«Voterò No al referendum perché non si possono umiliare i principi della Costituzione»

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«Voterò No al referendum perché non si possono umiliare i principi della Costituzione»

Nuova puntata del nostro speciale “Amministratori per il No”, che dà la parola a sindaci e amministratori locali schierati per il No al referendum costituzionale. Oggi parliamo con il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza.

Sindaco, c’è qualcosa delle riforma costituzionale che rispedirebbe volentieri al mittente?

«In autunno voterò No per un chiaro e preciso motivo legato al metodo con cui si sta violentando la nostra Carta Costituzionale. Come ho già avuto modo di dire, concordo con le azioni di snellimento dei processi anche perché il momento storico è mutato da quando è stata fatta la Costituzione, ma i principi della Carta, tra cui quello della massima rappresentatività valido anche per le sue modifiche, devono restare validi e il metodo con cui è stata fatta questa riforma non solo non li rispetta, ma li umilia. Trovo inaccettabile che si voglia sacrificare le Regioni a Statuto speciale sull’altare di un nuovo centralismo. In giro c’è molta propaganda: cercano di far passare l’idea che le autonomie siano l’equivalente dei privilegi, quando invece corrispondono nella stragrande maggioranza dei casi a esperienze di buongoverno e ad una corretta amministrazione delle risorse. La corretta applicazione del principio costituzionale di sussidiarietà, inoltre, vede i Comuni come i soggetti pubblici più vicini ai cittadini e in grado di dare risposte immediate ai loro bisogni. I municipi, quindi, sono i diretti interlocutori della popolazione locale e del territorio con il Governo».

In Friuli Venezia Giulia, la presidente Serracchiani rivendica di aver abolito per prima le province dall’ordinamento regionale. Fu vera gloria? 

«Ascolti, non c’è dubbio che l’abolizione delle province abbia avuto una sua rilevanza, anche storica. Ma la Serracchiani quanto a demagogia non è seconda al suo segretario di partito: bisogna far notare che se le Province escono dallo Statuto regionale al termine di un iter complesso, le stesse rientrano dalla finestra grazie a una discussa riforma degli Enti Locali voluta dall’attuale governo regionale e che io giudico molto dannosa. Al posto di quattro province, ci ritroveremo con 18 “Uti” (Unioni Territoriali Intercomunali, n.d.r.), proprio grazie alla riforma degli enti locali sponsorizzata dalla Serracchiani. Non mi sembra che una scelta del genere risponda a quelle esigenze di semplificazione, riorganizzazione amministrativa ed efficientamento utili ad esaltare le forze dei nostri territori».

Quando ha vinto le elezioni a Trieste, Lei ha detto: “Ricominciamo da qui per mandare a casa Renzi”. Se al referendum costituzionale vincesse il No, sarà l’avviso di sfratto definitivo per l’inquilino di Palazzo Chigi?

«Dopo la sconfitta del Pd alle amministrative, Renzi si è lanciato con tracotanza nella sfida referendaria, sbagliando molto, se non tutto. Non ha compreso che questa riforma rischia solo di ingolfare la macchina amministrativa, moltiplicando i costi per i cittadini, e che se la si somma ad una legge elettorale mal congegnata come l’Italicum non risolverà i grandi problemi che il nostro Paese si trova ad affrontare. Più che un principio astratto mi è molto cara una frase di Piero Calamandrei, che ho anche citato nel mio discorso di insediamento in Consiglio comunale a Trieste nel luglio scorso: “Solo con la partecipazione collettiva e solidale alla vita politica, un popolo può tornare padrone di sé”. Sono parole che mai come ora sento attuali, perché ci richiamano a fare ognuno la nostra parte come cittadini, a interessarci alla cosa pubblica e a non delegare. Insomma, credo che sia il momento di andare oltre gli annunci e le false promesse di questo Governo: dobbiamo impegnarci tutti per far vincere il No al referendum e saper immaginare il dopo, cioè l’alternativa al renzismo. Le ricordo che a Trieste abbiamo dimostrato come il centrodestra, con il valore aggiunto della componente civica, quando è unito vince».

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