ma di rinviare la definizione politica del concetto a un momento successivo, mette in luce la difficoltà di trovare un effettivo punto di accordo.
Lista transnazionale
Il secondo aspetto della proposta Duff che sembra invece raccogliere un consenso più ampio riguarda la creazione di liste transnazionali già a partire dalle elezioni europee del 2014. In linea con l’articolo 10.2 del Trattato dell’Ue, che sottolinea che i cittadini sono rappresentati a livello europeo direttamente dal Pe, la creazione di una lista transnazionale si pone l’obiettivo di sviluppare ulteriormente uno spazio pubblico specificamente europeo. Come sottolineato in più occasioni dallo stesso Duff, ciò consentirebbe inoltre di spezzare, o almeno allentare, il rapporto di dipendenza politica che oggi lega i parlamentari europei ai partiti nazionali.
La proposta Duff prospetta la creazione di 25 seggi europei addizionali (per un totale, dunque, di 776 seggi), da eleggersi in una singola circoscrizione europea tramite liste transazionali, composte da candidati provenienti da almeno un terzo degli Stati membri. In questo modo l’elettore avrebbe la possibilità di esprimere due voti separati: il primo per la lista nazionale/regionale, ed il secondo per la lista transnazionale. Un’authority elettorale dovrebbe quindi essere istituita per regolare e verificare i risultati elettorali di tali liste transnazionali.
Sebbene questa innovazione possa rappresentare una parziale risposta alla crescente disaffezione dei cittadini alle elezioni europee (considerate deboli e non sufficientemente omogenee da uno studio pubblicato nel 2009 dall’Osce), ulteriori innovazioni sembrano necessarie per un miglior funzionamento della competizione elettorale europea. Nei fatti, liste transazionali consentirebbero un rafforzamento dei partiti transnazionali ma, per creare un autentico sistema partitico europeo, servono altre misure di riforma.
Un altro tassello fondamentale, come già sottolineato in uno studio dello IAI del 2009 e in uno studio dell’European University Institute del 2010, sarebbe rappresentato dalla possibilità di una competizione elettorale diretta tra i candidati alla presidenza della Commissione europea, indicati dai partiti prima delle elezioni del Parlamento europeo. Questo passaggio consentirebbe infatti un confronto elettorale più centrato sul merito dei temi europei che su questioni meramente nazionali, contribuendo probabilmente anche ad una maggiore partecipazione elettorale.
Strada in salita
Nonostante la recente approvazione della proposta Duff a larga maggioranza in Commissione, numerosi ostacoli rimangono sulla strada della sua definitiva approvazione sia da parte del Pe, sia soprattutto da parte del Consiglio europeo, dove è molto difficile raggiungere l’unanimità su un tema così complesso.
A prescindere dall’esito di questa vicenda, è comunque importante che il Parlamento abbia deciso di riaprire il dibattito sia sulla riforma della legge elettorale sia, più in generale, sugli strumenti per affrontare il deficit democratico dell’Ue, in vista delle elezioni del 2014. Nonostante la complessa varietà degli interessi che coinvolge, questo nodo deve rimanere al centro dell’agenda europea dei prossimi anni.