Vi racconto la mia terra distrutta da Chavez

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Vi racconto la mia terra distrutta da Chavez

30 Maggio 2012

Caracas – La gioia di tornare nella mia terra, il Venezuela, dopo un lungo soggiorno all’estero, è stata subito oscurata dall’immagine della povertà. La prima immagine che scorgo dall’aereo sono le favelas intorno all’aeroporto Maiquetia, che mi hanno ricordato che non c’è mai stata una rivoluzione sociale, anzi sono la prova che la favola del "Venezuela Bolivarista" si è infranta da tempo.

Dopo qualche minuto dall’atterraggio sono sopraffatta da una sensazione d’ansia e d’insicurezza. Mi dà il benvenuto l’orrore delle storie di criminalità raccontate dall’autista del taxi: qualche giorno fa è stato ucciso un uomo, mentre aspettava la sua ragazza nel parcheggio dell’aeroporto. Se Chavez riuscisse a far rispettare la legge per una percentuale almeno pari al 10% di come si riesce a fare negli Usa, il Venezuela sarebbe una potenza mondiale, “abbiamo tutto”, mi dice l’autista mentre chiede di pagare una tariffa più cara di quella di Roma. Un’assurdità se si pensa che il Venezuela è un paese petrolifero dove è possibile fare il pieno di benzina con 1 euro.

La criminalità e l’alta inflazione hanno distrutto la qualità della vita del popolo venezuelano. Fino a metà aprile a Caracas sono stati registrati circa 1.300 omicidi. Il risultato: mentre il boom petrolifero degli anni ’30 aveva reso il nostro un Paese di forte immigrazione, nell’ultimo decennio, con Chavez alla presidenza, ci siamo trasformati in un popolo di emigranti, perché i giovani talenti sono costretti a lasciare le loro terre d’origine alla ricerca di una vita migliore. Ecco spiegata la ragione del mio arrivo in Italia nel 2009, quando ho deciso di andare via dal Venezuela dopo la chiusura del mio giornale ,“Tras La Noticia”.   

Durante la mia ultima visita a Caracas, ho avvertito un’atmosfera densa di disordine, incertezza ed abbandono. Mancano circa cinque mesi alle elezioni presidenziali e la quotidianità venezuelana gira intorno ai misteri di Hugo Chavez, soprattutto quelli sulla malattia e la sua probabile incapacità fisica di continuare a governare. Da maggio 2011, il presidente venezuelano ha passato la maggior parte del suo tempo a Cuba, trattenuto dalle cure mediche per combattere il cancro. Sono già 10 viaggi per un totale di 107 giorni in territorio cubano, quindi il 30% del tempo fuori dal Venezuela, gestendo il Paese come se avesse un telecomando e interfacciandosi principalmente con Twitter.

L’assenza del Capo dello Stato è facilmente intuibile. Inflazione, caos carcerario, scandali per i rapporti tra i funzionari del governo ed il narcotraffico, sequestri. Secondo Transparency International, il Venezuela si trova al 164mo posto nell’indice di percezione della corruzione sui circa 180 paesi studiati. La rivista The Economist afferma che il Venezuela occupa il secondo posto nella classifica mondiale dei Paesi più poveri, tra Macedonia e Iran.    

Hugo Chavez tenta di destreggiarsi tra la malattia e le elezioni presidenziali con movimenti strategici. Il 30 aprile ha creato un Consiglio di Stato (un organo consultivo del Governo previsto già dalla Costituzione del 1999, n.d.r.) a cui è stato chiamato a partecipare, tra gli altri, il vicepresidente e giornalista Jose Vicente Rangel, una vecchia volpe della politica venezuelana con un piede nella “rivoluzione bolivariana” e l’altro nella vecchia repubblica.  Si potrebbe ipotizzare che il Consiglio di Stato sia stato concepito come strumento di transizione in un momento di grande incertezza per il Paese a causa anche delle precarie condizioni di salute di Chavez. Per il momento però nessuno si è espresso a riguardo e il mistero resta.

La data di scadenza per le iscrizioni dei candidati si avvicina. Entro l’11 giugno 2012 si chiariranno i dubbi sulla ricandidatura di Hugo Chavez. Nel frattempo gli oppositori uniti vanno avanti nella corsa per la poltrona presidenziale. Un candidato giovane e vivace, Enrique Caprile Radonski, gira il territorio venezuelano con un discorso di pace e unione per lo sviluppo della nazione.

Uno schiaffo di realtà, dunque, mi ha rapidamente riportata con i piedi per terra, per farmi capire che la "Rivoluzione bolivarista" ha una data di scadenza: le elezioni presidenziali del prossimo 7 ottobre 2012.