«Vi spiego perché la riforma costituzionale minaccia le politiche del lavoro»
17 Agosto 2016
Proseguiamo il nostro giro di conversazioni con i sindaci, i consiglieri comunali e regionali che hanno aderito ai comitati civici del ‘No che serve’, impegnandosi nella campagna referendaria contro la riforma costituzionale targata Renzi-Boschi. Oggi intervistiamo Claudia Porchietto, consigliere regionale in Piemonte.
Numerosi costituzionalisti, dopo aver letto la riforma, l’hanno definita un testo pasticciato. Condivide questo giudizio?
«Non solo è una riforma pasticciata ma pericolosa. Non si è tenuto conto di quali sarebbero le ricadute tecniche delle variazioni costituzionali e adesso l’Italia rischia di finire inchiodata. Penso alle competenze sulle politiche attive e passive del Lavoro, un tema che conosco meglio di altri avendo ricoperto l’incarico di assessore in Piemonte. Se queste competenze tornassero nelle mani dello Stato, davvero si può immaginare che qualche funzionario del ministero, da Roma, si farà interprete dei problemi specifici di un’azienda della provincia di Torino, evitando di farla chiudere?».
Renzi e Boschi bocciati in politica economica?
«La riforma rischia di provocare seri danni alle politiche sulla occupazione e ci riporterebbe indietro di anni, impedendo al nostro Paese di fare quel salto necessario per tornare competitivo. Sono convinta, anzi, arciconvinta che il referendum non debba passare ed è per questo che ho aderito ai comitati civici del ‘No che serve’».
Le Regioni servono ancora? Qualcuno potrebbe dire che sono uscite indebolite dagli ultimi scandali…
«Non c’è dubbio che bisogna punire gli sprechi di denaro pubblico ma trovo ingiusto lo scempio che si è fatto e si continua a fare delle Regioni, un ente di area vasta che è sempre stato vicino alle esigenze dei territori. I media hanno la loro parte di responsabilità in questa rappresentazione distorta. Ripeto: a me spaventa una riforma accentratrice, che sposta le competenze su organi vetusti come i ministeri e la pubblica amministrazione centrale».
Le riforme dovevano unire il Paese, e invece?
«Guardi, un sentimento unitario aveva effettivamente condotto le grandi forze politiche italiane verso i governi delle “larghe intese”. Finché Renzi ha detto “con me o contro di me”, spaccando di fatto il Paese a metà. Adesso il presidente del consiglio paga la sua arroganza, non solo tra gli esperti costituzionalisti che giudicano carente la struttura della riforma, ma anche fra i cittadini che ormai lo considerano inadatto a cambiare l’Italia».
(Intervista a cura di RS)