Vincono i Repubblicani e Obama non sembra più così invulnerabile
04 Novembre 2009
Nonostante la vittoria storica del ventitreesimo distretto, quella di oggi è una giornata storta per i Democrats e per l’amministrazione Obama: l’elezione di governatori Repubblicani in Virginia e nel New Jersey, infatti, non lascia intravedere nulla di buono in vista delle elezioni di mid term del prossimo novembre e sancisce la fine dell’invulnerabilità elettorale del Presidente.
I media americani offrono punti di vista diametralmente opposti sulla sconfitta Democrat, la CNN spara a tutta pagina il titolo “Queste elezioni non sono un referendum su Obama”, mentre il Los Angeles Times ribatte: “Le vittorie del GOP mandano un chiaro messaggio ai Democratici”. Questa volta con molta probabilità la verità non sta nel mezzo. Anche una voce tradizionalmente più vicina agli obamiani come il New York Times, infatti, considera questa sconfitta come un segnale negativo: “Un anno dopo essersi spenta, la speranza Repubblicana si riattizza”, titola il quotidiano di New York. “Le vittorie repubblicane nelle corse ai posti di governatore in New Jersey e Virginia, pongono il partito in una migliore posizione per ribattere l’onda politica scatenata da Obama lo scorso anno”, continua il NYT.
D’altro canto, si deve ammettere che una roccaforte GOP come il ventitreesimo distretto dello Stato di New York è andata a finire saldamente nelle mani del candidato democrativo Bill Owens che si sta imponendo sul suo rivale Doug Hoffman per 49% a 45% (con il 92% dei voti già contati). Questo può essere un motivo di riflessione per gli Elephants nella loro giornata di gloria. Allo stesso tempo, però, la vittoria di Owens indora la pillola della sconfitta dei Donkeys.
Con le precauzioni dovute a uno spoglio non ancora completo, si può già cominciare ad analizzare gli scarti di questa tornata. Il robusto vantaggio di Owens non deve però trarre in inganno: i sondaggi per Obama sono ancora negativi e dimostrano il discontento dei suoi elettori in merito all’operato del Congresso a guida Democratica. “Durante gli ultimi mesi il fatto che i democratici sarebbero andati incontro a una dura tornata elettorale di medio termine è stato sempre più chiaro”, ha dichiarato Charlie Cook responsabile dell’indipendente Cook Political Report, dopo il voto. “Quello che abbiamo visto oggi non contrasta in nessun modo con tale affermazione”.
A onor del vero, va riconosciuto che le elezioni di questo tipo non sempre sono indicative di una tendenza futura. Nel 2001 ad esempio, con George W. Bush alla Casa Bianca (durante un periodo paragonabile a quello odierno di Obama), i governatori Democratici vinsero sia in Virginia, sia nel New Jersey, salvo poi perdere al Senato e alla Camera l’anno successivo. Questa volta però, in Virginia, il Repubblicano McDonnel ha battuto il suo rivale per 59% a 41% e il suo collega di partito Christie ha battuto il rivale Democratico Corzine (pupillo di Obama), nel New Jersey, per 49% a 45%.
Si tratta di numeri che magari non avranno una proiezione certa alle elezioni di medio termine previste per novembre 2010, ma che sicuramente possono portare agli Elephants molti soldi in vista di una futura raccolta fondi e molte nuove reclute nel loro “esercito”. La visibilità gioca un ruolo fondamentale nella politica statunitense. Stando a David Axelrod, senior adviser di Obama, questa vittoria Repubblicana non significa automaticamente una sconfitta per il suo Presidente: “se è vero che siamo di fronte a una forte reazione negativa [degli elettori] contro i Democratici, allora perché siamo riusciti a vincere in un posto in cui non si eleggeva un Democratico da centocinquant’anni?”.
Indipendetemente dagli sviluppi futuri, si può comunque azzardare un altro tipo di considerazione: i giovani afro-americani o di origini latino-americane e quelli che votavano per la prima volta non hanno aiutato Obama supportando i suoi uomini in Virginia e New Jersey (rispettivamente Deeds e Corzine) come avevano aiutato il giovane presidente lo scorso anno. Questo può significare che gli stessi elettori indipendenti (chiamati “surge voters” con riferimento alle operazioni militari mediorientali) questa volta hanno scelto di appoggiare candidati del GOP.
Ma in questa tornata elettorale i Repubblicani possono gioire per un altro motivo: l’esame (di coscienza) che l’abbandono di Dede Scozzafava (una GOP moderata con visioni Democrat sull’aborto e sul matrimonio gay) rischiava di imporre al Grand Old Party non ci sarà. Gli elettori conservatori hanno scelto di appoggiare solamente candidati dediti alla causa, senza ambiguità. Secondo l’ex capo del Partito Repubblicano del Michigan, Saul Anuzis, “i Repubblicani possono vincere quando fanno in modo di enfatizzare la questioni giuste e non lasciano che il loro messaggio sia cooptato…[invece] i democratici e alcuni dei loro amici nei media tentano di dipingere un po’ tutti i Repubblicani come cavernicoli che soffiano sul fuoco”.
La questione fondamentale rimane comunque aperta: i risultati elettorali di oggi segnalano i limiti dell’influenza elettorale di Obama anche se Axelrod, il suo consigliere principale, si dice convinto del contrario e la butta sulla geopolitica: “credo che i nostri elettori si faranno vivi per le elezioni nazionali e questa non era un elezione nazionale”.