Viaggio fino al termine della Notte… della Taranta

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Viaggio fino al termine della Notte… della Taranta

26 Agosto 2013

Uno spettacolo quasi incessante, durato sette ore e mezzo, si è consumato il 24 agosto a Melpignano. Nel cuore della Grecìa salentina si allestisce da sedici anni la Notte della Taranta, festival musicale dedicato alla rivisitazione, sempre inedita, dei repertori musicali del tacco d’Italia e della ormai famigerata pizzica.
Sette ore e mezzo fruibili in situ occupando qualche centimetro quadrato con il dovuto anticipo, all’ombra del meraviglioso convento degli agostiniani che fa da contraltare architettonico al palco del concertone.

E questo per poter dire: “io c’ero” a quello che è ormai considerato l’evento musicale più atteso e trasversale dell’estate italiana. A dimostrazione che politiche territoriali mirate, nel bene e nel male, hanno colto nel segno, hanno vinto la loro sfida. Di tarantolati se ne contavano molti più di centomila, secondo le stime della questura, ma tanti altri hanno sfruttato la soluzione della rete e preso così parte, virtualmente, alla sedicesima edizione della Notte della Taranta, quella targata Giovanni Sollima.

19:29 Il pubblico acclama i musicisti. Salgono sul palco i primi suonatori. Il pre-concerto ha inizio con lo spettacolo che precede la grande attrazione agostana: il concertone della Notte della Taranta. I suoni si levano per cominciare a riscaldare gli animi, per far muovere le gambe. Loro sono i cantori dei Menamenamò, un gruppo costituito a Spongano, e coordinato da Luigi Mengoli, per operare un sistematico lavoro di recupero della memoria e della musica popolare. Sul palco, cantori anziani, eseguono gli ultimi stralci di pratiche vocali un tempo spontanee, e a carattere prevalentemente funzionale. Sembrano essere su quella scena per rammentare un’epoca che non esiste più, per riconnettere lo spettacolo attuale con le radici contadine del territorio, quelle a cui il concertone della taranta si ispira.

20:04 La storia dei processi che hanno scandito la musica di tradizione degli ultimi cinquant’anni continua. È la volta del Canzoniere Grecanico Salentino, gruppo emblema del revival di ieri e di oggi. Loro scelgono una pizzica indiavolata per presentarsi, evocando così, per amor di filologia, le sedute terapeutiche del tarantismo, tramite l’uso di stilemi strumentali classici: all’organetto di Massimiliano Morabito e al violino del leader, Mauro Durante. Quest’ultimo, con il chitarrista e cantante Emanuele Licci, rappresenta il trait d’union fra il Canzoniere delle origini, quelle gloriose risalenti al revival engagé degli anni settanta, e l’attuale formazione con le numerose esibizioni, sempre più spesso oltreoceano, nei templi della world music di oggi. Buon sangue non mente, verrebbe da dire.
Ritroveremo Mauro Durante, Emanuele Licci e Maria Mazzotta ad arricchire l’organico dell’Orchestra popolare della Notte della Taranta, nel concertone. Altri componenti, alcuni storici come il polistrumentista Giulio Bianco, altri di recente reclutamento, ma altrettanto importanti come Giancarlo Paglialunga, mancheranno all’appello. Peccato. Tutta colpa delle severe e imperscrutabili leggi impartite nei piani alti.

21:15 Erano gli anni settanta quando i primi cantori di tradizione cominciavano a salire sui palchi, con alcuni di loro c’era spesso Eugenio Bennato. Il musicista campano propone per la Notte della Taranta un cantautorato ispirato alle tradizioni popolari. Sulle note di Brigante se more molti, i meno giovani, hanno un sussulto e un moto di nostalgia: quanto si è modificato il revival negli ultimi 30-40 anni! Fu vera gloria? C’è giusto il tempo di un cambio palco per riflettere.

22:40 La proiezione di un videoclip originale è l’entracte fra il pre-concerto e l’atteso concertone. Il video de Lu Rusciu de lu mare, firmato dal regista Tiziano Russo, è realizzato dal Locomotive Quartet del sassofonista pugliese Raffaele Casarano con la voce di Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro.

22:49 Alla Notte della Taranta non si era mai visto prima un maestro concertatore entrare di corsa, attraversare il palco come una scheggia imbracciando un violoncello, fermarsi al centro della scena e intonare con metronomica precisione una serie di ribattuti. Ecco come si è presentato il sedicesimo maestro concertatore della Notte della Taranta, il violoncellista e compositore siciliano Giovanni Sollima. Sembrava che a lui, il grido “chi non diventa pazzo non è normale”, lanciato dal suo predecessore serbo-croato, fosse rimasto da qualche parte incastrato nella testa come un mantra. Sollima è pazzo della musica, questo lo percepiamo immediatamente.
Pensavo è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra, cantava un altro pazzo della musica e della composizione poetica. È davvero difficile trovare il punto in cui finisce il corpo di Giovanni Sollima e comincia il suo violoncello. Al termine del suo prologo di ribattuti, altri venti violoncelli intessono con lui una trama armonicamente complessa da cui si schiude, come una crisalide, come un miracolo della vita, l’antidotum tarantulae, frammento del ’600 del gesuita Athanasius Kircher. Questa scrittura ricorda concettualmente lo schiudersi della passacaglia secentesca nell’ultimo movimento del Nocturnal, after John Dowland di Benjamin Britten (1963). Una meraviglia, ed è subito pizzica (Pizzica di Galatone) per voce e esplosione ritmica di tamburelli. L’energia si impossessa dell’orchestra e della folla, scatenate dai controtempi e dalle sincopi della voce ormai matura e decisa di Alessia Tondo.

Percepiamo che dissonanze ardite e sovrapposizioni accordali complesse avranno la meglio per tutto il concertone e le nostre orecchie se ne compiacciono.

23:00 Il violoncello di Sollima si misura con una melodia che sembra arrivare dritta dall’altra sponda del Mediterraneo passando per la Sicilia del marranzano di Giancarlo Parisi. Il Salento è nella voce di Antonio Amato che intona Cent’anni sale. È un crescendo di energia e un addensamento progressivo di suoni. A Sollima sembrano piacere anche i crescendo.

23:07 L’orecchio ha bisogno di tendersi per percepire i suoni che prendono corpo dai pianissimo delle corde pizzicate e degli acuti tesi dei violoncelli. È pura musica a programma, quella cioè che descrive le azioni della natura sfruttando la forza evocativa dei timbri e le potenzialità materiche degli strumenti in chiave quasi onomatopeica. Il titolo del brano, E lu sule calau, è evocativo esso stesso: il sole che cala, lo riusciamo a percepire tra gli interventi radi e delicati dell’orchestra. La voce di Stefania Morciano stacca un tempo lento che dà modo alla folla di prendere fiato dopo i primi venti minuti esplosivi.

23:13 Entra in scena Nicolò Fabi. Il ragazzo dal cor gentile interpreta un classico del repertorio vocale dei grandi cantori salentini, Quandu te llai la facce. Una versione delicata e rispettosa per un testo intenso il cui senso è svelato dall’interpretazione partecipata di Fabi. Il cantante romano si confronta poi con un ballabile un-za un-za originario dell’area dell’alto Salento, Tirisina. Ci prende gusto e si lancia divertito nelle danze accompagnando la sua Teresina su un solo di sax di Giancarlo Parisi. Bello, divertente e gentile!

23:34 Tanta leggerezza nella Pizzica di Aradeo di Anna Cinzia Villani, perfettamente a suo agio in questo repertorio: magistrale il controllo dell’articolazione, la voce si muove leggiadra, come danzasse sulla percussione e sui cambi di armonia (Mauro Durante al violino).

23:39 Ascoltiamo quasi con devozione la serenata Beddha ci dormi dalla voce di Alessia Tondo, accompagnata all’organetto da Claudio Prima, assistente musicale del maestro concertatore. Un tempo ternario dilatato, ricco armonicamente, e una melodia intonata da una voce, chiara, intensa e precisa, anche nei cambi di registro. Gli assoli portano la firma del maestro concertatore. Applauso a scena aperta e non poteva essere altrimenti.

23:45 L’introduzione della chitarra battente (Attilio Turrisi) ci dice subito che siamo sul Gargano. Un accompagnamento essenziale e delicato sorregge la danza del ballerino spagnolo di jota Miguel Angel Berna. Tre scene coreurico-musicali staccate con tre tempi diversi per la voce di Maria Mazzotta.

00:11 Le ampie arcate del violoncello di Sollima introducono il secondo ospite romano, Max Gazzè impegnato con la bellissima pizzica di San Vito, impreziosita da soluzioni melodiche inattese che ribadiscono la cifra stilistica di Sollima. Una pizzica tesa e diretta nelle strofe, diventa esplosiva e sorprendente negli strumentali, dove l’orchestra gioca sull’alternanza dei modi della scala minore. In Fronni d’alia Gazzè si misura con un arrangiamento world, il cui ostinato binario delle percussioni esplode sul solo di ciaramella di Giancarlo Parisi, uno dei tanti preziosi contributi a questa edizione del polistrumentista voluto da Sollima in persona. L’orchestra sfuma per lasciare spazio all’ultima strofa e alla coda di violoncello.
Ascoltando Gazzè e prima Fabi, non si può dire che i due ospiti si siano presentati impreparati all’appuntamento con la taranta.

00:25 Fimmine Fimmine, è un altro classico del repertorio salentino. Questa versione particolarmente evocativa è affidata alle voci di Anna Cinzia Villani e Stefania Morciano. La prima parte è costruita come una sinestesia in cui gli interventi strumentali riescono a farci immaginare una scena agreste: il bordone di zampogna è una strada segnata, la pulsazione affidata ai cimbali traccia il cammino e scandisce il passo delle donne dirette verso gli appezzamenti di terra. I suoni evocano spazi campestri ampi, e ci fanno vivere, con un po’ di immaginazione, le giornate di lavoro contadine all’insegna della fatica. Poi il passo diventa una scansione binaria sempre più incalzante, voci e strumenti entrano a canone producendo un’aggregazione e un ispessimento progressivi. La coreografia è una sorta di danza della terra che richiama un rituale agrario.

00:32 È affidato alla voce di Ninfa Giannuzzi il grido di dolore per i bambini della Siria. A loro che hanno subìto la violenza insulsa della guerra è dedicata questa bella ninna nanna in grico (Tonni tonni). La Giannuzzi è tra le migliori esecutrici del repertorio in grico e le sue interpretazioni convincono per efficacia e originalità.

00:40 L’Aria Caddhipulina di Antonio Castrignanò è un inno alla vita. Il cantore e tamburellista si conferma con questa esibizione animale da palcoscenico, grande mattatore e “aizzatore” di folle. Sollima segna in modo scanzonato i tempi deboli. Negli strumentali tenta di ingentilire un brano che non brilla per eleganza né dello stile formale, né dei contenuti semantici. La vis salentina, di cui Castrignanò va particolarmente fiero, scatena il pubblico e porta un sano scompiglio tra gli orchestrali. Tutta Melpignano salta divertita sino all’ultima nota.

00:58 Un violino che viene dall’est per una Pizzica di San Marzano in versione gipsy/manouche che travolge. Enza Pagliara propone in questa pizzica la sua migliore interpretazione sul palco della sedicesima edizione della Notte della Taranta. Al violino Roby Lakatos, di origini ungheresi, incarna la maestria impareggiabile dei suonatori dell’est. Frequenze che fendono l’aria, le sue, si propagano nitide e cristalline nello spazio. È uno spettacolo meraviglioso assistere ai percorsi funambolici di due straordinari strumentisti come Sollima e Lakatos. Sembrano sfidarsi a duello a colpi di archetto, lanciarsi il guanto della sfida su un accordo diminuito a sorpresa. Virtuosismo allo stato puro ed è un piacere dei sensi.

00:07 Acclamata dal popolo del web almeno da 48 ore, sale sul palco la beniamina dei reality musicali targati De Filippi. Emma Marrone, che ha meritato il palco della taranta in nome dei sui natali salentini, si dimena come invasata intonando Lu rusciu te lu mare, un classico già toccato in sorte ad altri ospiti pop salentini. L’esibizione non merita particolare attenzione dal punto di vista strettamente musicale, se non per il fatto che una voce potente e una buona tecnica non vengano messe al servizio di una interpretazione degna di certi repertori. In generale, la sua è una presenza in scena ingiustificatamente fuori controllo e inutilmente pleonastica. Sulla ragione socioculturale della sua apparizione alla Notte della Taranta si potrebbe aprire un dibattito. L’affollamento dei social network in suo nome lascia pensare e offre una chiave interpretativa possibile per questa scelta.

01:21 L’arrangiamento che potremmo definire ctonio di Aska kaleddha sembra emergere infatti dalle profondità, venire alla luce dal passato per rinascere e trovare nuova vita nella voce di Anna Cinzia Villani. Nella parte centrale è come se il pezzo rimanesse intrappolato nelle basse frequenze, ma non ci è dato sapere se si tratta di una scelta musicale o della presenza poco incisiva delle voci del coro. L’acuto finale ci conforta e ci libera, riequilibrando lo spettro sonoro. L’intenzione dell’arrangiamento è molto bella.

01:36 La Passiuna tu Christu è un canto tradizionale associato ai rituali della settimana santa. Per la prima volta Sollima lo porta sul palco della Notte della Taranta. Tiene in conto la potenza espressiva e il valore sociale dei canti religiosi nelle comunità contadine. L’arrangiamento è complesso tanto dal punto di vista metrico che armonico. Negli strumentali i tempi procedono per progressiva diminuzione e i movimenti accordali si spostano per semitoni. Ineccepibile dal punto di vista musicale. In veste di antropologi ci resta, però, una curiosità umana e intellettuale. Ci sarebbe piaciuto testare la reazione degli anziani cantori di Passione di fronte alla spettacolarizzazione, in contesto extra-religioso, di questo canto.

01:49 Tra gli ospiti dell’orchestra fortemente voluti da Sollima si fa il nome di Alfio Antico, re indiscusso del tamburo su terra italica. Si esibisce cantando un canto del suo repertorio, Pitti Petti e si ritaglia uno spazio per ammaliare pubblico e orchestra a ritmo del suo gigante tamburo. L’articolazione del verbo e i suoni della sua lingua, il dialetto siciliano, azionano un dispositivo percussivo regolare, chiaro nelle figurazioni ritmiche, diretto alla testa e alle gambe, come direbbe Rouget. È per questo che riequilibra gli umori, smuove gli arti, attraversa le fibre muscolari, si impossessa della scena, azzittisce tutti, cattura. Guarisce da tutti i mali.

02:05 Emanuele Licci torna sulla scena per proporre una versione di Aremu “minima” e particolarmente malinconica nella voce e nell’arpeggio al bouzouki. Torna sul palco con Licci anche Ninfa Giannuzzi: due baluardi del canto in griko.

02:10 Nella pizzica indiavolata il violino di Lakatos torna a dominare la scena. Un’orchestra che sfuma i suoni per lasciare spazio al virtuosismo allo stato puro. È elogio della tecnica e della musicalità, quelle degli eletti che inebriano lo spirito e aggradano l’orecchio. Lakatos è una sorta di Mister Vertigo “alla Paul Auster”, uno di quei personaggi di fantasia, creati dallo scrittore newyorchese, che se chiudi gli occhi si sollevano e ti sollevano da terra, con la sola forza del proprio strumento.

02:27 Sull’interpretazione della Marrone tornata sul palco per eseguire L’acqua de la funtana, vedi sopra.

02:35 Le prime note di Kali Nikta (buonanotte in greco) e la presentazione dei componenti dell’orchestra ci lasciano intendere che maestro concertatore, ospiti e orchestra stessa si stanno per congedare da questa sedicesima edizione della Notte della Taranta. Un’edizione in cui la scrittura musicale la fa da padrone. La tradizione salentina ne esce impreziosita da tanta competenza musicale. Tante scelte artistiche, a partire dal repertorio proposto, e musicali, come quelle soluzioni armoniche inconsuete per questo palco, hanno fatto gridare al sacrilegio tanti puristi e soprattutto tanti adepti alla musica facile. Peraltro, è stato uno spettacolo in cui la qualità della scrittura ha richiesto interpreti di grande caratura. Molti dei presenti sul palco sono stati perfettamente a loro agio in questa veste, altri – e questo, in toni tutt’altro che polemici, va detto per il bene di questa musica e dei suoi protagonisti – un po’ meno.
Questa Notte della Taranta a firma Giovanni Sollima è pronta musicalmente per teatri dove la gente paga il biglietto per ascoltare la qualità della scrittura musicale. Ma ci vuole più tempo per portare tutti gli interpreti ai livelli ambiziosi, ma stimolanti, che sono propri a una musica pensata e scritta con competenza e particolare dedizione compositiva.

03:50 Intanto, stanotte è festa, è festa sino al termine della Notte… e anche oltre.