Voto Rai: sul Governo pesa l’enigma Mastella
20 Settembre 2007
di Guido Forte
Congelamento delle nomine fino alla presentazione del piano aziendale. Questa è l’unica decisione presa dal Senato al termine di una lunga giornata, che come al solito è stata vissuta sul filo del rasoio. Per il resto tutte le risoluzioni sono state bocciate o, come nel caso più eclatante di quella dell’Unione, sono state ritirate. Ma il dato che risalta più di tutti è la crisi politica che si è aperta nell’Unione.
Protagonista il Guardasigilli Mastella, che ha sbottato dicendo che “o c’è un chiarimento politico, o si va al voto”. E continuando: “Abbiamo constatato che una maggioranza non c’è”. Parole pesanti che sono state subito raccolte dalla capogruppo dell’Ulivo, Anna Finocchiaro, che ha spiegato: “Nessuna conseguenza per il Governo ma è chiaro allo stesso tempo che le dichiarazioni del ministro Mastella e la sua assenza dall’Aula pongono la necessità di un chiarimento in sede politica”.
E’ finita, quindi, come molti si attendevano. Il governo non è caduto sulle risoluzioni ma ne è uscito malissimo, come lo stesso Gianfranco Fini aveva predetto ieri. Male prima di tutto per il tenore della risoluzione che è stata approvata e che di fatto sconfessa la nomina che solo una decina di giorni fa il ministro Padoa Schioppa aveva operato. Un brutto colpo per l’immagine del ministro. Ancora oggi nella sua relazione a Palazzo Madama aveva cercato di spiegare di aver agito non in base ad esigenze politiche ma aziendali. Ma dal Senato è arrivato quasi unanime, ben 295 voti, la sua bocciatura. A passare, infatti, è stato un punto della risoluzione presentata dai senatori Bordon e Manzione in cui si chiedeva al Governo di “adottare tutte le iniziative urgenti e necessarie per evitare che si possa comunque procedere a nuove nomine prima che sia stato definito e approvato il piano industriale della Rai e i piani editoriali coerenti con questo, che sono gli strumenti fondamentali per ridefinire la strategia dell’azienda”.
In pratica nessuna nomina fino alla fine dell’anno. Una vittoria per chi presentava la risoluzione ed una sconfitta bruciante per l’asse Margherita-Ds che proprio sulla nomina di Fabiani avevano contato per mettere in opera le nomine da tempo in cantiere. Sarà interessante ora vedere come si regolerà il CdA e in particolare lo stesso presidente Petruccioli che ancora ieri ribadiva l’autonomia dell’azienda e delle sue scelte editoriali.
Dal canto suo, l’Unione deve anche registrare la magra figura del ritiro della sua risoluzione. Sintomo di un’evidente debolezza. Motivo ufficiale il fatto che l’aver approvato alcuni punti della Bordon- Manzione rendeva superflua la risoluzione radical-ulivista. Ma la ragione invece è legata al timore di non poter contare su una solida maggioranza dopo le defezioni mastelliane, dipietriste e di altri senatori tra cui Pallaro, Follini e i “diniani”. L’immagine plastica dell’ingovernabilità.
Anche nella CdL però il vento che spira non è dei migliori. L’atteggiamento di Storace ha impedito che la risoluzione unitaria del centrodestra passasse. Battuta per solo un voto, 154 a 155, e che una volta approvata avrebbe messo alle corde il governo. Invece le cose sono andate diversamente, cosa che conferma come anche a destra ci sono problemi di tenuta. Forse, ed è questa la considerazione di diversi senatori della CdL ed in particolare di An, si sarebbe dovuto evitare di sottovalutare Storace che con tre elementi oggi al Senato rappresenta un potere enorme. Una rilevanza che chi conosce l’ex governatore del Lazio sa che saprà far fruttare bene. Ma è evidente che la giornata di oggi peserà più a sinistra e sui delicati equilibri dell’Unione.
Sembra quasi di rivivere i giorni dello scorso febbraio quando il governo andò sotto sulla politica estera. Qui è mancato il voto ma l’aria che si respira è la stessa, se non peggiore. Il problema è che l’esternazione di Mastella dà oggi il segno che nella maggioranza la crisi politica sta dilagando. Infatti la sua richiesta di verifica segue le defezioni dei “diniani” e anche le dichiarazioni rilasciate a Panorama dal ministro Di Pietro che ha chiesto a Prodi di fare “un passo indietro”. Non un caso isolato ma un mosaico che quindi sta perdendo tessere un pochino ovunque e che dimostra che l’Unione si sta avviando al tramonto.
Lo stesso Casini, di solito molto contenuto nelle sue dichiarazioni, rivolgendosi a Prodi gli chiede adesso di “prendere atto di non aver una maggioranza”. Ed il ritorno di fiamma tra lui ed il Cavaliere è il segno che il termometro elettorale sta iniziando a salire. Adesso è evidente che nella maggioranza si aprirà una dura partita che non potrà non coinvolgere anche la questione della legge finanziaria che il Governo dovrà approvare entro questo mese.
E proprio oggi i rappresentanti della sinistra radicale hanno consegnato a Prodi le loro richieste di bilancio e tra queste c’è lo spinosa questione della riforma delle pensioni e dell’abolizione dello scalone. Tutti argomenti che rischiano di acuire le divisioni e le distanze nel centrosinistra e di avvicinare le elezioni.