Xi ha rifatto il “Partito Stato” ma la Cina si è incagliata
13 Ottobre 2022
A metà ottobre, la Cina celebra il Ventesimo Congresso quinquennale del Partito Comunista. Xi Jinping sarà con ogni probabilità rieletto alla guida del Paese, avendo anche cambiato la costituzione che prevedeva il vincolo dei due mandati stabilito da Deng Xiaoping.
La Cina di oggi è una superpotenza che rischia però di finire “in panne”. La politica della “prosperità comune” è stata seriamente messa in discussione dalla gestione poliziesca del covid. Il Partito Stato torna con prepotenza nell’economia e nella vita delle imprese. E come in ogni forma di statalismo che si rispetti, questo ritorno è un ostacolo più che uno stimolo rispetto alla crescita degli anni recenti.
In Cina c’è una forte crisi immobiliare, un sacco di debito cattivo o in sofferenza che appesantisce l’economia. C’è il problema di Taiwan, “il posto più pericoloso della terra” come ha scritto l’Economist prima della guerra in Ucraina. Pechino ha esplicite ambizioni neoimperialiste su Taiwan. Nell’isola si concentra una parte maggioritaria della produzione mondiale di microchip. E i microchip sono una risorsa fondamentale per il funzionamento della globalizzazione.
C’è una guerra economica più o meno sotterranea tra Usa, Cina e Taiwan per il controllo dei microchip, ma Pechino ora guarda con preoccupazione alla reazione euroamericana contro la Russia. L’Occidente ha ripreso a reagire con nemici e avversari. In questo senso, Pechino deve trovare un punto di equilibrio nella competizione con gli Usa, tutelando il proprio interesse e la difesa del suo interesse nazionale, senza gonfiare i muscoli e tenendo conto dei fenomeni di decoupling e reshoring che stanno modificando i flussi della globalizzazione.
Last but not least, c’è il Covid. Mentre il resto del mondo cerca di normalizzare la situazione, la Cina continua a tenere alta la guardia. I controlli alla frontiera restano altissimi, il confinamento dei contagiati è spietato, intere città o di infrastrutture come stazioni e aeroporti continuano a finire in lockdown. Tutto questo si traduce in altrettanti costi economici da sopportare. Sul lungo periodo, la Cina resterà con buone probabilità una potenza globale. Ma il “sogno cinese” al momento rischia di incagliarsi.