Via libera alla riforma sanitaria. Obama riapre i giochi per le elezioni di mid-term
21 Marzo 2010
E’ stato il giorno più lungo per il presidente Obama, ma alla fine la Camera ha approvato il testo della riforma sanitaria, già votata dal Senato la vigilia di Natale. Una vittoria al cardiopalma quella dei democratici, che hanno dovuto vedersela prima con i liberal antiabortisti, i blue dogs, e poi con l’opposizione repubblicana. Il testo approvato dalla Camera bassa del Congresso comprende una serie di emendamenti, come il provvedimento sulla riconciliazione del budget, che include alcune revisioni al testo votato dai senatori.
Un successo, quello di Obama, che non era scontato ed anzi è rimasto incerto sino agli ultimi minuti. A poche ore dal voto, infatti, tra le fila del partito Democratico continuavano a regnare ansia e confusione. Il leader democratico alla Camera, Steny Hoyer, intervistata dalla Nbc, aveva parlato di una “maggioranza di pochi numeri”, e il suo collega al Congresso, John Larson che si era arrischiato a dire che “abbiamo i voti necessari e oggi faremo la storia” era stato prontamente smentito all’interno del suo stesso gruppo da Debbie Wasserman Schultz. D’altronde, è difficile tenere a bada la tensione quando perfino il New York Times aveva scritto che i democratici ce l’avrebbero fatta “soltanto per un pelo” a superare la maggioranza richiesta, e cioè i 216 voti favorevoli, mentre il deputato repubblicano Mike Pence minacciava che l’opposizione avrebbe usato “qualsiasi arma parlamentare a disposizione” per bloccare la riforma.
Infine la la resistenza dei democratici conservatori, i cosiddetti blue dogs, contrari all’utilizzo di fondi federali per l’aborto. Obama è riuscito a convincere il capofila fra i liberal antiabortisti, Bart Stupak, ribadendo, proprio mentre si svolgeva la discussione del testo alla Camera, che subito dopo il sì alla riforma sarà emanato un nuovo ordine esecutivo, che riaffermerà i limiti imposti all’uso dei fondi federali per l’interruzione della gravidanza. Così anche i fedelissimi di Stupak hanno capitolato: Dale Kildee, deputato del Michigan, ha votato sì dopo un colloquio con il suo parroco, mentre i colleghi Brian Baird e Marcy Kaptur lo hanno seguito a ruota.
Da ieri Barack Obama ha raggiunto un obiettivo mai centrato dai suoi predecessori, da Teddy Rooselvelt a Harry Truman, da Lyndon Johnson a Bill Clinton. Per i prossimi dieci anni un pacchetto da 940 miliardi di dollari garantirà l’assistenza sanitaria a 32 milioni di cittadini che ora ne sono privi. L’ampliamento della copertura sarà ottenuta con un rafforzamento sostanziale del Medicaid, l’assistenza sanitaria pubblica per i più poveri introdotta da Lyndon Johnson nel 1965, e l’avvio di aiuti federali e sgravi fiscali per 24 milioni di americani. La riforma, inoltre, permetterà ai giovani fino a 26 anni di usufruire della mutua dei genitori e, agli anziani, di pagare le medicine senza interruzioni. Ma nonostante il voto, Obama non può ancora dormire sonni tranquilli. Da una parte, infatti, i repubblicani non intendono arrendersi e hanno già fatto sapere di essere pronti a “cancellare la legge” dopo le elezioni di mid-term, che, secondo alcuni osservatori, dovrebbero consegnare all’Asinello la maggioranza parlamentare. Dall’altra, molti democratici guardano con scetticismo a questa riforma, visto che gran parte dell’ambizioso progetto di partenza si è perso per strada: come il caso della public option, l’ente pubblico di assistenza sanitaria sostenuta dalla Casa Bianca, inserita nel testo approvato a novembre dalla Camera, ma non in quello votato a Natale dal Senato.
E che il passaggio della riforma non sia necessariamente un vantaggio politico per Obama, lo si era capito già qualche mese fa. Precisamente il 19 gennaio di quest’anno, quando il repubblicano Scott Brown ha celebrato la sua incredibile vittoria in Massachusetts, compiendo quello che fino a poche settimane prima sembrava impensabile, e cioè strappare ai democratici il seggio che era stato di Ted Kennedy per 47 anni, fino alla sua morte lo scorso agosto. Brown le ha suonate alla candidata democratica, l’attorney general e fedele associata del clan kennediano, Martha Coakley, e i democratici hanno rischiato di perdere la finalizzazione della riforma. La vittoria di Brown, d’altra parte, ha mostrato che l’assistenza sanitaria è una prerogativa democratica: se il secondo mandato per Obama è legato proprio al successo della riforma, l’ex presidente George W. Bush è stato rieletto nel 2004 soprattutto per aver aumentato l’estensione dei rimborsi Medicare, l’organizzazione creata sempre dall’Amministrazione Johnson nel 1965 per garantire la copertura assicurativa agli anziani.
Ecco perché lo speaker della Camera, Nancy Pelosi, pur evidenziando le difficoltà politiche successive alla vittoria repubblicana in Massachusetts, è riuscita a convincere Barack Obama ad andare avanti nell’approvazione della riforma. La Pelosi, entrata in Aula con in mano il martello usato da Johnson per sancire l’approvazione di Medicare, sembra uscirne come la grande vincitrice di questa partita. Ad ammetterlo in un sofferto editoriale apparso sul suo blog, l’ex speech-writer di Bush, David Frum, che ha definito senza mezzi termini questa giornata come la "Waterloo" del partito repubblicano, la più cocente sconfitta legislativa per il movimento conservatore dagli anni Sessanta. Secondo Frum anche il voto di mid-term non è più così scontato e soprattutto "le maggioranze vanno e vengono. Questa legge sulla sanità è per sempre. Una vittoria a novembre sarebbe davvero una piccola compensazione rispetto alla debacle di oggi".
Frum ne ha per tutti, per i senatori repubblicani che hanno preferito il filibustering alla ricerca di accordi e compromessi che avrebbero potuto annacquare il progetto di Obama più di quanto non abbia già fatto il Presidente ("In fondo il Piano di Obama è costruito sulle idee sviluppate dalla Heritage Foundation nei primi anni Novanta e che furono la base per la contro-proposta al Clintoncare del ’93-’94"), ma anche per i leader e le voci più estreme del movimento conservatore, Fox e le radio come quella di Rush Limbaugh, che raccontando la lunga maratona legislativa come una sorta di piano vampiresco dell’amministrazione Obama, hanno finito per assomigliare a gente senza cuore. "E così oggi la difesa dei principi del libero mercato e dei valori reaganiani è stata una grande vittoria per l’industria dell’intrattenimento conservatore. I loro ascoltatori e i loro spettatori d’ora in avanti saranno molto più arrabbiati, si sentiranno molto più frustrati e scontenti di tutto, ad eccezione della responsabilità avuta proprio dai free-talkers della televisione e delle radio in questa sconfitta. Per loro, missione compiuta. Per la causa che dicono di voler rappresentare, è semplicemente una Waterloo: la nostra".