Vi spiego perché i giornaloni inglesi ce l’hanno con Napoli
21 Luglio 2017
di Daniela Coli
L’articolo del Sun con Napoli inserita tra le undici città più pericolose del mondo è dell’11 luglio scorso. Il 17 luglio, invece, l’Independent, il giornale di Patrick Cockburn, ha invitato i turisti britannici a non farsi impaurire dagli incendi del Vesuvio. Nonostante gli scippi, la camorra, il degrado, gli incendi, non perdetevi Napoli, conclude l’Independent. La Napoli del Sun non è Raqqa, insomma, la città siriana finita in mano all’Isis; somiglia di più a Gomorra, la serie tv ispirata al romanzo di Roberto Saviano e che ha avuto un successo internazionale: una delle capitali del crimine organizzato, piena di bande, omicidi, droga e legami con le mafie globali. Ma in realtà Napoli non è neanche questo: è una città vulnerabile, difficile, con una microcriminalità diffusa, ma non è Gomorra, con baby gang armate di kalashnikov libere di sparare per le strade.
Il problema di Napoli, come del Meridione, sono governi inadeguati incapaci di affrontare le difficoltà di questa parte della penisola, senza la quale l’Italia non sarebbe mai diventata uno Stato nazionale. Il Corriere scopre oggi un business milionario e un traffico criminale, diventato un’industria, per portare in Italia migranti dall’Africa attraverso la Libia. Non erano necessarie grandi inchieste per capirlo: gli africani non sanno nuotare – abbiamo visto come si aggrappano ai barconi per paura di cadere in mare – e non ci avrebbero mai invaso, non ci hanno mai invaso, non ne sono capaci. Non sono arabi, non sono mai arrivati a Lepanto, né hanno alle spalle, come i cinesi, una civiltà come quella del Cina del ‘400-‘500, superiore a quella europea. Questo business criminale che danneggia gli africani e l’Italia, l’abbiamo organizzato noi con una cultura e una politica talmente fuori di testa da usare l’espediente narrativo di risolvere i problemi dell’Africa con l’immigrazione in Europa.
Non meravigliamoci se i nostri vicini europei adesso minacciano di sospendere Schengen in 24 ore o se dal nostro governo partono proposte come quella di visti temporanei a 200mila migranti per l’Europa. Quest’ultima è una trovata simile a quella della Turchia di Erdogan: o ci date soldi o vi inondiamo di migranti. Peccato che l’Italia non abbia la posizione geopolitica della Turchia, sia uno dei Paesi della Ue, e sia anche la prima vittima di questa stolte politiche sulla immigrazione. Era scontata la reazione imbufalita degli Stati europei che minacciano di chiudere le frontiere e ci danno di mafiosi, camorristi, incapaci di difendere i propri confini. Inutile continuare a maledire Brexit, Macron europeista mancato, Angela Merkel egoista e l’Austria pronta a chiudere il Brennero. Se non abbiamo ancora capito che l’Ue non è una federazione, ma un’unione di Stati nazionali, interessati, al momento, alla difesa dei propri interessi, il futuro ci riserverà sorprese peggiori dell’articolo del Sun.
I media francesi danno giudizi ben più negativi di quello del Sun su Napoli e Palermo, mentre per la stampa tedesca vale sempre la famosa copertina dello Spiegel sulla Sicilia. Inutile continuare col vittimismo con argomenti come “l’Europa ci abbandona”. Se esiste un business criminale e milionario per portare i migranti in Italia è perché la sinistra lo ha incoraggiato con le sue decisioni sbagliate. Tre mesi fa, il 18 aprile, il Guardian, pro-Corbyn e anti-Brexit, ha pubblicato un articolo durissimo sul sindaco di Palermo Leoluca Orlando, diventato famoso nella lotta alla mafia e oggi celebre per i diritti dei migranti, in una Sicilia mai così depressa. Il Guardian ha sottolineato che il sindaco di Napoli, De Magistris, ha lanciato un appello a 70 sindaci europei per accogliere più migranti. Gli inglesi, come tutti gli europei, pensano ai propri interessi, e sarebbe il caso quest’estate di leggere Agenti dell’impero di Noel Malcolm, grande conoscitore di Hobbes e dei Balcani per capire cos’era il Mediterraneo nel Cinquecento. Invece delle solite chiacchierate sotto l’ombrellone su fascismo e antifascismo, per le quali Mattia Feltri ha composto sulla Stampa un risolutivo manuale estivo di conversazione, forse è giunto il momento di chiedersi se vogliamo per l’Italia un futuro da Cinquecento.