Welfare, gli effetti del Protocollo sui conti

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Welfare, gli effetti del Protocollo sui conti

19 Novembre 2007

Recependo il protocollo del 23 luglio scorso, il ddl n. 3178 AC non ha inserito, nell’articolato della delega, il riferimento a 5mila trattamenti all’anno in precedenza assunto quale parametro per individuare le “risorse massime disponibili su base annua pari mediamente a 252 milioni di euro”.

La norma ha indicato – peraltro –  il fabbisogno, anno per anno, fino al 2017 (peraltro, a sommare i relativi oneri, i finanziamenti previsti – per 2,86 miliardi – superano di 340 milioni l’importo dei 2,52 miliardi contenuto nel Protocollo).

Non è irrilevante, però, la scomparsa del tetto fissato per le prestazioni. Se – come tanti sostengono – le risorse si rivelassero insufficienti, l’Inps dovrebbe continuare a riconoscere le agevolazioni agli interessati in base ai requisiti di legge, mentre il Governo e il Parlamento sarebbero tenuti a reintegrare le disponibilità necessarie.

In sostanza, l’indicazione di uno stanziamento annuo per il “fondo lavori usuranti” non incide sul riconoscimento del diritto al pensionamento anticipato.

Una volta superato il  vincolo dei 5mila trattamenti, l’ente previdenziale potrebbe sostenere, invece, che è venuto meno il diritto alla prestazione agevolata per quanto riguarda l’età pensionabile (tre anni di anticipo, fermo restando il requisito anagrafico minimo di 57 anni). Soluzioni che limitano, secondo criteri di ragionevolezza, il riconoscimento di particolare benefici, sono del tutto legittime e presenti nello stesso ddl.

Si prenda il caso dei lavoratori collocati in mobilità, i quali conservano le regole vigenti prima della riforma Maroni limitatamente al numero complessivo stabilito dalla legge. Quando il Governo ha ritenuto di superare il massimale previsto ha dovuto promuovere una specifica iniziativa legislativa. Ma non c’è solo questo caso.

Il “salto nel buio” del lavoro usurante è la conseguenza di una normativa troppo generosa. Di mansioni usuranti si parla da un quarto di secolo; nel corso degli ultimi 15 anni sono stati varati persino dei provvedimenti legislativi rimasti tuttavia inapplicati.

Ma in ogni circostanza (dlgs n.374/1993, legge n.335/1995, ecc.) il beneficio previdenziale operava (si veda pure la tutela previdenziale per l’esposizione ad amianto) solo per gli anni in cui il lavoratore aveva svolto effettivamente delle mansioni usuranti.

Nel caso del ddl n.3178 A.C., una volta varcata una particolare soglia temporale di esposizione (oltre al periodo conclusivo del lavoro, sette anni negli ultimi dieci nella fase transitoria e la metà della vita lavorativa a regime) il lavoratore acquista lo status di “usurato” e il conseguente sconto di tre anni.

Vi è poi da segnalare un ampliamento importante della platea degli aventi diritto. Si consideri soltanto la fattispecie del lavoro notturno: mentre la normativa vigente si limitava ad indicare genericamente il “lavoro notturno continuativo”, il ddl fa riferimento a una definizione molto più ampia (di cui al dlgs n.66/2003) che include: coloro  che svolgano, durante il periodo notturno, almeno tre ore del loro tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale; coloro che svolgano, durante il periodo notturno, almeno una parte del loro orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti e, in mancanza, per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno. In sostanza, si tratta di un perimetro in cui sono inclusi oltre 2,4 milioni di lavoratori, a cui vanno aggiunte le altre categorie “usurate”.

Non è allarmismo, allora, ritenere che il numero di questi lavoratori – come è stato detto – sia destinato ad aumentare di quattro-cinque volte rispetto all’obiettivo dei 5mila, con effetti assai gravi sui conti pubblici.

A tale proposito sarà molto importante capire quando si verificherà il passaggio dal regime transitorio a quello definitivo, essendo il primo assai più generoso del secondo.

Del resto, è la stessa Relazione tecnica ad esprimere un’evidente preoccupazione quando ribadisce l’esigenza di “una rigorosa definizione sia dei criteri selettivi per l’accesso al beneficio previsto che del procedimento accertativo, tali da rendere plausibili sia le risorse sia i flussi numerici programmati”.