Washington, “Accordo possibile”. Provaci ancora Kerry
31 Luglio 2013
"Molto positivo". Così il segretario di stato americano, John Kerry, ha definito i colloqui tra israeliani e palestinesi che si stanno svolgendo a Washington. Era dal 2010 che si cercava di riannodare i fili dei "colloqui di pace" o presunti tali. I negoziati si svolgono a pochi isolati di distanza dalla Casa Bianca ma, a quanto pare, il presidente Barack Obama ha deciso di tenere una distanza di sicurezza molto più ampia.
Dopo i tentativi, tutti falliti, del suo primo mandato, Obama ha lasciato la patata bollente nelle mani di Kerry, il quale sta affrontando con ottimismo la vexata quaestio ma già ieri avvertiva che per molte ragioni bisogna procedere con grande calma, vista la complicatissima situazione tra i due contendenti.
Se Kerry otterrà qualche risultato, Obama probabilmente verrà a raccogliere i risultati, magari partecipando alla fase finale dei talks o intervenendo di persona se salteranno fuori problemi insormontabili. Di problemi, come sappiamo, ce ne sono a iosa.
Lo status di Gerusalemme, il destino degli insediamenti israeliani in West Bank, la questione dei confini del ’67, quella dei profughi e della diaspora palestinese. Il governo Netanyahu ha dato un segnale nei giorni scorsi liberando 104 detenuti palestinesi, alcuni di loro condannati per attacchi terroristici contro israeliani. Un primo passo.
Ma ieri, parlando al Cairo, e fregandosene della richiesta di Kerry di fare dichiarazioni pubbliche durante i colloqui, il presidente palestinese Abbas avrebbe detto, secondo Times of Israel, "Nella risoluzione finale, non vogliamo vedere la presenza neppure di un singolo israeliano, civile o militare, sulle nostre terre".
Abbas ha incontrato le autorità egiziane per discutere un ammorbidimento delle restrizioni alle frontiere tra il Cairo e Gaza. Parlando dei talks, il presidente palestinese ha ripetuto che il congelamento totale degli insediamenti israeliani in via di costruzione è una invariante fissa dei colloqui.
Israele aveva chiesto di mantenere una presenza militare nei territori occupati al confine della Giordania, per prevenire il traffico di armi che avrebbero potuto essere usate contro lo Stato di Davide. Abbas ha risposto come abbiamo scritto, "nessun israeliano nelle nostre terre". Bel modo di negoziare. Davvero un grande successo, almeno per ora, quello di Kerry.