Vi racconto Franco Marini, combattente mite fra sindacato e politica
09 Febbraio 2021
Franco Marini è la persona che ha avuto più peso nella mia crescita umana e professionale. Un rapporto scaturito da una sorta di ammirazione che mi portavo dietro dagli anni ’70 per un sindacalista coraggioso e capace di andare contro corrente.
È stato un vero onore, per me, l’aver potuto successivamente trasformare la mia stima in un rapporto di amicizia caratterizzato da una reciproca simpatia e da una sorta di protezione che mi ha confortato e guidato nei momenti difficili della vita sindacale e professionale.
Marini ha svolto un ruolo straordinario nella storia della Cisl, in particolare negli anni ‘70 e ‘80 dello scorso secolo. Una sorta di leader cerniera tra la fase fondativa imperniata sulla figura di Pastore, primo segretario della Cisl e di cui è stato giovane collaboratore, e quella post sessantottina, intrisa da una forte passione riformatrice, ma attraversata anche dalla tentazione di assecondare il ruolo antagonista e antisistema che ha coinvolto una parte non marginale del sindacalismo militante.
Un esponente della cultura contrattualistica della Cisl, e dell’ autonomia sindacale del ruolo sussidiario e partecipativo dei corpi intermedi rispetto alle istituzioni pubbliche, nella costruzione di una politica in grado di conciliare gli interessi del mondo del lavoro con quelli più generali del Paese.
Un approccio ideale e valoriale che doveva essere accompagnato da un sano pragmatismo. Dalla missione di migliorare le condizioni di lavoro e il reddito dei lavoratori e lontana dalla tentazione ideologica di utilizzarla per alterare gli equilibri politici.
Questo solido ancoraggio gli ha consentito, all’inizio degli anni 70, di giocare un ruolo fondamentale nel mettere un freno alla pretesa di costruire una unità sindacale priva di ancoraggi culturali solidi, e successivamente per impedire un devastante tentativo di scissione della Cisl guidato dal segretario generale aggiunto Vito Scalia.
Insieme a Pierre Carniti, e subentrando a lui nel ruolo di Segretario generale della Cisl nel 1985, sarà protagonista della ricostruzione di una solida unità interna alla Cisl, del rinnovamento del suo gruppo dirigente e della ricostruzione dell’unità di azione con la Cgil e la Uil, messa in discussione dalla scelta lacerante del Partito comunista italiano di promuovere il referendum sulla scala mobile.
Il percorso politico di Franco Marini è più noto all’ opinione pubblica. Iniziato con l’incarico di Ministro del Lavoro, analogamente ai precedenti dei suoi mentori storici Giulio Pastore e Donat Cattin, e proseguito nel paziente lavoro di ricostruzione del Partito Popolare scaturito dallo scioglimento della Democrazia Cristiana, per traghettarlo successivamente nella esperienza della Margherita e nella costituente del Partito democratico.
Come Presidente del Senato uscente, stimato dalla maggioranza e dall’opposizione per la gestione autorevole e imparziale del ruolo, viene candidato dal Partito democratico alla Presidenza della Repubblica. Una elezione mancata per una mancata per una manciata di voti per effetto di una faida interna al partito che lo aveva designato.
Il Franco Marini politico rimane un personaggio autentico della prima Repubblica. Orgoglioso delle proprie idee ma consapevole della importanza di mantenere aperto il dialogo anche con gli avversari. E, soprattutto, della esigenza primaria di non delegittimare i propri interlocutori, che gli proveniva dalla lunga esperienza sindacale.
Parte integrante del suo carattere e del modo di concepire le relazioni con il prossimo.
Generava stupore la sua capacità di non portare rancore e di aiutare le persone nei momenti di difficoltà, ivi comprese quelle che lo avevano contrastato senza esclusione di colpi.
Per lui la missione sindacale e quella politica erano un mezzo per migliorare la condizione delle persone senza avere la pretesa di imporre agli altri le proprie idee.
Riposa in pace Caro Franco, ti portiamo nel nostro cuore.