Via libera al federalismo fiscale. Tremonti: “E’ una riforma storica”

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Via libera al federalismo fiscale. Tremonti: “E’ una riforma storica”

04 Ottobre 2008

Via libera del governo al federalismo fiscale. Ieri il consiglio dei Ministri ha dato l’ok al disegno di legge delega che appunto prevede, come la stessa scheda analitica diffusa da Palazzo Chigi al termine della riunione precisa, “l’attuazione all’articolo 119 della Costituzione”. In tutto un’ora e mezza per varare il provvedimento che come ha annunciato lo stesso ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, inizierà il suo cammino in commissione al Senato con possibile approvazione finale già a dicembre. Infatti, sempre il ministro leghista, nella consueta conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri, ha fatto notare che trattandosi di “un collegato alla manovra economica l’approvazione dovrebbe essere parallela alla finanziaria”. In realtà, per l’effettiva applicazione del federalismo bisognerà aspettare ancora un po’ e precisamente due anni, tempo massimo entro il quale dovranno essere emanati i decreti attuativi.

Intanto, però, il governo nella riunione di ieri ha dato anche disco verde al decreto legge che mette a disposizione un miliardo e 310 milioni di euro per riequilibrare i conti degli enti locali. Una misura su cui proprio due giorni fa, nel corso della riunione della Conferenza Stato-Regioni, gli amministratori locali avevano insistito tanto al punto da considerarla necessaria per dare il proprio ok sulla proposta di riforma federale del governo. Nella somma destinata dall’Esecutivo sono compresi i 434 milioni per i ticket per le Regioni, i circa 550 per Roma, 140 per Catania ed un’integrazione di 260 per i trasferimenti relativi all’Ici prima casa.

Tornando al provvedimento non ci sono state grosse modifiche rispetto al testo che aveva fatto il suo debutto ufficiale l’11 settembre scorso e aveva avuto una prima approvazione, anche se provvisoria. Si passerà così per Regioni ed enti locali nel giro di un paio d’anni ad un sistema di tributi propri e di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al proprio territorio, oltre ad un fondo perequativo statale, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Prevista anche una commissione paritetica e una cabina di regia al fine di garantire il giusto livello di perequazione tra le varie realtà locali al momento dell’entrare in vigore del nuovo regime fiscale. Il tutto, ha precisato con attenzione il governo, senza aggravi per i cittadini ed in sintonia con gli impegni assunti con il patto europeo di stabilità.

In particolare, proprio in riferimento ai costi per i cittadini è stato chiarito in una nota informativa diffusa alla fine del consiglio dei Ministri che “alla maggiore autonomia impositiva di Regioni ed enti locali corrisponderà una riduzione dell’imposizione statale”. In pratica “la pressione fiscale complessiva dovrà ridursi e ad ogni trasferimento di funzioni dallo Stato alle autonomie dovranno corrispondere trasferimenti di personale, in modo da evitare duplicazioni di funzioni o costi aggiuntivi”. Sul fronte invece della gestione finanziaria ci sarà autonomia di entrata e di spesa per le singole Regioni ed enti locali con la possibilità di decidere autonomamente il livello di alcuni tributi, sempre nei limiti indicati dalle leggi, e di ridurli nel caso di efficiente gestione economica. Per quanto riguarda invece la sanità, punto dolente per molte amministrazioni, l’istruzione, l’assistenza e il trasporto pubblico, le Regioni potranno varare tributi che però dovranno tenere conto del tipo di tassazione e soprattutto del livello del servizio erogato. Infine, spazio anche per la città di Roma con la previsione di uno specifico decreto legislativo che dovrà disciplinare l’assegnazione delle risorse al Comune, “tenendo conto delle specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica”.

Questi quindi gli aspetti centrali del testo varato dal governo e che adesso sarà al vaglio del Parlamento. Sul fronte delle reazioni politiche, prevale la soddisfazione del Pdl. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, parla di “riforma storica” dove “c’è un consenso generale, tra le istituzioni più alte della repubblica, tra i governi locali, tra le forza politiche”. Soddisfatto anche il premier Berlusconi, ma a festeggiare sono naturalmente i leghisti che portano a casa un importante quanto atteso risultato, o come spiega Luciano Dussin, vicepresidente vicario della Lega alla Camera, “il miglior compromesso che inizia a scalfire un sistema consolidato di sprechi”. Sotto accusa per Dussin è “lo statalismo impenitente che impone di cambiare o altrimenti ci sarà povertà per tutti”. Un rischio che è legato alla considerazione che “le cinque regioni più virtuose (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana, ndr) non possono più continuare a tirare le altre ed è invece necessario una responsabilizzazione da parte di tutti”. Sul fronte, invece, delle polemiche Dussin fa spallucce soprattutto nei confronti di chi come Luca Ricolfi, ieri dalle colonne de “Il Riformista”, puntava il dito contro un possibile aumento della spesa pubblica con l’introduzione del sistema federale appena messo in cantiere dal governo: “Non ci sarà alcun aumento di spesa. Le regioni infatti dovranno tagliare le proprie spese in base a quelle che sono le effettive esigenze e mi riferisco in particolare a quelle realtà dove è altissimo il numero dei dipendenti rispetto alle effettive esigenze. Qui si dovranno predisporre delle politiche volte al contenimento degli esuberi, evitando il licenziamento, ed impiegando i dipendenti in eccesso in campagna di opere pubbliche”. Un’azione che per il vicepresidente leghista “impone del tempo. Sono necessari anni perchè tutto il sistema vada a regime riuscendo così a creare le condizioni per una maggiore responsabilità da parte degli enti locali”.

Stroncature dall’opposizione anche da parte del leader Idv, Antonio Di Pietro, che dice: “Il federalismo sta dimostrando di essere soltanto chiacchiere al vento, riempito di qualche favore personale di Berlusconi”, mentre la capogruppo del Pd al Senato, Angela Finocchiaro, parla di un testo “contraddittorio e pasticciato di cui non si capiscono i tempi di attuazione” ma soprattutto “strumento di scambio politico tra il Pdl e la Lega”.