Walter parla di costi della politica per risalire la china nei sondaggi

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Walter parla di costi della politica per risalire la china nei sondaggi

17 Marzo 2008

Meno finanziamenti pubblici ai partiti e più spazio alle sovvenzioni dei privati. O meglio: “Non possiamo più stare in un paese con gli stipendi più bassi e le retribuzioni dei parlamentari più alte del resto d’Europa. Dobbiamo unificare le retribuzioni dei parlamentari agli altri paesi europei”. Il monito stavolta arriva dal segretario del Pd, Walter Veltroni, che ha aggiunto (come a mettere le mani avanti): “Non dico questo perché sono tentato di indulgere nell’anti politica, ma perchè la politica deve recuperare sobrietà ed efficienza”.

Veltroni è l’ultimo leader in ordine di tempo a puntare il dito su quella che sembra ormai essere diventata una farsa: il finanziamento pubblico alla politica.

Abolito a furor di popolo con un referendum che nel 1993 raccolse il consenso della stragrande maggioranza degli italiani, circa 30 milioni con il 90.3 per cento delle preferenze, il finanziamento ai partiti e ai parlamentari ritorna sempre. Se non dalla porta principale, da una finestra. Da uno spiraglio, lasciato aperto dalla politica nostrana.

E tornando a Veltroni adesso l’ex sindaco di Roma ha intenzione di cavalcare il tema annunciando una “svolta” e passando ad un “sistema americano di finanziamento” dove non sia più lo Stato a sostenere la politica ma “soggetti privati”.

Naturalmente tutto alla luce del sole con tanto di registrazione e di rendiconto. Sarà, ma l’uscita del leader del Pd sembra più una mossa elettorale.

Il tentativo disperato per muovere sondaggi e consensi ormai immobili e lontani dal Cavaliere. L’obiettivo, nonostante la smentita dello stesso Veltroni, sembrerebbe quello di agguantare gli strati più delusi dell’elettorato, tanto per capire quel mondo che ammicca all’antipolitica di Grillo e Di Pietro. Che ci riesca è tutto da verificare, quello che è invece certo è che anche per questa volta deputati e senatori, capi di partito ed esponenti politici passeranno alla cassa. E la fila dovrebbe essere molto lunga.

A correre per primi all’incasso saranno gli esclusi da questa campagna elettorale. Quell’esercito di parlamentari rimasti fuori dal giro politico. Vistosi negato il riconoscimento alla pensione perché la legislatura non ha raggiunto i due anni e sei mesi di vita, deputati e senatori “trombati” potranno rifarsi con l’assegno di reinserimento nella vita sociale. Può sembrare quasi una presa in giro.

Politici che fino a qualche mese fa portavano a casa tra i 13 ed i 16mila euro, cumulando in alcuni casi anche compensi ministeriali, adesso hanno bisogno di reinserirsi in società. Al pari di detenuti o diseredati. Uno dei tanti privilegi dei nostri parlamentari.

L’assegno che intascheranno sarà calcolato in base all’80 per cento del loro stipendio moltiplicato per gli anni che consecutivamente hanno preso posto a Palazzo Madama o Montecitorio. In breve 9mila 362 euro più gli anni di lavoro alla Camera per i deputati e 9mila 604 più l’anzianità di attività per i senatori. Ed in questo caso visto che la legislatura è durata poco più di due anni per i “poveri diseredati” parlamentari ci sarà ad aspettarli per il loro ritorno alla vita normale un assegno di 18mila 725 euro se deputati o di 19mila 209 euro se senatori.

Cifre che possono prendere il volo nel caso gli anni di attività parlamentare consecutiva siano molti di più. E’ il caso di Clemente Mastella appiedato per questo giro elettorale che però per i suoi 32 anni di onorato servizio riceverà un assegno di 300mila euro. In totale i responsabili di Camera e Senato fanno sapere che il costo del reinserimento dei nostri politici nella vita di tutti i giorni potrebbe costare tra i 25 ed i 30 milioni di euro.

Altro che taglio al finanziamento pubblico della politica. Ma non finisce qui perché nel vaglio delle spese che i cittadini dovranno affrontare c’è la questione dei rimborsi elettorali. La normativa fu introdotta nel ’99 dal centrosinistra e poi negli anni affinata fino ad arrivare ad oggi che con il taglio del 10 per cento previsto dall’ultima finanziaria si arriva a 425 milioni di euro. Cifra calcolata in base al meccanismo di un euro ogni avente diritto al voto e spalmata sui cinque anni di legislatura previsti. Finanziamento che coprirà anche le spese elettorali delle prossime elezioni europee e regionali.

Una torta comunque favolosa a cui ambiscono tutti i partiti, grandi e piccoli. Infatti per partecipare al riparto basta arrivare all’1 per cento dei consensi e quindi prendere poco meno di 400mila voti. Un boccone ghiottissimo che spiega anche come mai a dispetto dei tentativi di Berlusconi e Veltroni per semplificare il quadro delle forze politiche il 13 aprile saranno ben undici i candidati premier che si sfideranno.

E così Franco Turigliatto con la sua Sinistra Critica, Marco Ferrando con il Partito Comunista dei lavoratori, Roberto Fiore con Forza Nuova, Bruno De Vita con Unione dei Consumatori e Fabiana Stefanoni con la sua Alternativa Comunista potrebbero partecipare al lauto banchetto. Tutte formazioni politiche al di sotto della soglia dell’1 per cento ma che sperano di raggiungere la fatidica quota per accedere ai finanziamenti. Non dovrebbero invece avere problemi Storace e Boselli rispettivamente con La Destra e con il Partito Socialista. Per loro il superamento dell’1 per cento dei consensi è quasi certo.

E non importa se poi alla fine nel Parlamento non avranno nessun rappresentante. Almeno una corsa, quella al finanziamento, l’avranno vinta. Alla faccia del taglio dei costi della politica.