Violenza sulle donne, la Regione Abruzzo scende in campo
21 Giugno 2012
I numeri dipingono un quadro preciso: nel 2011 le donne abruzzesi che hanno contattato i centri antiviolenza sono state 513, quelle prese in carico 203, e 52 quelle seguite dagli anni precedenti. A chiedere aiuto al centro Ananke di Pescara sono state in 300, a Chieti il consultorio Alpha ne ha ricevute 11, al centro Le Melusine dell’Aquila 76, alla Fenice di Teramo 81, La Libellula di Sulmona ne ha sostenute 36 e la Casa delle donne, sempre a Sulmona, ne ha accolte 9. La buona volontà può molto, e lo dimostrano i numeri delle donne aiutate, ma non basta. Occorrono fondi, e anche il riconoscimento istituzionale di queste strutture, che in Abruzzo operano con professionalità e correttezza da anni.
Qualcosa però si sta muovendo, visto che i consiglieri regionali, Camillo Sulplizio e Federica Chiavaroli, si sono fatti promotori di un disegno di legge proprio per il rifinanziamento della legge regionale n.31 0/6 a sostegno dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza per le donne maltrattate e per l’istituzione dell’albo regionale dei centri antiviolenza.
“La violenza contro le donne e i minori è una piaga globale – afferma la consigliera Federica Chiavaroli – che continua ad offendere, ferire e nei casi più estremi ad uccidere. E’una delle violazioni umane più diffuse, che nega il diritto delle donne all’eguaglianza, alla sicurezza, all’autostima e il loro diritto di godere delle libertà fondamentali. Purtroppo la dimensione del fenomeno è allarmante anche in Italia, basti pensare ai dati dell’indagine Istat e alle morti di donne registrate quest’anno: più di 60”.
Abbastanza per decidere di fare qualcosa di concreto, come ribadisce Federica Chiavaroli: “Ho fortemente sostenuto, con il collega Sulplizio, una proposta di legge che chiede il rifinanziamento delle legge, con l’introduzione di alcune modifiche sollecitate da chi lavora sul campo. Ringrazio tutti gli operatori per il lavoro che fanno, grazie a loro abbiamo uno spaccato della realtà delle donne vittime di violenza, situazioni difficili per chi le vive e in qualche modo anche per chi opera quotidianamente con le donne e i loro figli. I centro Antiviolenza sono strutture essenziali per sostenere le donne nel loro percorso di uscita dalla violenza, pertanto accanto a bellissime dichiarazioni di sostegno o di interesse, ritengo che le istituzioni debbano fare di più: va percorsa una strada decisamente più concreta che va dalla tutela della professionalità per chi opera in questo settore, onde evitare controproducenti improvvisazioni, alla destinazione di fondi certi e continuativi ai centri che attualmente, dopo il taglio di fondi, anche da parte dei Comuni, sono a rischio chiusura. Questo – conclude la Chiavaroli – non può succedere, specie ora, che il tema è diventato più visibile e le donne hanno finalmente il coraggio di denunciare. In questa situazione non possiamo farci trovare impreparati, non possiamo permettere che i servizi che le accolgono non ci siano”.
Tra i dati, ce n’è uno che lascia davvero interdetti: gli autori della violenza sulle donne sono in larga parte mariti e conviventi (60,9%). “Per questo è più difficile denunciare -, spiega Liliana Caravelli, responsabile del centro di Sulmona – perché sono persone che appartengono alla sfera intima”. Infatti, se non è il compagno, nel 17,3% è un ex partner, nel 9,2% è un familiare, nel 9,9% si tratta di un conoscente. Solo il 2,4% delle donne che ricorrono ai centri, hanno subito abusi da uno sconosciuto. L’incubo è tra le mura di casa, e le vittime raddoppiano se si pensa ai minori che ogni giorno assistono ad atti violenti sulle madri. Anche per loro lavorano gli operatori dei centri, psicologi, psicoterapeuti, consulenti legali.