Welfare, Prodi ritocca il Protocollo ma Confindustria dice no
12 Ottobre 2007
E’ sempre più crisi nel governo. Tra protocollo sul welfare e pacchetto sicurezza si sta consumando l’ennesima lacerazione della maggioranza. Se sulla sicurezza Prodi è riuscito ad ottenere due settimane di proroga per tentare di trovare un accordo, sul protocollo welfare oggi in consiglio dei ministri si è registrata l’ulteriore spaccatura: le modifiche proposte dal ministro del lavoro Cesare Damiano non sono servite infatti a placare l’estrema sinistra e hanno fatto insorgere Confindustria. Due ministri hanno votato a favore con riserva, Mussi e Pecoraro Scanio, mentre altri due, Bianchi e Ferrero, si sono astenuti. Alla fine il ddl è stato comunque approvato ma i problemi rimangono e le incognite sono numerose. Tanto per il governo quanto per la sinistra.
Se da un lato è evidente come l’Esecutivo non possa durare ancora a lungo, dall’altro lato è chiaro come la sinistra estrema non possa deporre completamente le armi in materia di welfare. Il fatto di aver deciso per l’astensione è indubbiamente un segnale della volontà di trattare e di non rompere definitivamente il patto di governo, ma è chiaro che sarà difficile per la sinistra fare ulteriori concessioni. In più la manifestazione del prossimo 20 ottobre impone a Rifondazione e Comunisti Italiani di tenere alta la pressione. E quindi almeno fino ad allora sarà difficile parlare di accordo.
Un fatto però è certo: la mediazione dovrà riuscire nel delicato compito di accontentare il variegato schieramento dell’Unione. Per il momento i tentativi di mediazione fatti dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che fino all’ultimo ha cercato di far rientrare lo scontento tra i ministri, non sono serviti a molto. Passi che hanno portato a introdurre tre elementi di novità nell’accordo firmato lo scorso luglio con i sindacati e recentemente approvato dal referendum sindacale. Per i contratti a termine è stato previsto, dopo i primi 36 mesi, un solo rinnovo da stipulare in presenza di un esponente sindacale delle sigle più rappresentative. Poi è stato tolto il tetto ai lavori usuranti che prima era stato stabilito in 5mila all’anno, anche se il fondo per il momento resta invariato. Infine è stata introdotta la cosiddetta “cassa integrazione ambientale” e cioè un sistema per estendere l’utilizzo degli ammortizzatori sociali anche ai lavoratori delle aziende in difficoltà per crisi ambientali.
Modifiche che però non sono piaciute assolutamente a Confidustria. Gli industriali ritengono che “siano state introdotte non “lievi modifiche”ma, per certi versi, si è proceduto ad una vera e propria riscrittura della disciplina complessiva del contratto a termine”. Cambiamenti che a viale dell’Astronomia considerano “peggiori delle norme del 1962”.
Una brutta situazione per il premier che si trova tra due baratri: quello degli industriali, che inoltre chiedono adesso la riapertura della trattativa, e quello del ministro Ferrero. Quest’ultimo ha precisato all’uscita del CdM che: “ci sono state alcune modifiche ma non ancora decisive su alcuni punti”. Ed in effetti il ministro guarda con fiducia alla discussione in Parlamento: “Confido che in Parlamento si possa migliorare il testo”. Un passaggio quello parlamentare a cui ha fatto riferimento anche il premier Prodi al termine di una riunione proprio sulla Finanziaria al Senato. Il riferimento al fatto che “l’Italia è una repubblica parlamentare ed il Parlamento è sovrano” è un messaggio perché si avvii da subito la trattativa politica con l’ipotesi anche di ulteriori cambiamenti rispetto al ddl approvato dal governo. Modifiche che potrebbero far rientrare definitivamente i dissensi nella sinistra radicale anche se Turigliatto e Cannavò, senatori della “Sinistra Critica”, hanno già annunciato che voteranno contro il ddl. Questione non da poco visti i risicati numeri a Palazzo Madama. E non a caso Franco Marini ha messo le mani avanti spiegando che “la libertà del dibattito parlamentare può comportare qualche punto di mediazione”. Fin qui il welfare.
Ma veniamo al pacchetto sicurezza: doveva essere discusso nel consiglio dei ministri di oggi ed invece è stato rimandato al 23 ottobre. Troppe fibrillazioni, quindi meglio il rinvio. Un provvedimento che era stato annunciato come urgente ed improrogabile al punto che dalle colonne del quotidiano “Il Messaggero” il ministro Amato metteva in evidenza come si dovesse intervenire per “evitare che cresca la tigre dell’intolleranza”. Differimento che però non cambia la sostanza delle cose visto che anche su questo l’opposizione della sinistra radicale è ferma. Sotto accusa, come ha spiegato il capogruppo di Rifondazione al Senato, Russo Spena, è “l’estensione della custodia cautelare, il potere concesso ai prefetti di espellere anche extracomunitari e l’ampliamento dei poteri dei sindaci nell’ambito dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”. Divergenze notevoli che hanno spinto il premier la notte scorsa, in un lungo colloquio con il ministro degli Interni Amato, a spostare la discussione in CdM.
Evitare un sicuro voto negativo dei ministri della sinistra radicale e trovare una via d’uscita che consenta di salvare la precaria unità del governo: questa la road map di Prodi, che si articolerà fino al 23 ottobre quando in consiglio si dovrà votare il provvedimento. Per allora la temuta manifestazione della sinistra sarà nel cassetto e forse l’accordo sul ddl welfare sarà stato trovato. E quindi sarà più facile comporre i dissidi. L’ennesima intesa frutto di ricatti che alla fine ricadrà negativamente sui cittadini. Ormai questa è la tattica del governo Prodi pur di durare.