Vittorio Arrigoni. La strage di Itamar. Hamas e ANP moralmente complici
19 Aprile 2011
La dirigenza di Hamas ha sparato tutte le cartucce propagandistiche disponibili per ripulirsi la coscienza dopo l’omicidio di Vittorio Arrigoni, nel timore che la morte del giovane possa incrinare le certezze, saldissime, dei militanti pro-palestinesi in Italia e nei paesi europei. Ieri, la salma di Arrigoni ha lasciato l’ospedale di al-Shifa a Gaza scortata da un corteo di automobili su cui viaggiavano i membri dell’organizzazione islamica, diretti verso il valico di Rafah, da cui, secondo voci ufficiose, potrebbero essere entrati gli assassini. Hamas ha celebrato una cerimonia, meglio, un "funerale militare", per "onorare" l’amico dei palestinesi che aveva scelto di vivere a Gaza sperando in un futuro migliore, un domani senza "ratti" israeliani, come li chiamava lui. La bara di Arrigoni è stata avvolta in due bandiere, una italiana e una palestinese, mentre il "ministero degli interni" di Gaza estendeva le sue condoglianze alla madre della vittima. Gli amici e i compagni del "martire della solidarietà" hanno chiesto in lacrime alle autorità islamiche che "i suoi assassini vengano scovati e processati".
Hamas non si è tirata indietro dalle indagini, anche se, dice il ministro degli esteri italiano Frattini, l’omicidio continua "a non essere molto chiaro". Subito dopo che Arrigoni è stato strangolato, Hamas ha lanciato un’operazione su vasta scala (neanche troppo vasta, Gaza è un fazzoletto di terra), per scovare esecutori e mandanti: retate, interrogatori a tappeto fra i salafiti, la chiusura provvisoria dei tunnel clandestini che passano sotto il confine con l’Egitto. Si dà la caccia a un misterioso "giordano" che sarebbe la mente del sequestro, e ad altri due palestinesi delle cellule pro-Al Qaeda che pullulano nella Striscia. Il "governo" di Gaza ha fatto arrestare due uomini, Farid Bahar e Tamer al Alhasasnah, provenienti dal campo profughi di Shati e vicini ai salafiti. I due avrebbero militato nelle brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio militare dell’organizzazione islamica. Se la notizia venisse confermata, sarebbe evidente che l’intera struttura di Hamas si è indebolita cedendo il passo a un pulviscolo di sigle e gruppi terroristi, gli stessi che hanno ripreso a sparare missili su Israele. Il "premier" Haniye non è più in grado di proteggere la popolazione e gli stranieri nella Striscia. C’è sempre qualcuno più estremista di te.
Il 17 aprile hanno vuotato il sacco anche i due ragazzi del villaggio di Awarta arrestati nei giorni scorsi dalle autorità palestinesi in West Bank. Il diciottenne Hakim Mazen Awad e suo cugino Amjad Mahmad, di un anno più grande, erano una coppia che non faceva parte di nessun gruppo integralista. Due giovanotti che un giorno, precisamente l’11 marzo, stanchi a quanto dicono delle vessazioni subite dai coloni israeliani, hanno deciso di "morire come martiri". Prima si introdotti nella abitazione di uno dei coloni, rubandogli un fucile mitragliatore, e in seguito, sempre in cerca di altre armi, sono entrati in casa della famiglia Fogel. Per iniziare, hanno accoltellato i due figli più grandi dei Fogel, Elad, di quattro anni, e Yoav, di 11. Subito dopo è toccato ai genitori, Ehud e Ruth, che hanno cercato invano di reagire. Mentre i cugini se ne andavano soddisfatti, sono stati attratti dai vagiti di un neonato, completando la l’opera con lo sgozzamento del piccolo Hadar nella culla. Dopo il film dell’orrore che li ha visti indiscussi protagonisti, sono tornati indietro ed hanno chiesto a uno zio – militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – di nascondergli le armi e gli far sparire gli abiti ancora sporchi di sangue. Lo zio non ci ha pensato due volte e attualmente è agli arresti insieme a un altro suo complice.
Il presidente dello stato palestinese, Mahmud Abbas, e il premier Salam Fayyad, hanno condannato la strage di Itamar per la sua efferatezza. Ma né le scuse di Abu Mazen né le cerimonie orwelliane di Hamas dopo la morte di Arrigoni possono toglierci dalla testa che i vertici della politica palestinese siano moralmente complici della violenza che si è scatenata nella loro terra, uno stato che sta nascendo sotto i peggiori auspici, e in cui l’odio seminato scientemente per anni contro Israele, e addossato unicamente sulle spalle di Israele, ha infine prodotto una guerra di tutti contro tutti, un sistema corrotto ed eversivo dove contano solo la vendetta e il martirio, un cupio dissolvi che spazza via ogni diritto, ogni libertà, ogni legittimo desiderio di battersi per l’autodeterminazione del proprio popolo. D’altra parte, fino a una decina di anni fa, le due anime del mondo palestinese erano unite da una tacita alleanza. Un movimento nativista basato sul culto di una violenza assassina, in cui ad essere esaltati erano (e sono) i valori della morte e della distruzione. Ostile a ogni modernizzazione sociale ed economica, ossessionato dal complotto sionista, questo potere reazionario tende alla repressione sessuale, nega la libertà di parola ed ogni valore d’impronta liberale, considerandole forme di ‘occintossicazione’, aspetti patologici delle democrazie occidentali.
La "Carta di Hamas" parla chiaro, evidenziando quanto sia sottile il confine fra l’organizzazione che comanda a Gaza e il terrorismo salafita. Nell’articolo 7 della Carta, in una versione del documento tradotta dalla National Review che risale al periodo successivo all’11 Settembre, c’è scritto chiaramente che l’obiettivo di Hamas è la pulizia etnica della Striscia, in nome di Allah grande e misericordioso ("Oh musulmano! Oh Abdullah! C’è un giudeo dietro di me, vieni ed ammazzalo"). L’hadith è stato recitato nell’aprile del 20o2 nella moschea di Gaza durante il sermone della Autorità Palestinese, lo sheikh Ibrahim Madhi. Il fascismo islamico, o come si voglia chiamarlo, è una visione politica violenta della religione musulmana: "la creazione, attraverso il terrorismo, la sovversione e l’insorgenza, di un impero totalitario che nega ogni libertà politica e religiosa", come ebbe a dire George W. Bush nel discorso al National Endowment for Democracy del 2005. I fanatici dell’islamismo, che si tratti di professionisti della violenza come gli assassini di Arrigoni, o dei cugini-licantropo che hanno sterminato la famiglia Fogel, si battono per avere una terra "pura", senza ebrei, senza occidentali. Hamas e l’ANP nel corso degli anni hanno seminato tempesta; raccolgono qualcosa di ancora peggiore.