Viviamo in un’epoca in cui se non piaci non esisti

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Viviamo in un’epoca in cui se non piaci non esisti

05 Gennaio 2011

Oggi non si può essere brutti. Se non piaci la socializzazione è a rischio. Questo è il problema per molti adolescenti che non prendono proprio in considerazione la possibilità che la socializzazione passi anche attraverso il carattere, la capacità individuale di creare relazioni e non solo attraverso l’aspetto fisico.

La paura di essere brutti, di non piacere, può assumere dimensioni inquietanti. Il giudizio degli altri diviene un imperativo categorico. Non ci si guarda più con i propri occhi, quelli degli altri divengono il metro che stabilisce se siamo giusti o no. E’ da come li percepisce l’esterno che i ragazzi imparano piano piano a decidere di se stessi. Se l’amica ci ha guardato con sussiego, se i ragazzi hanno riso su un dettaglio, su un vestito, via, si cambia subito. Se i dettagli sono purtroppo quelli del corpo, allora la cosa diviene più complessa. Ma anche qui si fa strada subito l’idea di poter intervenire per soddisfare il giudice esterno. Si può ricorrere alla chirurgia.

Purtroppo il normale disagio adolescenziale che ha fatto parlare di sé poeti, scrittori,psicologi, viene visto al pari di un difetto fisico. Può essere estirpato, tolto come un brutto naso che viene rifatto. Poi può essere un seno da rifare, poi gli zigomi, le labbra e si può andare avanti all’infinito nel corpo che può essere rifatto in ogni dettaglio. Si spera in questo modo di supplire alle difficoltà legate alla crescita.

Si pensa così che aderendo ad un modello di bellezza si sia accettati. Se ciò accade il gioco è fatto. Si è a tutti gli effetti ammessi nel sociale, si è all’altezza. Se si ha una vita relazionale intensa di contatti – e non di vere relazioni – i ragazzi hanno l’idea di essere dentro, di essere giusti, di avere consenso.

Dunque, il consenso passa attraverso il fisico. Se corrispondi a certe misure a determinati connotati fisici, allora non devi temere l’esclusione. Non essere considerati, cercati, nell’adolescenza può essere drammatico. Si ha la sensazione di non esistere. A questi ragazzi si è insegnato a non accettare il proprio corpo, a non accettare l’imperfezione. Alla chirurgia estetica si affida così il proprio disagio esistenziale sperando che venga estirpato. L’idea della personalità perfetta assomiglia al fisico perfetto.

Il proprio carattere, la proprio personalità è affidata ad un fisico perfetto perché rifatto secondo canoni suggeriti dall’esterno. Un’ omologazione che azzera le differenze, che annienta le personalità, che crea ragazzi privi di carattere in balia delle mode del momento. Sempre più preoccupati di capire “come gira il vento” per adeguarsi, piuttosto che cercare di capire il loro carattere, i loro desideri, le loro inclinazioni.

Allora il disagio normale dell’adolescenza, la fatica di convivere con gli ostacoli della vita, il normale sapersi accettare arreca una grande paura, dalla quale si crede di poter guarire ricorrendo a pillole o chirurgie che fanno guarire da se stessi. La paura di essere considerati sfigati è così ossessiva che il corpo è diventato il nuovo status symbol.

Chi non ha avuto la fortuna di nascere bello ha il dovere di fare qualcosa per migliorarsi sennò non è considerato. Questa omologazione porta alla mediocrità e a scontare un costante senso di inadeguatezza che viene supportato e costantemente sottolineato ogni qualvolta essere belli viene collegato a nuove immagini a nuovi modi di dover essere.

Gli adolescenti di una volta potevano essere brutti, magari erano molto simpatici, oggi si passa l’esame solo se si è belli. L’amicizia stessa dipende dall’aspetto. Si decide dall’aspetto se quel ragazzo o ragazza potrà essere congeniale ad un gruppo di persone oppure no. Ciò vuol dire che non si ha la possibilità di far sentire chi sei, che fai, che pensi, poiché se non hai il fisico giusto la faccia bella e alla moda non ti viene data neanche la possibilità di essere ascoltato.