Wikileaks, chiesto l’ergastolo per la talpa di Assange. Sentenza “cablogate”
03 Giugno 2013
di redazione
Rischia l’ergastolo, il caporale Bradley Manning, la "talpa" finita davanti alla corte marziale perché passo a Wikileaks – il sito di Julian Assange – mezzo milione di "cablo" con informazioni sensibili del Pentagono e del Dipartimento di Stato americano, e un numero enorme di informazioni sulle guerre in Iraq e in Afghanistan. Bradley appare oggi davanti alla Corte di Fort Meade in Maryland e si cercherà di capire come fece il caporale a procurarsi le informazioni. Soft intelligence, certo, ovvero dati non segretissimi, che l’allore 23enne caporale Manning, analista dell’intelligence, aveva accumulato in grande quantità. All’epoca dei fatti, Manning venne descritto come una persona mentalmente confusa dalla sua esperienza militare in Iraq. Sarebbero stati il suo senso di frustrazione per le tragedie a cui aveva assistito in guerra, alimentato dalla comunità di nerd informatici che frequentava, a far maturare in lui quel complesso da "soldato blu", che lo spinse poi a registrare sui dischetti del pc i segreti dell’America mentre fingeva di ascoltare discomusic. Manning riuscì a prendere le informazioni necessarie dal SIPRNet (Secret Protocol Router Network), uno dei sottosistemi informatici riservati del Pentagono utilizzato dalla Net-Centric Diplomacy, un’iniziativa di condivisione di informazioni fra militari e agenzie governative e contractors istituita dopo l’11 Settembre. In realtà fu la comunità degli hacktivisti americani a persuaderlo che mettere on line e rendere pubbliche le informazioni su Internet sarebbe stato un favore fatto agli americani e un’opera pia di libertà. Penetrare la mente di un militare, com’è accaduto con Manning, è estremamente pericoloso, e le indagini dovranno anche dire l’ultima parola sui presunti "aiutini" che il caporale potrebbe aver ricevuto da altri commilitoni, o peggio da ufficiali uniti dallo stesso ardore verso la filosofia "open access". Come pure andrebbe indagato il ruolo di attivisti web e giornalisti che facilitarono la transizione delle informazioni, personaggi come Adrian Lamo e Kevin Poulsen, in contatto diretto o indiretto con Manning, che si occuperanno poi di diffondere i "cablo" in Rete.