«Vi spiego perché in Italia crollano così tanti ponti»
23 Aprile 2017
«Con le mie aziende non produco più ponti e non partecipo più ai lavori pubblici neppure per le scuole,» è una presa di posizione netta, senza sconti, ma che non nasconde una punta di amarezza quella di Massimo Ferrarese – politico e imprenditore nel campo delle costruzioni – quando gli chiediamo perché in Italia crollano così tanti ponti. Dal viadotto venuto giù a Fossano, dove un’auto dei carabinieri è stata schiacciata e gli agenti usciti miracolosamente illesi, al crollo sulla A14 che ha fatto due morti, a quello del cavalcavia di Annone in Brianza, un’altra vittima, l’elenco di incidenti, piccoli e grandi disastri specchio di una Italia senza sicurezza, si allunga, insieme alle segnalazioni e alle denunce fatte dai cittadini e dalle autorità locali sulla cattiva manutenzione di tante infrastrutture viarie.
Ma perché imprenditori determinati come Ferrarese, in grado di eseguire lavori ben progettati, i ponti rinunciano a costruirli? «Non si può pensare di affidare lavori pubblici con il 40%, persino il 50% di ribasso d’asta,» su progetti e lavori, spiega Ferrarese che dirige anche INVIMIT, la Investimenti immobiliari italiani (società di gestione del risparmio del Ministero dell’Economia). «Il ribasso dei costi determina un effetto a cascata su tutta la filiera, dalla impresa appaltante ai subappaltatori, fino a fornitori e subfornitori; così ci sono imprese che non svolgono i lavori come dovrebbero, e del resto molte volte queste aziende non riescono neppure a coprire i costi». Un meccanismo perverso, insomma, che lascia aperti enormi problemi sul versante di prevenzione e sicurezza. Per non dire del costo aggiuntivo che le opere crollate rappresentano per lo Stato, che queste infrastrutture deve ricostruire.
«Non si può lesinare sui materiali,» dice chiaro e tondo Ferrarese, «io non l’ho mai fatto e non sono disponibile a fare cose del genere, ecco perché con le mie imprese non costruisco più ponti». Non parliamo solo di infrastrutture viarie, «pensi alle scuole, non possiamo certo correre il rischio di far andare i nostri figli in edifici insicuri e pericolanti». Insomma i ponti in Italia crollano perché se lo Stato paga poco, male, e tardi, chi potrebbe realizzare opere sicure e durevoli, allora gli imprenditori onesti e che ci tengono alla qualità del loro lavoro tendono a fare un passo indietro, mentre chi partecipa e magari vince le gare con il massimo del ribasso, si trova poi a stringere la cinghia quando passa alla realizzazione dell’opera, aumentando i rischi di nuovi crolli.
Per evitare che altri nostri concittadini perdano la vita, bisogna dire basta alle gare con il massimo dei ribassi d’asta «e fare un censimento delle opere,» conclude Ferrarese, «verificare se il patrimonio infrastrutturale italiano attuale è in grado di reggere, capire quali sono le opere che possono durare nel tempo e quali invece vanno abbattute». Ragionamento che non fa una piega.