Vietato dire “attore” e “attrice”: così il politicamente corretto invade il festival del Cinema di Berlino
26 Agosto 2020
Come un fulmine a ciel sereno – si fa per dire – in un’estate incerta e funestata dalla presenza del virus cinese, il mondo liberal e politicamente corretto si è manifestato in tutta la sua follia. Questa volta niente statue distrutte, né libri dati alle fiamme. Tutto è avvenuto nella tranquillità burocratica dell’organizzazione del Festival del Cinema di Berlino, in cui il mondo della settima arte si cimenta alla conquista degli ambiti orsi.
La questione è che, dalla prossima edizione, come hanno fatto sapere gli stessi organizzatori, non verranno più assegnati premi in base a al genere: non avremo più premi al miglior attore o alla miglior attrice. Ci saranno solo categorie “gender neutral”. Gli interpreti, dunque, dovranno accontentarsi delle sole categorie “miglior performance da protagonista” e da “non protagonista”.
Non era mai successo che tali teorie irrompessero nel mondo del cinema e, soprattutto, che lo facessero in una kermesse internazionale. Si tratta di un confine che ora che è stato valicato, potrebbe estendersi ad altre manifestazioni, contaminando definitivamente gli ultimi segmenti rimasti estranei alla follia gender e politicamente corretta, che sembra inarrestabile.
Come se ciò non fosse sufficiente, è stato anche definitivamente eliminato l’Orso d’Argento Alfred Bauer, che fu il primo direttore della Berlinale: questo perché le sue posizioni durante il nazismo lo rendono incompatibile con il nuovo clima inquisitorio che veleggia nel mondo della cultura, con processi postumi che, come avviene anche in Italia, non risparmiano nessuno, come ha ampiamente dimostrato la vicenda della Coppa Volpi, durante la scorsa edizione del Festival del cinema di Venezia.
Non ci resta che attendere il prossimo camaleontico passo del politicamente corretto e degli armigeri LGBTQ, i quali non si limiteranno al festival di Berlino, ma tenteranno di proseguire nella loro insaziabile follia distruttiva, trovando purtroppo terreno fertile e sostegno nel mondo culturale e politico della sinistra postmoderna, ormai priva di ogni fondamento ideologico e alla mercé di ogni battaglia che possa donare un senso ad un mondo ormai in fumo per autocombustione.