«Vi spiego perché Renzi ha deluso i sindaci italiani»
30 Agosto 2016
Riprende il nostro giro di interviste con gli amministratori locali schierati per il No al referendum costituzionale. Oggi parliamo con Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile nazionale ANCI per la finanza locale.
Sindaco, leggendo il suo libro “No, Caro Matteo” si avverte una forte delusione verso Renzi e la riforma costituzionale. Da dove nasce questa insoddisfazione?
Occorre fare una premessa. Quando esplode la Grande Crisi economico-finanziaria, i sindaci accettano di pagare un contributo altissimo per risanare i conti pubblici del nostro Paese. Doveva essere una risposta di emergenza imposta da una ‘economia di guerra’, ma con il passare del tempo l’eccezione è diventata la regola.
E la riforma Renzi?
Con la riforma costituzionale siamo davanti a un ulteriore perfezionamento del cambio di paradigma che le ho appena illustrato. Se vincesse il Sì al referendum, ci ritroveremmo con un modello assolutamente neocentralista in termini di organizzazione dello Stato e con il rischio di assistere al tramonto del concetto giuridico e giuspubblicistico di sussidiarietà verticale.
La chiamano solitudine dei sindaci.
Nel mio libro ho cercato di descrivere questa parabola delle autonomie in Italia. Una intera filiera istituzionale, che si identifica con la prossimità e il senso di responsabilità verso i cittadini, oggi deve fare i conti in perfetta solitudine con le esigenze della spending review da una parte i bisogni degli italiani dall’altra, senza avere purtroppo grandi risorse a disposizione.
Diamo qualche cifra?
Dal marzo del 2014 al marzo del 2016, il debito pubblico dell’Italia è aumentato, quello dei Comuni è diminuito. E’ chiaro che i sindaci hanno fatto i compiti a casa, altri no. Lo Stato, che si è dimostrato rigoroso oltre che esoso con i territori, è apparso invece poco propenso ad autoriformarsi a livello centrale.
Torniamo a Renzi e alla campagna referendaria. Non le sembra che il presidente del consiglio sia sempre più in difficoltà?
Se dovessi usare il gergo del ciclismo, direi che Renzi ha messo il “rapportone” per affrontare la scalata del Pordoi, ma poi si è accorto che i risultati non arrivavano e al momento sembra aver perso lucidità politica. E’ un Renzi diverso da quello che conoscevamo, un leader che non convince più gli italiani. Il premier scontava già il vizio di origine di non essere stato eletto, ora perde anche il feeling che aveva dimostrato di avere con il popolo italiano.
Cosa non ha funzionato?
Renzi aveva suscitato delle attese anche nei sindaci che non la pensavano come lui. Ricordo il Congresso dell’ANCI di Brindisi, quando Renzi lancia Delrio e apre una spaccatura nel partito democratico, tra il nuovo Pd carico di promesse riformatrici e la “Ditta” bersaniana che all’epoca scommetteva su Emiliano. Ebbene, il “Sindaco d’Italia”, cioè l’idea di introdurre a livello nazionale quel metodo pragmatico che abbiamo noi amministratori di risolvere le cose sui territori, all’epoca aveva suscitato grande interesse e curiosità. Peccato che in seguito Renzi abbia fatto esattamente il contrario di quello che aveva promesso.
Si può dire che, comunque vada a finire il referendum costituzionale, Matteo Renzi si lascia dietro un Paese più diviso?
Sì. L’Italia paga un prezzo troppo alto, politico e sociale, a causa della mutevolezza di interpretazioni impressa da Renzi alla campagna referendaria. Il premier ha diviso il Paese. Qualche sindaco potrà anche seguirlo sotto la bandiera del Sì ma tutti, dico tutti gli amministratori locali, chiedono maggiori risorse e che si torni a dare il giusto peso alle autonomie locali.