Welfare, il governo spaccato punta gli occhi sul referendum
08 Ottobre 2007
di redazione
Da questa mattina sino a mercoledì si terranno le votazioni in trentamila seggi sull’accordo del Welfare firmato il 23 luglio da governo e parti sociali. Obiettivo dei sindacati è raggiungere 5 milioni di voti.
Lavoratori dipendenti, precari, disoccupati e pensionati, esibendo la propria busta paga, si esprimeranno su nove capitoli dell’intesa, ovvero misure a sostegno della competitività, l’età di pensionamento, i lavori usuranti, i pensionati, il mercato del lavoro, i lavoratori immigrati extracomunitari, gli ammortizzatori sociali, le donne e i giovani.
Il protocollo sta scatenando ormai da tempo dissidi all’interno della maggioranza. Sul piede di guerra c’è soprattutto la sinistra radicale: nel mirino, il capitolo sul mercato del lavoro, in particolar modo i contratti a termine, lo staff leasing e i lavori usuranti.
Secondo il deputato Verde Paolo Cento, sottosegretario al Ministero dell’Economia e Finanze “il protocollo sul welfare è insufficiente ed è giusto modificarlo”. Il segretario di Rifondazione Comunista, Franco Giordano, anche oggi in un’intervista a la Repubblica ha spinto per le modifiche all’accordo.“Il risultato va interpretato – ha detto – Va ascoltato il malessere che sale dalle grandi fabbriche, dal pubblico impiego, da tutta la grande area del lavoro dipendente. C’è l’autonomia del sindacato, ma c’è anche l’autonomia politica, la possibilità di migliorare l’accordo in Parlamento”.
Considerata la spaccatura all’interno della maggioranza (dovuta appunto alle posizioni distanti delle diverse anime della coalizione di governo) in questi giorni il Tesoro ha aperto a eventuali modifiche, dichiarandosi disponibile alla discussione. Prima ancora di Padoa Schioppa, il primo a proporre un dialogo con l’ala sinistra della coalizione era stato il ministro del lavoro Damiano. Il protocollo sul Welfare che venerdì andrà al Consiglio dei ministri, “come tutti gli accordi, è un punto di partenza” e “nessuno può impedire al Parlamento che è sovrano, di produrre ulteriori modifiche”, ha detto Damiano il quale tuttavia, invita a fare attenzione evitando “troppe modifiche, si rischia – dice – di far saltare tutte e volendo tutelare i più deboli si produce l’effetto opposto”. Nonostante continui a difendere la sostanza dell’accordo, anche il numero uno di via Nazionale, Tps, si è mostrato favorevole a possibili cambiamenti, dichiarando ieri a “In mezz’ora”, su Rai Tre, che “un accordo si troverà” e che “nel referendum prevarranno i sì”.
Anche il senatore Lamberto Dini (Liberaldemocratici) si è detto a favore di una rivisitazione del Protocollo anche se avverte di essere pronto a votare no se “i ricatti della Sinistra cambieranno la sostanza del Protocollo”.